A volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane

Italo Calvino

Marzo 2020.

Quartieri popolari, Giambellino e Baggio. Milano.

Ragazze e ragazzi dai 15 ai 25 anni.

 

È difficile essere giovani.
È altrettanto difficile comprendere le fatiche dei giovani.

Un mese chiusi in casa, ognuno nella sua, con le ragazze e i ragazzi del Gruppo Giovani del Cde Creta, centro di aggregazione giovanile della Cooperativa Sociale Azione Solidale di Milano. Gli strumenti del mestiere diventano whatsapp, zoom, skype, facebook, instagram e telefonate interminabili.

Siamo un gruppo di ragazze e ragazzi della periferia sud-ovest di Milano sostenuti da un’equipe di educatori. Dopo i mesi del lockdown abbiamo deciso di provare a raccontare come abbiamo vissuto questo periodo. Lo abbiamo fatto mettendo insieme i tanti messaggi che ci siamo scambiati via whatsapp, nel pieno dell’emergenza, quando tutti erano costretti a stare in casa.

Un documento scritto insieme giovani ed educatori.

Solitamente mostrare parti nascoste o intime di se stessi è il modo più efficace, se pur difficile, per far capire a chi abbiamo davanti qualcosa in più. E’ difficile soprattutto se vuoi far sapere qualcosa in più su di te ma chi hai davanti è vittima di una bella dose di pregiudizio e pecca di presunzione. Con la speranza che leggere questo articolo regali la lucidità che occorre per fermarsi e disintossicarsi da pregiudizi e presunzione, decidiamo anche noi di pubblicare pensieri forti, di momenti intensi, in un periodo pesante, scritti ad educatori a cui portiamo grande rispetto e di cui ci fidiamo fedelmente da anni. Pensieri che qualcun altro leggendo forse condividerà. La modalità con cui abbiamo gestito questo periodo speriamo possa essere pensata come una proposta di una modalità diversa di vivere per noi giovani, lontano dagli stereotipi che gli adulti ci propongono e a volte impongono. La filosofia del c’è chi sta peggio di te uccide ed è profondamente sbagliata. Ognuno vive problemi commisurati alla propria realtà, che è differente da quella di qualsiasi essere umano sulla faccia della terra. I problemi che ognuno ha sono sempre validi, chi vi dice il contrario è un arrogante. Viviamo la nostra vita costantemente filtrata da una narrazione che spesso non ci rappresenta, la narrazione degli altri, quella dei grandi, degli adulti. Siamo definiti attraverso una categoria: Generazione Z, tutti quelli che, nati dopo la metà degli anni ‘90, sono bravi con la tecnologia, sono social (ma solo nel virtuale) e non hanno voglia di fare niente perché hanno tutto a portata di mano, o di click. Siamo dipinti come i ragazzi dello spritz a 5€, sabato sera movida, iphone in tasca e abbigliamento di marca e da questa narrazione non si scende a compromessi. Spesso capita che i giovani vengano definiti fancazzisti, fannulloni, bamboccioni ma la verità è che è impossibile definirci, e generalizzare sicuramente non funziona. Noi vogliamo portare una visione alternativa di quello che viene proposto, una visione giovane che parla agli adulti, in grado di mostrare la complessità del nostro quotidiano senza appiattirsi verso l’immagine della bella vita spensierata e senza problemi. Ognuno di noi attraverso questi racconti ha messo in mostra i propri problemi, preoccupazioni e fatiche, molto spesso frutto, di riflesso, delle fatiche che gli adulti vivono e condividono all’interno delle nostre famiglie.

Ecco cosa abbiamo pensato e come abbiamo vissuto veramente durante la quarantena. Pensavamo molto più di quanto non lo facessimo già. Pensavamo in continuazione, no stop, senza momenti di pausa. Emergono insicurezze, paure, rabbia, sensi di colpa. Emerge tanta verità, spontaneità e fiducia.

Lavoriamo sulle relazioni, sui legami affettivi, di vicinanza e solidarietà. Il progetto del CDE Creta ha come orizzonte di senso la costruzione partecipata di risposte, a partire dalle risorse dei giovani, all’interno di un laboratorio collettivo capace di promuovere la riflessione, il confronto, la ricerca e lo sviluppo di sé. Una proposta di transizione dall’età adolescenziale all’età adulta, un “luogo per crescere”, ma soprattutto un’esperienza di responsabilità e di cittadinanza attiva.

In questi mesi le nostre attività si sono svolte online. Abbiamo spostato la maggior parte del nostro intervento sul sostegno alle famiglie dei giovani. La maggior parte delle famiglie con il lockdown hanno perso qualsiasi entrata economica e non hanno avuto accesso a misure di sostegno. Abbiamo attivato con la rete territoriale e con il progetto QuBì, coordinati dal Laboratorio di Quartiere Giambellino Lorenteggio, una raccolta fondi per garantire l’accesso ai beni di prima necessità, dal cibo al pagamento delle bollette, passando per la donazione di pc per la didattica a distanza e l’acquisto di medicinali. Più di 50mila euro raccolti in un mese. Molti giovani, del Cde Creta, del Cd Giambellino –  centro di aggregazione giovanile del quartiere – e di Bir, associazione di volontariato giovanile, hanno partecipato come volontari al confezionamento e distribuzione dei pacchi alimentari destinati a 850 famiglie.

Grazie alla profondità dei legami e delle relazioni tra gli educatori, le famiglie e  i giovani, costruiti in anni di percorsi condivisi, siamo riusciti ad entrate nelle case, anche se virtualmente, e raccogliere bisogni e disponibilità per dare una risposta condivisa a questa emergenza.

Le ragazze e i ragazzi ci parlano, danno voce alle loro storie con un’intensità che diventa testimonianza di una generazione che vuole raccontarsi al mondo. Basta aprire spazi di relazione e di fiducia reciproca. Le parole arrivano con una potenza estrema, nella loro drammaticità ma anche nella bellezza. Sono storie sempre diverse e uniche ma con caratteri simili, storie che nei quartieri popolari sanno spesso di ingiustizia.

Rimanete a casa è stata l’indicazione indifferentemente rivolta dall’alto per alcuni mesi a tutti, senza considerare la condizione degli abitanti dei quartieri popolari. Inevitabilmente il coronavirus ha reso visibile lo stato di deprivazione di diritti fondamentali che politiche ingiuste perseguite per decenni hanno imposto ai più poveri, ai più indifesi: il diritto alla dignità e alla bellezza dell’abitare, il diritto al lavoro, alla salute, alla scuola, alla cultura, alla cittadinanza. Consideriamo la miseria, la cecità e la ferocia di queste politiche. Ci esprimiamo con parole astratte, ma parliamo di persone, di volti, di voci. Consideriamo che il coronavirus ha dato evidenza anche alle risorse di intelligenza e di cuore, di relazioni e legami che sono la base del fare comunità.

Alla stesura di questa inchiesta/autoinchiesta ha preso parte anche Davide Caselli.

 

*****

 

Fine febbraio. Gli educatori pubblicano su Facebook e su Instagram un immagine con scritto:

La quarantena non è uguale per tutti. Dipende dai metri quadri, dai balconi e terrazze, dai computer disponibili per le lezioni dei figli, dagli abbonamenti streaming e dalla capacità di tenere il frigo pieno non lavorando. Che persino ingannare il tempo a far torte è lusso non per tutti

 

Pioggia di like dai giovani

 

Islam, 20 anni, pubblica su Instagram un video del suo freestyle

“Metti la sesta, passano gli sbirri gira a destra

i tuoi litigano 24 ore su 24, fra che mal di testa

danno tutto per scontato

come se ognuno di noi in casa

per respirare avesse una finestra

ma quale moda

per i ragazzi della periferia l’unica porta che si apre è quella della droga

io mi chiedo sempre come fanno le persone

si svegliano solo quando un corpo cade a terra e muore

sono sporco di fango

il mio rispetto a te che torni dal lavoro stanco

oggi un’altra vita in salvo

ad ogni fra un abbraccio

sopratutto per chi torna a casa tardi

non esiste una famiglia ad aspettarlo

fra devo dare il giusto peso alle parole

e di sta vita solo un assaggio

io che combatto per un futuro migliore

in bocca mi ha lasciato un sapore aspro

ad occhi aperti lei sogna

il diavolo non si presenta sempre con le corna

odio sta quarantena del cazzo

le persone non stanno bene

c’è un uomo che fa violenza su una donna”

 

Non voglio veramente pensare cose brutte, ma penso solo a quelle

 

Valeria, 20 anni

Ciao, come stai? Come sta la tua famiglia? Ti scrivo per dirti che papà è in ospedale, ha la polmonite e lo stanno curando e non sanno ancora se ha contratto il virus. Ci farebbe piacere se gli scrivessi. Noi stiamo bene e aspettiamo l’esito del tampone. Un abbraccio a distanza.

 

Siamo a casa e non possiamo andare all’ospedale

Anche noi abbiamo sintomi influenzali

Abbiamo parlato con papà e ci ha detto che è risultato positivo al test.

Lo sapevano da ieri ma non si sa ancora come né perché non ce l’hanno detto.

É stabile, parla respira

 

Valeria

Va male

È in terapia intensiva

Con respiratore

Lo hanno sedato

Ti chiamo va bene?

 

La telefona è impossibile da raccontare, non si possono trovare le parole per raccontare la disperazione, la paura e l’impotenza. Un flusso di pensieri spezzati dalla voce rotta dal pianto. Parole che lasciano senza parole. Parole che hanno il senso di una relazione tra padre e figlia. Universale nei non detti, in tutto che quello che poteva essere e non è stato.

“Lo sa che gli voglio bene?” chiede Valeria.

E ancora: “Non è andata bene tra noi negli ultimi anni, non voglio che il suo ultimo ricordo della relazione con me sia questo”.

E ancora: “possono mettergli il telefono vicino all’orecchio perché devo dirgli delle cose, magari sente”

E ancora: “mi accorgo che non so quasi niente di mio papà”

E ancora: “Non è giusto, nessuno ci ha detto che era grave, l’hanno portato in ospedale per precauzione ed ora va così male”

Mi racconta che lei e la mamma non potranno uscire, per 14 giorni isolamento totale, che i medici la chiameranno ogni giorno alle 15 per aggiornarla, che non hanno più cibo, che la mamma ha la tosse e la febbre. Ha paura Valeria.

Dovranno vivere separati in casa, un bilocale. Ognuno in una stanza senza contatti.

Come è straziante vivere la disperazione senza la possibilità di un abbraccio, della vicinanza fisica di qualcuno che ti vuole bene. Costretti a stare distanti più di un metro in casa, non poter andare in ospedale a trovare il papà che sta male.

La telefonata si chiude dopo quasi un’ora. Un bomba al cuore.

 

Valeria ha 20 anni, quattro mesi fa si è trasferita a Sesto San Giovanni con la sua famiglia, vivevano in zona Inganni, in una stanza in affitto in tre. Il papà ha un lavoro stabile e hanno deciso di comprare una casa all’asta Aler. Poco più di 60000 euro per un bilocale. Una rata mensile più bassa dell’affitto.

Valeria la conosciamo da ormai 8 anni, ha passato un pezzo di vita con noi: il viaggio in Bosnia, il Treno della Memoria, le vacanze estive, il Doposcuola e le tante attività con il Gruppo Giovani.

Come facciamo per la spesa?

Il Centro di Aggregazione Giovanile più vicino a Sesto è il Tempo per il Barrio. Sentiamo David, educatore del centro, che è subito disponibile per una spesa rapida. Chiediamo a Valeria di inviarci la lista della spesa per i 14 giorni di isolamento. Le reti dal basso si attivano e ci fanno sentire protetti.

 

Valeria

Farmacia:
Paracetamolo 500g, Tea tree remedy (consigliato dalla dottoressa), Vicks vaporub
Spesa:
Aglio due pacchetti, Carote 1kg, Peperoni 1kg, Zucchine 1kg, Sedano 1, Porro 1, Pollo 2, Carne macinata 500g, Carne bistecca, Tonni, Formaggio asiago, Yogurt se c’è  al mirtillo, Sacchetto ceci secchi, Arancia 5kg ne mangiamo un sacco, Limone 1kg, Banana un po’, Mela due, Uova 10 unità per 2
Poi se si può
Pavesini, Mascarpone, alcool, detersivo per i vestiti, fazzoletti, carta igienica

Dimmi cosa ne pensi, di solito le cose le prendiamo al mercato e costano poco. Poi tutti i prodotti di solito sono quelli economici. Dimmi tu quello che si può chiedere noi ci adeguiamo

 

Valeria

sono grata. Sbigottita da così tanta umanità. Siete stupendi. Se solo ci conforta l’idea di un aiuto immaginati come mi posso sentire se questo aiuto si concretizza. Non ho parole.

 

Subito dopo arrivano due foto scattate da Valeria dal balcone di casa. Si vede David con i sacchetti della spesa nel cortile condominiale che la saluta.

 

Valeria

Lo hanno girato per aiutarlo nell’ossigenazione.

Siamo contente di non essere soli e avere voi.

Buona notte

 

Serhij, 22 anni

io e mia sorella andiamo dagli zii perché mio padre verrà riportato a casa, dovrà stare in quarantena per altri 14 giorni, ma non è piú contagioso. deve avere uno spazio isolato in casa e non lo abbiamo. la zia ha una casa enorme e non ci vuole entrambi. io vado da un’altro zio.
questa è la cosa piú insensata e lui è fuori milano, in montagna. per spostarci avremo un permesso del policlinico che ha curato mio padre. mio padre torna ma è negativo ma è debole al momento.
in 4 in una casa cosí piccola non puó stare, mio padre non vuole andare nelle strutture
e neanche mia mamma e sono loro a decidere se farlo andare o no, io non ho potere decisionale
pur provandoci, anche il medico che lo cura ha detto, decidete voi come fare e infatti il permesso ce lo farà lui. so che non è la soluzione migliore ma ho litigato con mia mamma per giorni se dico solo un’altra parola mia mamma esplode in una crisi assurda e vuole vedere mio papà e curarlo adesso che è fuori pericolo a discapito di noi che ci spostiamo.

non ho libertà di parola in casa, e se non lo rispetto passo l’inferno. il problema più grande sono le decisioni della mia famiglia basata sulle emozioni e basta.

la procedura è che lui entri in casa in una stanza isolata e un bagno privato
andandocene avremo lo spazio per lui
mia mamma lo osserva e disinfetta il bagno ogni volta

 

Il giorno dopo Serhij scrive

è da stamattina che mamma piange e urla su entrambi
ci minaccia  che muore se continuiamo a fare così
non sta facendo altro

ho paura di farlo (denunciarla)
non vorrei fare la cosa sbagliata
(denunciarla) per la violenza psicologica
non voglio che si rovini mia sorella
avrei un altro problema
non vuole farci spostare dagli zii, e papà verrà lunedì
ma proprio non ci sono posti dove posso stare?

casa 40mq ha solo due stanze dove possiamo dormire, e un bagno. a mio padre serve una stanza privata e un bagno privato, siamo in 4

ormai andare dagli zii è fuori discussione

la soluzione per convivere sarà che io sto zitto e finisce così.

molto probabilmente sono solo io il problema in casa, dal punto di vista di mia mamma

 

Serhij

l’hanno portato a casa

io e mia sorella siamo in quarantena nella nostra stanza
possiamo uscire solo per andare in bagno
senza toccare niente
e non possiamo provare a lamentarci
14 giorni a partire da domani
è una merda
questa è la nostra vita
(mangiare) ce lo porta in camera
il tavolo della cucina l’ha spostato in camera nostra
mio padre dorme su un materasso in cucina
e mia mamma nell’altra camera

dalla faccia non sembra morto
ma neanche sano come prima
è anche dimagrito un sacco
l’ho visto solo quando è entrato dal cancello
basta
non posso uscire dalla camera
ora che mio padre è in casa mia mamma è in una fase molto positiva
in sti 14 giorni dubito che impazzirà
sembra essere una mamma modello ora, e appena abbiamo da ridire qualcosa dice di smetterla che poi inizia ad urlare
quindi è brava finché non ci lamentiamo della sua scelta di portare papà
il “peggio” è passato
dall’esterno sembrerebbe una situazione felice adesso
ho detto a mia mamma che quando finirà tutto voglio uno psicologo di famiglia
e ha detto: perché, non lo voglio, così io perdo il mio lavoro e rovini la famiglia

 

Serhij

le cose che ha detto mentre era fuori di testa sono davvero da scene del film dove hai paura che si suicida solo per farti sentire in colpa e metterti il peso addosso
si è immaginata che tutti i familiari complottano contro di lei, che andiamo dagli zii per complottare con loro e andarle contro. che vuole papà in casa e che se deve morire, morirà anche lei per colpa mia, per farmi avere il peso della colpa per tutta la vita
che mi vuole fuori di casa che non devo più avere a che fare con questa famiglia
ha detto spesso che se non la smettevo di parlarle chiama i carabinieri dicendo che sto facendo violenza psicologica sulla famiglia
che devo stare zitto
e non parlarle
e lo ha ripetuto per tutto ieri
piangendo e urlando
chiamando suo fratello in Spagna, mio padre
dando merda su di me
tutto questo era progressivo, ieri c’è stato il culmine
e ora che mio padre è a casa sembra la persona piú gentile del mondo
viene ad abbracciarci

 

Chiara, 21 anni

Ho paura per i miei genitori
Non voglio veramente pensare cose brutte ma penso solo a quelle
Penso costantemente al papà di Valeria
Alle cose che mi ha detto lei
È terribile
i miei assolutamente non devono uscire
Ho paura di passarglielo

Io veramente non voglio
Madonnaaaa
Mi sento impotente

Sono solo molto triste al momento quindi penso cose brutte

 

Così è un po’ strano chiaramente

 

Ahmed, 24 anni

Non vedo molta partecipazione (agli incontri online del Gruppo Giovani), le situazioni familiari sono complicate. Difficile rimanere agganciati.

Chiara

Se penso al Cde penso di andare, vedere gente, fare attività
Cosi è un po’ strano chiaramente
Io condivido la stanza con mia sorella
Se si hanno case piccole è difficile trovare uno spazio

Dovremmo fare quei momenti di confronto e parlare come facevamo
Però io le videochiamate non le sopporto
Quindi o si scrive o si parla al telefono
Ma non si può con tutti
Non saprei
Quindi per forza videochiamate
Pensare insieme, parlare attraverso le videochiamate
Penso sia l’unico modo per parlare con tutti e confrontarci contemporaneamente
La prossima videochiamata quando è?
magari in quel momento è difficile fare una videochiamata, magari c’è casino in casa
O magari non si ha voglia
Possiamo trovare un giorno e un orario tutti insieme
E magari dire già che si parlerà di un tema
Che magari interessa a qualcuno, e cerca di esserci
Oppure no
Però la videochiamata è proprio una cosa diversa e non ne siamo abituati
Il Gruppo Giovani penso non sia abituato
Perché quando vai al Cde non sei a casa
È proprio un altro posto fisico oltre che tante cose
Io mi sento a disagio nelle videochiamate
Pero so che è anche l’unico modo per poter parlare con tutti e vedersi

Chiara
Dico che le videochiamate non sono il massimo, perché sono invadenti, “entrano in casa” e magari non tutti si sentono a loro agio. E la poca presenza può essere dovuta o da questo o dal non aver voglia o da tanti altri motivi.
Però comunque le videochiamate sono l’unico mezzo per parlare e vedersi e dovremmo utilizzarlo per continuare tutto quello che facevamo
È l’unico modo per questo secondo me
Le videochiamate magari centrate su un tema

 

Stefania, 20 anni

Virtualmente non è la stessa cosa
Poi passa la voglia secondo me
Considerando che c’è già tutta la parte delle videolezioni

 

Messaggio vocale di Eleonora, 20 anni. La voce bassa e lenta.

Mia mamma in realtà sta molto male. Penso che tra poco avrà un crollo nervoso. Non so, non riesco più a gestirla e mi dispiace un sacco. Sono preoccupata per lei. Più che altro sfoga la sua energia facendo mille robe, non dorme mai, mangia un sacco. È in ansia. Oggi chiamiamo il suo psichiatra e vediamo cosa ci dice.

 

Saverio, 18 anni

Ho deciso partecipare alla creazione dei pacchi alimentari perché capisco che questo è un momento di difficoltà anche per chi non può fare smart working e che quindi rimane senza lavoro con dei figli di mantenere, non è molto ma è una cosa minima che posso fare e anche perché almeno esco un po’ e faccio qualcosa che mi tiene occupato. mi sono trovato molto bene e voglio rifare per poter aiutare le famiglie del quartiere con quello che posso fare.
le fatiche di stare a casa sono quelle di dover convivere 24h su 24 con le stesse persone, la noia regna e anche se trovi qualcosa da fare c’è una forza superiore che ti fa perdere la concentrazione

 

Il tavolo è in sala e ci sono i miei, mio padre lavora e la tv è accesa

 

Chiara

Io purtroppo riesco a studiare su un tavolo e in silenzio e nella stanza non ce l’ho
Però il tavolo è in sala e ci sono i miei, mio padre lavora e la tv è accesa
Quindi quando mi metto a studiare in sala dopo un po’ ce la faccio ma per fare qualche pagina ci metto un pomeriggio. Sto sul letto a leggere, videolezioni
Sono io che faccio gli schemi e sono abituata ad utilizzare un tavolo

 

Chiara

Chissà quali suoni riempiono le altre case?
Urla, risate, pianti?
Stiamo vivendo questa situazione tutti in modi diversi.

 

Mariam, 18 anni

Mah stare troppo in casa senza parlare ne niente ognuno in camera sua
La mamma è l’unica che parla un po’
Poi per il resto non si parla mai
Non ci diciamo niente
Non siamo abituati
E brutto da dire
Ma è così
Menomale che c’è mia mamma almeno

Non riesco proprio a stare troppo in casa vedendo tutti zitti ed ognuno in camera sua, scendo sotto casa con guanti mascherina ma non mi azzardo ad andare oltre e andare beatamente in giro

 

Matteo, 21 anni

Mi sento triste e nervoso, perché mi sento intrappolato in casa mia. Solitamente cerco di fuggire da questo luogo nel quale sto poco bene, e quindi il pensiero di doverci rimanere per tutti questi giorni, da un lato mi spaventa, dall’altro mi rende arrabbiato, frustrato, nervoso. Vorrei andare via, passare qualche ora fuori chiacchierando e ridendo. C’è molta tensione in casa, si litiga in continuazione, molto spesso si urla.

 

Silvia, 20 anni

Stare a casa tutto il giorno senza poter più uscire sta iniziando a diventare sempre più surreale e soffocante. Provo a tenermi occupata leggendo, facendo attività fisica, studiando e guardando dei film in casa, ma a volte non riesco a concentrarmi abbastanza e la giornata sembra non finire mai. In molti dicono che alla fine di