Sarai tu, caro lettore, a decidere se questi tre fatti ti porteranno a dire Sì o No all’austerità – non all’Europa.
I. Il 28 gennaio 2015, tre giorni dopo la vittoria di Syriza, Mark Carney (governatore della Banca Centrale d’Inghilterra), ha dichiarato che “la zona euro si trova in una trappola del debito e si dovrebbe mitigare la linea dura dei tagli di bilancio”. Carney ha ulteriormente chiarito il suo pensiero: il mancato completamento del processo di integrazione accoppiato con l’adozione di politiche di bilancio ultra-restrittive rischiava di portare l’area della moneta unica in una trappola del debito”.
Voglio semplicemente sottolineare quanto affermato da Carey, e, in secondo luogo, che tale dichiarazione è stata, in generale, raramente ripetuta e riportata sui giornali.
Poco dopo la vittoria di Syriza, pure Lagarde, direttrice del Fondo monetario internazionale, ha affermato: “Lavoreremo con la Grecia.” Poi non ha mai abbastanza ripetuto questa chiara, breve, significativa dichiarazione, senza se e senza ma: la volontà di aiutare.
Queste posizioni sono state contraddette e demolite dal tedesco Schäuble, che in quegli stessi giorni ha ripetuto la litania: “Gli accordi sono accordi. Noi non disattendiamo agli accordi …”.
II. Alla fine del 1990, il Fondo monetario internazionale ha riconosciuto che i suoi “programmi di ristrutturazione” (Sap), lanciati nei primi anni 1980 con lo scopo di favorire lo sviluppo nei paesi poveri, non hanno funzionato. Erano ststi imposti a 46 paesi con il risultato di aumentare esponenzialmente il debito e, conseguentemente la spesa per interessi. Per pagare gli interessi sul debito (solo gli interessi, non il debito in sé), questi paesi hanno dovuto tagliare gli investimenti per lo sviluppo – la sanità, le strade, l’istruzione, ecc. Spendevano molto di più in interessi che in queste tre variabili cruciali per lo sviluppo. In breve, sono diventati più poveri e meno sviluppati.
Questo impoverimento, che ha avuto inizio nel 1980 con i programmi di ristrutturazione, era praticamente invisibile ai burocrati di Washington e alle varie capitali europee. Tutto ciò che vedevano era che questi paesi diligentemente rimborsavano gli interessi sui loro debiti –il che, a ragion del vero, non significava che rimborsavano anche parte del debito ma comunque si comportavano correttamente, e quindi i burocrati sono stati soddisfatti. Missione compiuta.
Il Fondo monetario internazionale e la Banca Mondiale hanno solo poi riconosciuto che i 46 paesi hanno accumulato debiti che non sarebbero mai in grado di ripagare e che non si era verificato nessun sviluppo ma solo una crescente povertà e il degrado delle infrastrutture e dei servizi di base. Il FMI con la Banca Mondiale hanno quindi sviluppato il Programma per i paesi poveri iper-indebitari (HIPCP) per aiutare questi paesi a concentrarsi sullo sviluppo, riducendo il loro debito a livelli ragionevoli.
Sì, signor Schauble, gli accordi possono essere disattesi e cambiati, quando una politica si rivela profondamente controproducente.
III. Il programma di austerità imposto in Europa non è dissimile da quelli imposti dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca Mondiale al Sud del mondo negli anni Ottanta.
È del tutto chiaro che l’austerità non ha funzionato. Sempre più paesi della UE sono in stagnazione. Nella situazione della Grecia, forse il caso più evidente, la cura è stata disastrosa. Il PIL della Grecia si è ridotto di oltre il 20%, la disoccupazione è cresciuta, gli ospedali hanno chiuso, piccole imprese un tempo fiorenti sono fallite, i proprietari si sono suicidati in numero nettamente superiore al normale.
Che aiuto ha offerto Bruxelles in cambio dell’accettazione da parte di Tsipras delle richieste dei creditori? 7,2 miliardi di euro che (a oggi, inizio di luglio) non sarebbe nemmeno utili a coprire i rimborsi del debito del governo greco fino alla fine di agosto, garantendo liquidità per soli due mesi.
Nove euro ogni 10 che i governi dell’Eurozona e il Fondo monetario internazionale (FMI) hanno prestato al governo greco dal 2010 sono andati alle banche e altri creditori, non alla Grecia per aiutare la ripresa. E oggi la Troika chiede ancora di più: tutto il finanziamento aggiuntivo sarebbe finalizzato a ripagare l’intero debito pari al 175 per cento del PIL.
Ma non basta ancora, la Troika chiede ancora di più: il rafforzamento delle politiche di austerità – le stesse politiche che hanno ridotto l’economia greca di oltre il 20%.
Non sono solo gli studiosi come me a sostenere questa tesi. Secondo Martin Sandbu del Financial Times (29 giugno 2015) spingere oltre l’austerità non è neppure nell’interesse dei creditori […] vorrebbe dire infatti ulteriori tagli, con effetti recessivi sull’economia, in una prima fase, di un altro 5%, con una crescita del rapporto tra il PIL e debito pari al 9%, infine, in una seconda fase, un’ulteriore recessione del 12,5% e aumento del rapporto tra debito e Pil di circa 22,5 punti percentuali. Non sarebbe, insomma, una soluzione anche per la prospettiva del signor Schäuble…
Conclusione? No Comment.
Saskia Sassen insegna Sociologia e presiede la commissione per i Global Thought presso la Columbia University. Il suo ultimo libro è “Expulsions: Brutality and Complexity in the Global Economy” (Harvard University Press / Belknap 2014).
Articolo originale pubblicato su AnalyseGreece! (first published in Greek on “Enthemata” of the newspaper “Avgi”, 3.7.2015)
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