Seconda parte dell’articolo di Gabriele Toccaceli dedicato al progetto europeo D-Cent, alle monete complementari e alle leggi o progetti di legge sul tema negli Stati Uniti, in Francia, Spagna e Italia. La prima parte si trova qui

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In Francia i promotori degli esperimenti di monete complementari locali hanno fatto pressione affinchè il tema delle CCs ottenesse una chiara disciplina legislativa e ciò è avvenuto all’interno della legge sull’ ESS (Economia sociale e solidale) promulgata dal Presidente della Repubblica il 31 Luglio 2014 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 1 Agosto 2014.

L’economia sociale e solidale, che riunisce circa 200 000 imprese francesi che cercano formalmente di coniugare logiche solidaristiche e di stampo sociale all’utilità economica, in Francia gioca un ruolo rilevante rappresentando il 10 % del PIL e il 12% dei posti di lavoro relativi alle imprese private. Con la legge del 31 Luglio 2014, il Governo ha cercato di porre le basi per rafforzare un settore, quello sociale, ad alto potenziale espansivo che potrebbe aiutare l’occupazione in un periodo di forte crisi economica.

Con l’inserimento, nella legge sull’ESS, della questione delle Monete Locali Complementari (MLC), il legislatore ha deciso, in primo luogo di disciplinare il mondo delle valute complementari operanti nel territorio, in secondo luogo di riconoscere il contributo che le MLC possono dare allo sviluppo dell’economia sociale e all’innovazione sociale e infine ha posto le basi per dare nuovi impulsi ai diversi sistemi di MLC. Attualmente, nell’Esagono, l’impatto economico dei progetti di MLC è molto limitato.

Per l’implementazione dell’ESS, Carole Delga, la Segretaria di Stato per il Commercio, l’Artigianato e l’Economia Sociale e Solidale, ha promosso – in concerto con altri partner privati e pubblici- 3 nuove fonti di finanziamento gestiti dalla BPI France: il FISO (Fondo d’investimento per l’innovazione sociale) che prevede 40 Milioni di Euro iniziali volti a finanziare in forma di anticipi rimborsabili progetti innovativi corrispondenti a bisogni sociali insoddisfatti dal mercato o dalle politiche pubbliche; il PESS (Prestiti per le imprese sociali) che prevede uno stanziamento di circa 100 Milioni di Euro immessi da soggetti pubblici e privati; un ulteriore fondo gestito da BPI France relativo al finanziamento del mondo delle Cooperative.

L’articolo 16 della legge ESS n.2014-856 del 31 Luglio 2014 che si occupa di valute locali complementari va a integrare, attraverso la sezione 4, il Codice monetario e finanziario francese. In particolare, nella sezione in questione, si afferma in primo luogo che le MLC possono essere emesse e gestite dagli attori menzionati nell’articolo 1 della legge ESS n.2014- 856, ossia coloro che rispondono a tre requisiti cumulativi fondamentali: il perseguimento di uno scopo diverso da quello della semplice distribuzione di profitti; la presenza di una governance democratica definita e organizzata nello Statuto e in cui la partecipazione non si traduce esclusivamente nel contributo economico/finanziario fornito dai partner, dipendenti o dagli stakeholders; una gestione che mira ad utilizzare la maggior parte dei profitti ottenuti allo scopo di sviluppare o mantenere viva l’attività dell’impresa stessa e che non permette la distribuzione delle riserve obbligatorie.

In conformità al Codice monetario e finanziario Francese, la legge n.2014-856 disegna le valute locali come complementari alla valuta legale, ossia all’Euro, ed esse non possono essere usate come beni ma solo come strumenti di pagamento. Di conseguenza le MLC sono da considerarsi come titoli (TLCCs) utilizzabili per l’acquisto di beni e servizi il cui prezzo è fissato in Euro, ma possono essere accettati anche dalle autorità statali o dalle pubbliche amministrazioni per il pagamento di tasse e imposte. Il potere di accettare o meno tali valute spetta, in ogni caso, al beneficiario, dato che non hanno corso legale.

Il riconoscimento dei TLCCs quali strumenti monetari ha spinto la Direzione Generale del Tesoro e delle Finanze Pubbliche a stabilire alcune condizioni che tali titoli devono rispettare: la tracciabilità degli scambi e la convertibilità in Euro deve essere garantita; la neutralità rispetto alle finanze pubbliche; la regolamentazione della contabilità al fine di controllare i flussi monetari; la sorveglianza per evitare che diventino canali dove condurre frodi fiscali.

In Spagna, in particolare in Catalogna, si è proceduto nell’ultimo decennio al recepimento della normativa comunitaria in materia di moneta elettronica attraverso la promulgazione di apposite leggi. Però i sistemi di pagamento complementari funzionanti secondo gli schemi Barter fuoriescono da questa disciplina. Il legislatore spagnolo ed europeo non ha espressamente statuito sulla natura giuridica del baratto. Difatti l’Autorità Bancaria Europea ha riconosciuto la mancanza di regolamentazione di queste monete, affermando che “le monete virtuali sono una forma di moneta digitale non regolamentate e non emesse o garantite da una Banca Centrale e che possono servire come mezzo di pagamento”.

Di conseguenza l’interpretazione privilegiata dal rapporto D-CENT è che per le CCs (intese però come Circuiti di Commercio Sociale organizzati secondo il modello Barter o Mutual credit network) , non costituendo un istituto di pagamento e non rientrando nei dettami legislativi spagnoli relativi alla moneta elettronica, vige il principio della libertà di selezione della forma giuridica da adottare. Quindi tali circuiti possono pescare tra le forme legali – legalmente ammesse e previste per sviluppare l’attività economica – e scegliere quella che più gli aggrada.

Per quanto riguarda l’Italia, un disegno di legge è stato presentato alla Camera dei deputati (su iniziativa dei Deputati: Boccadutri, Guerra, Guidesi, Marcon, Migliore, Andrea Romano, Aiello, Dal Moro, Ginefra, Giulietti, Gribaudo, Lavagno, Lodolini, Misiani) il 30 Luglio del 2014 con il fine di delegare al Governo l’elaborazione di una disciplina organica in materia di emissione e circolazione delle monete complementari attraverso uno o più decreti legislativi.

In tale documento viene chiesto al Governo di “definire le monete complementari quali strumenti di pagamento esclusivamente elettronici volti a facilitare gli scambi di beni e di servizi, compreso il lavoro, all’interno di una comunità socio-economica definita utilizzando, anche congiuntamente, criteri di carattere territoriale o funzionale”. Vengono, poi, stabiliti dei requisiti essenziali che devono rispettare le CCs: un rapporto fisso di equivalenza con l’Euro; il divieto, a carico di coloro che accettano pagamenti in moneta complementare, di praticare, per i medesimi beni o servizi, prezzi diversi a seconda che il pagamento sia effettuato con moneta avente corso legale o con moneta complementare; l’obbligo di determinare l’ambito di circolazione delle monete complementari attraverso criteri territoriali e/o funzionali; la volontarietà della partecipazione a un circuito di CCs; la completa tracciabilità delle transazioni effettuate attraverso l’uso della valuta complementare.

Tale proposta di legge si propone, inoltre, di categorizzare legislativamente le monete complementari in due diverse tipologie sulla base delle caratteristiche di emissione: backed currencies, ossia monete complementari con copertura avente corso legale emesse in cambio del versamento di un equivalente controvalore in Euro che deriva dall’applicazione del principio di parità di valore con l’Euro; mutual credit currencies, cioè monete scritturali di credito cooperativo, che svolgono la funzione di unità di conto per registrare le posizioni di dare e avere, frutto delle transazioni (di beni e servizi) tra gli aderenti di una camera di compensazione. Relativamente a queste ultime viene stabilito essenzialmente che: le posizioni attive non vanno a costituire crediti, di conseguenza non danno diritto al pagamento in Euro; le posizioni passive sono saldate generalmente attraverso la vendita di beni o servizi, ma in altri casi il gestore del circuito può richiedere il pagamento in Euro nel caso in cui ciò non avvenga entro un periodo non inferiore ai 9 mesi e non superiore ai 15 mesi; il gestore del circuito deve fissare dei valori massimi di passività o attività raggiungibili da ogni attore membro, in maniera simmetrica alla capacità degli stessi di raggiungere una posizione di pareggio attraverso le transazioni; il gestore del circuito deve accantonare un fondo di garanzia in moneta complementare o predisporre altre forme di mutualizzazione delle perdite idonee a far fronte ad eventuali insolvenze dei partecipanti; gli emittenti e i gestori dei circuiti monetari complementari devono essere iscritti a un apposito elenco della Banca d’Italia e sono soggetti alla sua vigilanza e sorveglianza sotto una pluralità di aspetti; ciascun circuito deve istituire un organismo di garanzia (formato dai rappresentanti dei vari stakeholders interni al progetto di CCs , tra cui imprese, persone fisiche, PA, organizzazioni senza scopo di lucro) che approva i criteri di emissione e le regole di circolazione valutaria complementare, approva le politiche di gestione dei rischi e invia semestralmente una relazione alla Banca d’Italia sulla gestione del circuito e sulla tutela degli interessi degli aderenti. L’organismo di garanzia ha, inoltre, il dovere di chiedere l’intervento ispettivo della Banca d’Italia qualora ritenga che la gestione del circuito violi la legge, gli interessi dei partecipanti o il principio di prudenza. In ultimo, si delega al Governo il compito di stabilire, in armonia con le regole interne ai circuiti, le modalità con cui gli emittenti e gestori del circuito possono cambiare la valuta complementare con la moneta avente corso legale e si demanda al decreto legge di stabilire le condizioni e le forme con cui gli enti pubblici locali o lo Stato possono inserirsi o rapportarsi con i progetti di CCs.

Facendo un raffronto con la proposta di legge Californiana (descritta nella Prima Parte), quella italiana va meno nel dettaglio e lascia ampi margini di manovra agli organi a cui spetta il compito di tradurla il legge. La disciplina organica e dettagliata in materia di CCs è quindi rimandata alla volontà del Governo italiano, del Ministro dell’Economia e delle Finanze, del Ministro dello sviluppo economico e successivamente del Parlamento.

Come dimostrato soprattutto dai casi italiano, californiano, spagnolo e francese la regolazione o meno delle monete complementari rappresenta un interrogativo, al quale possono essere date risposte diverse. Quello che è certo è che la diffusione degli esperimenti di CCs ha attirato un’attenzione maggiore da parte delle autorità pubbliche.

 

Per ulteriori approfondimenti si rinvia al rapporto  D3.5 del progetto europeo D-Cent che potete trovare a questo indirizzo dcentproject.eu/resources
For further details see the report of the european project D3.5 D-Cent dcentproject.eu/resources