Reportage #5

Siamo stati nuovamente a Ventimiglia lo scorso fine settimana (11 e 12 Marzo 2017). Il centro della Croce Rossa sembra abbia riaperto per circa 50 persone dopo un periodo di chiusura di un mese. Informazioni ottenute anche da persone occupate nel campo sono che il contratto per la gestione del campo sia scaduto ma che gli operatori sperino in un rinnovo. Infatti, nonostante il periodo di relativa riduzione dei flussi il numero di persone che vivono sull’argine del fiume sta già aumentando. Noi siamo stati prima a fare alcune visite nella chiesa, in cui non ci sono medici volontari durante i fine settimana. Infatti, i migranti che qui si trovano (donne e bambini) hanno per lo meno una qualche assistenza sanitaria da parte di medici volontari, presenti per due ore al giorno e reperibili per il resto della giornata di “turno”. Un altro ambulatorio con volontari è presente alla Caritas due mattine a settimana. Più volontari della Caritas ci dicono che c’è bisogno di medici che vadano a fare visite sul fiume poiché le persone che lì sono tante e sprovviste di qualsiasi assistenza.

In questo caso, per alcuni giorni un ambulatorio esterno di fortuna è fornito da un gruppo di infermieri scozzesi che hanno costruito un’unità di strada per l’assistenza di base e che dopo Calais, Parigi e Ventimiglia, si recheranno a Como. Da segnalare in questo caso che ci riferiscono che la polizia ha perquisito la suddetta unità e li ha informati dell’esistenza di una fantomatica ordinanza del sindaco che vieterebbe qualsiasi contatto con i migranti, inoltre li avrebbero informati del fatto che in Italia non è possibile esercitare professioni sanitarie in strada.

Dopo questo trattato di giurisprudenza, i solidali scozzesi sono stati ovviamente tutti identificati. Per fortuna loro hanno deciso di rimanere e abbiamo potuto fare alcune visite utilizzando i loro mezzi che comunque lasciavano a disposizione per tutto il tempo della loro permanenza. Coerentemente con la precedente esortazione a valutare le persone presenti all’esterno di tutte le strutture seppur precarie, i volontari della parrocchia di S. Antonio si sono dimostrati disponibili nel fornire vestiti e farmaci da noi richiesti per ragazzi con problemi di salute incontrati lungo il fiume o in strada.

In quest’ultimo viaggio abbiamo nuovamente incontrato il dottor Palmero, con cui siamo ormai in contatto da più di un anno e che ha organizzato l’ambulatorio di volontari presso la chiesa. Insieme a lui abbiamo riflettuto sul ruolo dell’ambulatorio presente presso la parrocchia, sicuramente utile per un verso dato l’elevato bisogno di salute (vedi dopo) ma al contempo con il rischio di vicariare il servizio sanitario nazionale ritardando ulteriormente la richiesta ad esempio di un’implementazione dei servizi del territorio.

Molto importante è infine, a nostro parere, il fatto che l’ambulatorio presso la chiesa serve unicamente per coloro che vi risiedono ovvero massimo duecento persone (minori di 16 anni, donne e famiglie), mentre la maggioranza è sempre stata all’esterno.

Con il nostro collega abbiamo anche parlato dell’importante apporto di MSF in termini di possibilità di stabilire contatti con i reparti ospedalieri e con le istituzioni oltre ovviamente di seguire le donne in stato di gravidanza.

Vogliamo mostrare, perché si comprenda che tipo di bisogno di salute abbiano le persone presenti, alcuni segmenti delle cartelle cliniche conservate presso la chiesa. Questi casi emblematici, rivelano come il bisogno di salute non raccolga solo malattie del disagio, ma patologie anche assai più complesse e impegnative:

1

– Nuova diagnosi di coinfezione HIV e HBV in paziente che ha dovuto poi improvvisamente ripartire lasciando la sua documentazione clinica presso la chiesa.

2

– Accesso in PS di paziente diabetica che non ha potuto continuare la terapia.

3

– Ragazzo con linfoadenopatie multiple, sospetto linfoma.

4

 

-Ragazzo con trauma e fratture multiple riportate nel tentativo di attraversare la frontiera.

5

-Stessa persona, difficoltà nei colloqui con assistenti sociali, per mancanza di un mediatore e impossibilità di pagare il busto per la riabilitazione.

6

-Diagnosi di HIV e sospetta tubercolosi in donna in gravidanza effettuata durante il transito a Ventimiglia.

7

-Stessa paziente, raccomandazioni per la terapia, per il proseguimento della gravidanza e per il parto.

8

-Danni neurologici in un paziente con probabile stato di malnutrizione.

 

Da segnalare che le precedenti cartelle si rifacevano prevalentemente al periodo invernale, in cui l’afflusso di persone è stato ridotto e i transitanti sul territorio non hanno raggiunto il migliaio come in estate.

È inimmaginabile per noi pensare come persone affette da tali patologie abbiano potuto viaggiare e vivere nelle condizioni che abbiamo conosciuto e tentato di raccontare. E soprattutto non riusciamo a immaginare cosa accadrà con l’aumento del numero dei migranti, nei mesi più caldi.

Ovviamente il nostro più grande rispetto va a coloro che si occupano di tali problematiche quotidianamente con scarse risorse, nel lavoro e nel volontariato e vorremmo che fossero affrancati da tale peso tramite una maggiore attenzione delle istituzioni. Speriamo ancora che i nostri racconti sulla situazione di questa frontiera possano in qualche modo determinare un aumento del livello di attenzione su quest’area e magari far comprendere come la chiusura delle frontiere abbia determinato un cambiamento nella popolazione del territorio a monte di esse. Tale modificazione non è stata programmata, né ad essa si è risposto in maniera razionale, ad esempio con un sostegno ai servizi di quelle comunità che ospitano il transito dei migranti, che potrebbe ricadere in maniera positiva anche e soprattutto sulla popolazione che in quest’area depressa risiede tutto l’anno.

Lia e Antonio

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