Un articolo di Vitaliy Dudin, responsabile dell’organizzazione socialista democratica ucraina Sotsyalnyi Rukh (“Movimento sociale”), ripreso e tradotto dalla rivista ucraina Commons. In esso si tratta di un tema poco noto ma assai importante. Il 15 marzo 2022, poco dopo l’inizio dell’invasione in Ucraina da parte dell’esercito della Federazione Russa, il parlamento ucraino ha approvato la legge n. 2136 “Sull’organizzazione dei rapporti di lavoro durante il vigore della legge marziale”. Una legge che, con l’emergenza della guerra, ha introdotto un regime speciale nella regolamentazione (o meglio, deregolamentazione) dei rapporti di lavoro. Si tratta, lo diciamo senza fronzoli, di una “dichiarazione di guerra” che impatta sulla società sotto altre forme: una guerra contro le lavoratrici e i lavoratori. Ci pare una lettura molto utile per comprendere davvero bene, nella pratica, che cosa significhi una “economia di guerra”.

Sfruttando la situazione bellica, con il fine dichiarato di favorire la difesa del suolo nazionale, si è dichiarato uno stato di emergenza che “ha permesso di limitare una vasta gamma dei diritti costituzionali dei cittadini ucraini”: dalla semplificazione delle procedure di licenziamento (tante care anche al Jobs Act di Renzi) all’interruzione unilaterale anticipata di contratti a termine da parte dei datori di lavoro, dal licenziamento durante il congedo di malattia all’aumento della durata massima della settimana lavorativa a 60 ore, dall’abolizione del divieto di impiegare le donne in gravidanza nei turni di notte e negli straordinari al venir meno per il datore di lavoro dell’obbligo di far fede ai tempi di pagamento dei salari sino alla sospensione unilaterale del contratto di lavoro. Molto pesanti anche le ripercussioni di tali nuove disposizioni sul ruolo dei sindacati.

Un intervento che non ha eguali in Europa poiché, evidentemente, esso è connesso “all’eccezionalità” della situazione di conflitto. Tuttavia, come nota l’autore,il futuro dell’economia dipende dalla fiducia dei lavoratori nel futuro e dalla ripresa della domanda interna. Il prerequisito è la protezione dei diritti del lavoro. L’Ucraina non è, chiaramente, un paese in cui il costo del lavoro era gravoso per l’economia e per le imprese. L’abbattimento di ciò che restava delle garanzie del lavoro può solo causare il declino, non la ripresa”.

La regressività e l’iniquità sociale di tale normativa rischia, insomma, di far sprofondare ulteriormente le già pesanti condizioni di lavoro non solo in Ucraina ma, temiamo, con effetto domino, anche in altri paesi europei, proprio quando L’Europa ha aperto la procedura straordinaria per l’ingresso della stessa Ucraina nell’Unione Europea.

Traduzione a cura di Deborah Ardilli, Andrea Fumagalli e Cristina Morini.

Si ringrazia Gianni Giovannelli per le integrazioni e i suggerimenti alla traduzione.

 

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Dopo il 24 febbraio, quando l’Ucraina è stata investita da micidiali missili russi, i lavoratori e le lavoratrici hanno affrontato una crisi senza precedenti. Continuare a lavorare è diventato rischioso in tutti i sensi [1]. Non era difficile prevedere la reazione dei datori di lavoro alle nuove sfide. Secondo l’esperta di affari e diritti umani Olena Uvarova, le aziende misero al primo posto la sopravvivenza finanziaria.

Solo nel primo mese di guerra il 30% delle imprese sono state costrette a cessare l’attività, il che ha significato la perdita di guadagni per milioni di persone, alcune anche senza accedere agli ammortizzatori connessi alla procedura di licenziamento. È diventato più difficile trovare un lavoro, poiché il numero di posti di lavoro ufficiali è diminuito significativamente. È difficile immaginare come siano aumentati gli arretrati salariali, dato che questo problema non è stato monitorato nella pratica [2].

Dato l’aumento delle violazioni dei diritti del lavoro, è stata annunciata una politica governativa per la deregolamentazione temporanea delle regole di impiego e licenziamento, che ha novellato tutte le precedenti esperienze di riforma della sfera sociale e del lavoro. In queste circostanze, i datori di lavoro possono legittimamente limitarsi ad osservare solo le responsabilità minime nei confronti  delle lavoratrici e dei lavoratori/ delle e dei dipendenti. Invece di aumentare l’intervento statale nell’economia [3], esso è stato di fatto eliminato.

Sembra che un tale approccio alla regolamentazione dei rapporti di lavoro non porterà alcuna coesione sociale e sostegno economico, ma darà tutto il potere ai padroni. Questo modello non è nato per una coincidenza di fattori di emergenza, ma deriva dall’ideologia neoliberale dei nostri politici.  Vediamo ora le conseguenze di questi cambiamenti per i lavoratori  e le lavoratrici durante e dopo la legge marziale.

La perdita di equilibrio: come tutto è cominciato

Quando ogni minuto potrebbe potenzialmente costare la vita, i governi devono prendere decisioni difficili nell’interesse pubblico: in questo caso, la difesa dall’invasione militare. Garantire i diritti sociali durante la guerra non è un compito facile. La guerra è la peggiore condizione possibile per l’istituzione di standard elevati per i diritti del lavoro. La questione della possibile deviazione dagli obblighi legali durante le guerre è “programmata” nel sistema di regolamentazione internazionale del lavoro. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), emersa dalle fiamme della prima guerra mondiale, ha alcune norme riguardanti la sospensione temporanea delle garanzie a tutela del lavoro dipendente” a causa della guerra o di altre emergenze [4].

Gli Stati possono limitare i diritti delle persone se questo aiuta a proteggere il paese nel suo insieme. Tuttavia, a lungo termine, è vantaggioso per la società mantenere condizioni di lavoro decenti. Dopo tutto, il corso della guerra dipende dal fatto che la gente comune sarà nutrita e sarà in grado di offrire appoggio all’esercito. Una limitazione dei diritti deve essere affrontata con estrema cautela. Cosa abbiamo visto in Ucraina?

Dai primi giorni dell’invasione, molti funzionari del governo hanno rilasciato diverse dichiarazioni, dicendo che nulla sarebbe più stato come prima. In particolare, si trattava della necessità immediata di sollevare i datori di lavoro dal peso di obblighi che non apparivano in grado di adempiere. La Camera di Commercio e dell’Industria dell’Ucraina ha descritto l’aggressione armata della Russia come una condizione di “forza maggiore”, intesa quale riferimento tecnico-giuridico per poter sostanzialmente esonerare i datori di lavoro dalla responsabilità del ritardo nel pagamento dei salari. Contestualmente è proprio il diritto stesso  alla remunerazione del lavoro ad essere fortemente minacciato.

Gli ispettorati del lavoro hanno sospeso le loro attività a causa di una moratoria sulle ispezioni che è stata imposta dal gabinetto dei ministri il 13 marzo. Ciò ha generato confusione: le persone non ricevono i salari, ma non possono neppure lamentarsi con il Servizio Statale del Lavoro, perché gli ispettori hanno interrotto i controlli in tutto il paese! Oltre il danno, la beffa: solo i lavoratori e le lavoratrici delle regioni in cui si sta svolgendo l’azione militare potrebbero ricevere un indennizzo di 6.500 UAH (la valuta nazionale ucraina – Grivnia Ucraina – con un tasso di cambio pari a 32 UAH per 1 euro, dunque circa 200 euro ndt) in caso di mancati guadagni nell’ambito del programma governativo “eSupport”.

Queste decisioni sono state a dir poco controverse. Tuttavia, l’adozione della legge dell’Ucraina “Sull’organizzazione dei rapporti di lavoro nella legge marziale” del 15.03.2022 № 2136-IX (legge № 2136) è stata un vero pugno nello stomaco per la classe lavoratrice, che da quel momento ha iniziato ad avere reali problemi.

La tanto attesa carta bianca

La legge № 2136 ha permesso di limitare una vasta gamma di diritti costituzionali in Ucraina. Per che cosa? Il titolo dell’atto normativo può far pensare che esso sia volto a rafforzare le capacità di difesa del paese. Ma in realtà, è stato progettato per proteggere gli interessi dei singoli datori di lavoro [5]. Essi hanno potuto utilizzare le disposizioni speciali della legge № 2136, che sono vantaggiose per loro, invece delle norme ordinarie del Codice del lavoro dell’Ucraina (Codice del lavoro), anche senza riferimento diretto alle emergenze (come le minacce militari o le ostilità).

Praticamente ogni articolo della legge conteneva innovazioni scandalosamente odiose:

– conclusione semplificata di contratti di lavoro a tempo determinato e contratti di lavoro a tempo indeterminato, ma sempre con il patto di prova quale condizione (articolo 2);

– l’assegnazione dei dipendenti senza il loro consenso a un altro lavoro (articolo 3);

– la possibilità di cambiare condizioni di lavoro significative senza preavviso (non è chiaro: senza il preavviso ordinario di due mesi oppure nel giro di due mesi? Penso la prima ma non ho il testo inglese) in due mesi (articolo 3)

– il licenziamento consentito ora anche durante l’assenza per malattia, aspettativa forzata pagata oppure non pagata, senza il consenso dei sindacati (articolo 5);

– l’aumento della durata massima della settimana lavorativa a 60 ore, così come l’abolizione dei limiti del lavoro straordinario e l’abolizione delle vacanze e dei giorni non lavorativi (articolo 6)

– l’abolizione del divieto di impiego delle donne incinte nei turni di notte, e delle madri con bambini piccoli – nei turni di notte e negli straordinari (articoli 8, 9);

– liberazione del datore di lavoro dalla responsabilità per il ritardo nei pagamenti, se questa violazione è avvenuta a causa di ostilità o altre circostanze “di forza maggiore” (articolo 10);

– sospensione unilaterale di alcune disposizioni del contratto collettivo da parte del datore di lavoro (articolo 11);

– riduzione della durata del congedo annuale di base retribuito l’equivalente delle nostre ferie) fino a 24 giorni di calendario; il diritto del datore di lavoro di negare il congedo al dipendente se tale dipendente è impiegato in strutture di infrastrutture critiche (p. 12);

– sospensione del contratto di lavoro (articolo 13);

– sospensione della legislazione e dei contratti collettivi, che prevedevano detrazioni (così non si capisce! Concessioni? Permessi? ) ai sindacati per la cultura fisica e il lavoro di massa (articolo 14).

Con tali strumenti, i datori di lavoro (tra cui molte note aziende) hanno la possibilità di risolvere i problemi che possono sorgere, per esempio, a causa dell’inefficienza dei loro dirigenti. I problemi delle imprese sono diventati una responsabilità scaricata sui lavoratori e sulle lavoratrici, la cui vita è già piena di preoccupazioni. La legge, approvata in fretta e furia, non era ancora ben chiara, ma nella pratica si è rivelata persino peggiore: alcuni datori di lavoro non si sono nemmeno preoccupati di compilare ordini di servizio, ma hanno espresso la loro volontà di classe con un sms.

In condizioni in cui il mercato del lavoro è già caratterizzato da ciò che potremmo definire una “dittatura del datore di lavoro”, era estremamente pericoloso indebolire la protezione legale dei lavoratori. Questo documento, secondo gli esperti, ha legittimato le pratiche formalmente nate sotto la legge marziale ma che già esistevano nell’economia sommersa. Ecco alcuni esempi.

Dall’inizio della guerra, la rete di laboratori New Diagnostics ha annunciato che tutti i 600 dipendenti sono stati messi in congedo non retribuito, anche se nessuno/a di loro ha firmato alcun documento di accettazione. Successivamente, i legislatori hanno permesso la sospensione del contratto di lavoro (articolo 13 della legge № 2136), che di fatto consentiva tale congedo, ma unilateralmente.

A febbraio, Rozetka (principale vendita on line in Ucraina, ndt) ha annunciato ai dipendenti che avrebbe tagliato i salari riducendoli all’80% del valore originario. Inoltre, il preavviso di due mesi per il licenziamento non è stato rispettato, applicando in deroga l’art. 3 della legge № 2136.

La legge № 2136 a prima vista ha permesso ai datori di lavoro di eludere molti obblighi, ma a causa delle incongruenze interne, si è rivelata motivo di conflitti. È difficile applicare categorie di valutazione previste da questa legge, come “incapacità (o impossibilità?) di svolgere il lavoro”, poiché nessun organo statale sarebbe in grado di confermare questa condizione.

Anche le norme sull’obbligo dei sindacati di promuovere le capacità di difesa del paese possono essere interpretate in modo ambiguo (a proposito, i datori di lavoro non sono obbligati a farlo). Anche un datore di lavoro in buona fede avrà dei dubbi: è necessario coordinarsi con i sindacati sulle questioni che non sono direttamente legate alla capacità di difesa? Se, nel sospendere i contratti di lavoro con i singoli dipendenti, il proprietario deve fare riferimento a determinate circostanze, allora la sospensione delle regole del contratto collettivo di lavoro è priva di giustificazione [6].

Alcune misure molto dure, come il possibile impiego delle madri in condizioni “limite”, l’aumento dell’orario di lavoro e l’abolizione de jure dei giorni festivi, rischiano di essere ingestibili in condizioni di mercato. Potrebbero funzionare in un’economia pianificata, ma non in un’economia di mercato, dove non tutti gli imprenditori privati sono coinvolti nell’apparato di difesa.

Uno scatto nel futuro: le prime perdite

La legge 2136 ha portato a cambiamenti negativi simili ai problemi che affrontano i paesi con mercati del lavoro deregolamentati, ma i loro effetti possono essere ancora più disastrosi in tempo di guerra.

In primo luogo, la flessibilità incontrollata esacerba l’instabilità economica. Quando terminare o sospendere un rapporto di lavoro è un’opzione relativamente facile, i datori di lavoro tendono ad abusarne. Di conseguenza, la disoccupazione nel paese può aumentare a un ritmo esplosivo (anche se la sospensione dei contratti di lavoro non influisce formalmente sul tasso di disoccupazione).

In secondo luogo, viene violato il principio stesso della giustizia sociale. In un ambiente in cui è necessario facilitare la sensazione di “essere tutti sulla stessa barca”, i lavoratori e le lavoratrici vedono il quadro opposto. I loro datori di lavoro possono unilateralmente prendere decisioni a proprio favore, trascurando i diritti dei loro subordinati. La legge № 2136 dichiara esplicitamente che, al momento della sospensione non retribuita dei contratti di lavoro, la compensazione delle perdite subite dal dipendente deve essere risolta a spese della Russia. Sarebbe giusto mettere questi costi a carico del datore di lavoro o dello Stato, assegnando a loro il rischio di riscuotere poi i risarcimenti dallo Stato aggressore.

In terzo luogo, c’è una minaccia al capitale umano, che è già devastato dalla guerra. Questo provvedimento è stato approvato sotto la legge marziale, ma potrebbe determinare un contraccolpo sull’occupazione, le cui conseguenze durerebbero molto più a lungo. L’articolo 5 permette di licenziare i lavoratori e le lavoratrici, ignorando le garanzie di protezione contro il licenziamento. Quante persone perderanno il lavoro solo a causa di queste norme? È anche possibile licenziare i dipendenti, in caso di disaccordo con i cambiamenti delle condizioni di lavoro significative, senza rispettare il periodo di preavviso di 2 mesi [7]. La massa degli impiegati pubblici è stata costretta ad accettare una riduzione dei salari a tempo indeterminato. Potendo usufruire di tale “sconto”, i dirigenti sanitari sono stati in grado di riformare gli ospedali in modo ancor più efficiente, andando a colpire le condizioni di lavoro di infermieri, medici e altri operatori sanitari. Se le persone perdono la propria fonte di sostentamento le proprie qualifiche a causa della perdita del lavoro, è del tutto inutile sperare in un’economia produttiva.

In quarto luogo, le condizioni per il dialogo sociale si stanno deteriorando a causa dell’indebolimento dei sindacati. I sindacati non riceveranno preventive informazioni dai datori di lavoro, e le quote associative diminuiranno significativamente a causa del mancato pagamento dei salari. Inoltre, i sindacati non possono proteggere propri iscritti dal licenziamento finché resta in vigore la legge marziale. In questo modo, gli autori dell’iniziativa legislativa hanno creato una serie di incentivi per ridurre al minimo il numero di sindacati (attraverso il licenziamento degli iscritti o attraverso il ritiro volontario). Combinato con il processo di deindustrializzazione distruttiva, i sindacati affrontano una colossale perdita di iscritti.

L’unico obiettivo che questa legge può raggiungere è quello di far risparmiare denaro ai datori di lavoro sollevandoli dall’obbligo di retribuire il tempo di inattività, di compensare gli arretrati salariali e di versare i contributi ai sindacati. Ma questi fondi risparmiati sono stati utilizzati per qualche scopo socialmente utile? Alcuni fanno notare che la legge № 2136 è stata approvata per ridurre i costi salariali del bilancio statale. Ma in realtà questa legge non si applica ai lavoratori pubblici.

La legge № 2136 non era destinata ad affrontare questioni inedite. Il diritto del lavoro prevedeva già risposte su come agire per i datori di lavoro in tempi di crisi, ma queste non soddisfacevano i datori di lavoro, perché richiedevano costi o risorse aggiuntive per gli sforzi organizzativi [8]. Il capitalismo ha dimostrato ancora una volta di essere incapace di assumersi la piena responsabilità del destino della popolazione.

Deregolamentare seriamente e definitivamente

I datori di lavoro si abituano alla facilità con cui possono gestire da soli le situazioni difficili. Ecco perché il parlamento sta già preparando il terreno per preservare l’egemonia dei padroni il più a lungo possibile. È attraverso questo prisma che deve essere considerato il progetto di legge “Sulle modifiche di alcune leggi dell’Ucraina sull’ottimizzazione dei rapporti di lavoro” № 7251 (Progetto № 7251). Allo stesso tempo è impossibile non ammettere che alcune proposte sono piuttosto ragionevoli:

1) Si propone di rendere meno convenienti per i datori di lavoro le regole sulla sospensione dei contratti di lavoro. Tali decisioni dovranno essere concordate con le amministrazioni civili e militari. Si riconosce che deve essere perseguito l’interesse pubblico;

2) Sarà possibile aumentare la durata della settimana lavorativa a 60 ore solo nelle infrastrutture critiche;

3) Gli organi del Servizio Statale del Lavoro potranno realizzare controlli statali non pianificati sul rispetto della legislazione del lavoro durante la legge marziale.

I deputati hanno deciso di mitigare, almeno in parte, i pericoli derivanti dalla legge № 2136? Tuttavia, anche il progetto di legge №7251, come altri lavori di Galina Tretyakova (deputata per il Partito di Zelensky, capo della commissione sulle politiche sociali e ispiratrice della legge 2136, ndt), non è privo di innovazioni controverse.

In primo luogo, vengono aggiunti nuovi motivi di licenziamento di un dipendente su iniziativa del datore di lavoro, in particolare, “il licenziamento in caso di impossibilità di utilizzare in concreto la prestazione di lavoro a causa della distruzione di proprietà a seguito di azioni militari”[9]. Si tratta di costringere i lavoratori a pagare per i problemi  imposti dalla guerra. De facto, si tratta di una riduzione del personale, ma il periodo di preavviso verrà ridotto da due mesi a 10 giorni, senza la necessità di coordinare il licenziamento con il sindacato, e l’essere in malattia o in permesso non preclude il licenziamento [10]. Si può supporre che questo meccanismo sarà utilizzato da tutte le imprese che hanno subito perdite, almeno parziali.

In secondo luogo, le innovazioni nel campo del diritto al riposo e alle ferie sono allarmanti. Si prevede di annullare le garanzie per il pagamento delle ferie tre giorni prima del congedo e di ridurre la durata del congedo supplementare pagato per i combattenti da 14 a 7 giorni l’anno. L’ultima novità del ministero dell’Economia e dei membri della Verkhovna Rada (Parlamento unicamerale ucraino, ndt) è stata eufemisticamente definita “discutibile” in tempo di guerra [11].

Pertanto, il Progetto di legge № 7251 è ambiguo: mentre dichiara l’intenzione di eliminare le parti problematiche della legge precedente, introduce norme chiaramente sfavorevoli per i lavoratori e per le lavoratrici.

Guerra-lampo antisindacale (e fine ingloriosa)

Il progetto № 5388 “Sugli emendamenti a certi atti legislativi dell’Ucraina sulla deregolamentazione dei rapporti di lavoro”, che è stato preparato per una seconda presentazione in parlamento nel mezzo della guerra, non lascia spazio a equivoci. Con l’obiettivo di abolire forme obsolete di controllo, i legislatori hanno deciso di snellire le norme sancite sia a livello internazionale sia nella Costituzione ucraina.

Le norme che permettono di determinare i seguenti criteri nel contratto di lavoro possono minare profondamente la protezione della classe lavoratrice:

1) In merito al lavoro straordinario. Le norme ILO permettono alle autorità pubbliche di identificare i casi di ore straordinarie di lavoro [12]. Si può solo immaginare quali violazioni della sicurezza possono derivare dall’abuso del lavoro straordinario, ad esempio, nel settore dei trasporti;

2) In merito all’orario giornaliero di lavoro e alle pause. Secondo la prassi consolidata, il datore di lavoro deve definire queste regole in una procedura unica per tutta l’impresa [13]. La direttiva europea 2003/88/UE prevede la possibilità di stabilire eccezioni alle regole sull’orario di lavoro e sul tempo libero a livello di accordi collettivi [14], ma non tramite accordi individuali.

Queste disposizioni riducono anche il ruolo dei sindacati. Come le regole sul licenziamento: la procedura per ottenere il consenso del sindacato per licenziare un lavoratore iscritto è stata sostituita da una procedura di semplice consultazione, che non è giuridicamente vincolante. Allo stesso tempo, prima di valutare il licenziamento di un lavoratore a causa del suo comportamento, questi deve comunque lasciare subito il posto di lavoro senza più ricevere la retribuzione fino a completamento della valutazione.

Alcuni cambiamenti potevano essere meno problematici prima della guerra, ma ora possono causare una maggiore pressione. Ad esempio, era già previsto l’uso di contratti di lavoro a tempo determinato invece di contratti stabili per i lavoratori dei media. Ma ciò riduce la protezione in questo settore di lavoro “strategico”. Si propone anche di consentire l’introduzione di un periodo di prova per le persone congedate dal servizio militare e per gli sfollati interni [15] (articolo 26 del Codice del lavoro). Sembra che i legislatori fossero così ansiosi di compiacere i datori di lavoro che hanno semplicemente iniziato a ignorare la realtà.

Naturalmente, le autorità hanno deciso di forzare l’adozione di questa iniziativa durante la legge marziale, quando le proteste sono quasi impossibili e l’attenzione del popolo è concentrata sui campi di battaglia. E il 21 aprile, l’informazione è stata scossa dalla notizia: Il progetto № 5388 è stato serenamente sottoposto all’esame, ma ha ricevuto solo 187 voti. Le manipolazioni fatte sul tema non hanno aiutato: nei loro messaggi, i portavoce  del Governo hanno equiparato il non sostegno al progetto al sabotaggio della rinascita economica. I messaggi delle autorità sono diventati sempre più pressanti, e questo è il tipo di comunicazione che è stato raccomandato nel famigerato piano di PR (documenti che attesterebbero la presenza di consulenti della Gran Bretagna per promuovere la campagna di stampa per la liberalizzazione del lavoro presso la popolazione ucraina, ndt) per favorire la liberalizzazione della normativa sul lavoro. Tuttavia, il voto ha dimostrato che, in una democrazia parlamentare, la lotta contro la restrizione neoliberale delle libertà non è del tutto senza speranza.

Sopravvivere al neoliberalismo guerresco

L’esperienza della deregolamentazione del lavoro durante una guerra non è (modificare il termine: così non si capisce: sconvolgente), ma merita un’analisi. Migliaia di lavoratori ucraini hanno sperimentato sulla loro pelle come sono i rapporti di lavoro “liberalizzati”. Tuttavia, la percezione di questi cambiamenti come un “male necessario” in termini di protezione dall’aggressore ha in qualche modo smussato il fatto che la protezione del lavoro sia stata limitata. Il desiderio dei cittadini di vincere, anche a costo del proprio benessere, è degno di lode. Ma è sproporzionato che alcuni funzionari governativi e datori di lavoro pensino che la pazienza del popolo sia senza limiti.

Il percorso intrapreso dal governo ucraino può essere definito unico? Niente affatto. Nel 1992, durante il sanguinoso conflitto in Bosnia-Erzegovina, è stata approvata la legge sulle relazioni di lavoro in guerra o la minaccia imminente di guerra. Secondo la descrizione sul sito web dell’ILO, questo atto speciale era simile nel contenuto alla legge № 2136 adottata nel nostro paese, l’Ucraina. Imponeva restrizioni sull’uso del congedo, prevedeva dei casi eccezionali che esentavano i datori di lavoro dal pagamento dei salari, così come le condizioni per la cessazione temporanea del lavoro. Ma non possiamo certo prendere la Bosnia-Erzegovina come esempio riuscito di politica anti-crisi: alleggerire il rispetto del diritto per i datori di lavoro non ha impedito la rapida diffusione del lavoro nero e della disoccupazione [16].

C’era un’alternativa alle politiche neoliberali durante la guerra? Sì, se l’apparato statale fosse stato più efficiente e meglio dotato di risorse. I risultati sarebbero stati diversi se lo stato avesse controllato le deviazioni temporanee dalle normative in certi posti di lavoro o avesse stanziato fondi di bilancio per compensare i datori di lavoro (delle perdite in guerra, ndr). Invece, i funzionari governativi hanno deciso di dare ai datori di lavoro una completa libertà d’azione, ignorando i rischi per uno sviluppo equilibrato. Il dialogo tra parti sociali, come mezzo per arrivare a una decisione, è stato semplicemente rimosso dall’agenda. Tutto questo crea le precondizioni per una crisi dell’occupazione che potrebbe ostacolare la crescita economica, sia nel breve che nel lungo periodo.

Infine, bisogna riconoscere che prima della guerra, la conservazione del posto di lavoro così com’era, era già una grande vittoria per la classe operaia. Ora si possono solo immaginare le violazioni che si avranno a causa di condizioni ultraliberali come i contratti di lavoro a 0 ore o i licenziamenti senza motivo. Il futuro dell’economia dipende dalla fiducia dei lavoratori nel futuro e dalla ripresa della domanda interna. Il prerequisito è la protezione dei diritti del lavoro.

Chiaramente, l’Ucraina non è un paese in cui il costo del lavoro è gravoso per l’economia. L’abbattimento di ciò che restava di garanzie legali può solo causare il declino, non la ripresa. Oggi i bombardamenti possono (distogliere l’attenzione e) attenuare alcuni disagi, ma dobbiamo pensare al futuro dopo la guerra. Recentemente, i leader del paese hanno attuato una serie di misure necessarie per l’adesione all’UE. Nel prossimo anno, saranno prese misure per valutare la conformità dell’Ucraina agli standard europei, in particolare nel campo dei diritti umani.

Forse è il momento di pensare ai vantaggi di garantire il diritto al lavoro a condizioni decenti? Prima i politici ucraini smetteranno di ridurre le garanzie del lavoro con la scusa della crescita economica, prima arriveranno la pace e la giustizia sociale.

NOTE

[1] Secondo il servizio statale del lavoro, dall’inizio dell’anno ci sono stati più di 120 morti sul lavoro. Circa l’80% delle morti registrate dopo il 24 febbraio 2022 sono state causate dagli invasori russi.

[2] È difficile ora stimare la crescita degli arretrati salariali, poiché l’ultima volta che il registro dei debitori salariali è stato aggiornato sul sito web del Servizio statale del lavoro era il 14 febbraio 2022.

[3] Si ritiene che le minacce militari creino le precondizioni per il rafforzamento della pianificazione controllata dallo stato nell’economia (Schönfelder B. The Impact of the War 1991-1995 on the Croatian Economy – A Contribution to the Analysis of War Economies. Documenti di lavoro di Freiberg. Vol. 14. 2005. Pp.1-2).

[4] Vedi. Art. 14 della Convenzione sulla limitazione dell’orario di lavoro nelle imprese industriali a 8 ore al giorno e 48 ore alla settimana № 1 (1919); Art. 9 della Convenzione sulla regolamentazione dell’orario di lavoro nel commercio e nelle istituzioni № 30 (1930); Art. 4 (2) della Convenzione sulla limitazione del lavoro notturno dei bambini e degli adolescenti in lavori non industriali № 79 (1950). Disposizioni simili includono il Patto internazionale sui diritti civili e politici (articolo 4), la Carta sociale europea (articolo F, parte V) e l’accordo di associazione con l’UE (articolo 472).

[5] La nota esplicativa riguardava la garanzia di un equilibrio tra la riduzione delle spese dei datori di lavoro e la garanzia dei diritti e delle garanzie minime necessarie per i dipendenti.

[6] Tali innovazioni contraddicono almeno l’accordo di associazione con l’UE, che all’art. 291 prevede l’effettivo riconoscimento del diritto alla contrattazione collettiva.

[7] Questo ha violato le regole dell’art. 4 della Carta sociale europea, che riconosce il diritto di tutti i lavoratori a un ragionevole periodo di preavviso di licenziamento.

[8] Esempi sono le regole sul trasferimento dei dipendenti da imprese non lavoratrici a lavoratori o il pagamento dei tempi morti (articoli 34, 113 del Codice del lavoro).

[9] Vedi. parte 6 punto 1 previsto dal Progetto № 7251 dell’Art. 41 del Codice del Lavoro.

[10] Vedi. gli emendamenti all’art. 41, 43-1, 49-2 del Codice del lavoro.

[11] “… dato il loro ruolo nel respingere l’aggressione armata della Federazione Russa, assicurare la difesa dell’Ucraina, proteggere la popolazione e gli interessi dello stato” (Conclusione del GNEU del 18.04.2022).

[12] Vedi. Art. 6 della Convenzione sulla limitazione dell’orario di lavoro nelle imprese industriali a 8 ore al giorno e 48 ore alla settimana № 1 (1919); Art. 7 (2), 8 della Convenzione sulla regolamentazione dell’orario di lavoro nel commercio e nelle istituzioni № 30 (1930); Art. 9 (1) della Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro № 153 sull’orario di lavoro e periodi di riposo nel trasporto stradale (1979).

[13] Vedi. Art. 8 (1) della Convenzione sulla limitazione dell’orario di lavoro nelle imprese industriali a 8 ore al giorno e 48 ore alla settimana № 1 (1919); Art. 11 (2) della Convenzione sulla regolamentazione dell’orario di lavoro nel commercio e nelle istituzioni № 30 (1930).

[14] Come previsto dal Progetto № 5388, la durata e le condizioni della pausa possono essere determinati da un contratto di lavoro scritto, ma questo è direttamente in contrasto con l’art. 4 Direttive. Così l’art. 18 di questa direttiva consente deroghe alle norme anche sulla base di contratti collettivi conclusi dai sindacati a livello di imprese o industrie.

[15] Allo stesso tempo, secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, il 91% degli sfollati interni ha difficoltà a trovare lavoro.

[16] Nei primi anni 2000, entrambe le cifre hanno raggiunto il 40%, che era considerato troppo critico anche per le economie di transizione. Nel 2001, la quota dei disoccupati e delle persone divenute “temporaneamente” disoccupate a causa della guerra e in attesa di reinserimento era stimata al 40-50%.

 

Immagine in apertura: Umberto Boccioni, La carica dei lancieri, 1916

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