Mark Fisher é stato un teorico prolifico, un compagno che ti stimolava l’immaginazione ed un critico musicale che sembrava venire dal futuro. I suoi scritti più belli sono quelli in cui politica e musica collidono in una critica cyberpunk delle apatie del nostro tempo. Molti di questi scritti sono raccolti nel suo blog k-punk

[1], che Mark Fisher ha continuato ad aggiornare fino a pochi anni fa. Da quasi un decennio Mark Fisher definisce questo nostro tempo politico – e in parte il nostro rapporto politico con il tempo – “Capitalist Realism”. Con l’omonimo libro uscito nel 2009 per Zero Books[2], Mark Fisher ottiene un’egemonia anti-autoritaria nella sinistra d’oltremanica. Ed é giusto così, visto che tra una fatica e l’altra, tra un contratto precario e l’altro, il suo pensiero rimane indipendente e creativo – contro troll e zombie (anche accademici) che come ogni parassita del sistema neoliberale succhiano la vita in un clima di competizione tra istituti ed individui.[3]

Dal 2009, l’espressione Capitalist Realism sarà continuamente ripresa dalla sinistra inglese, fino ad entrare nel linguaggio comune dei gruppi che hanno sostenuto l’ascesa di Corbyn. Entra anche perché la sinistra inglese è storicamente legata alle analisi di Frederic Jameson sul postmodernismo, a cui Fisher invece preferisce opporre il concetto di realismo capitalista per ragioni precise. Si può deridere Fukuyama e la fine della storia – sosteneva Fisher – ma non si può negare la dirompenza codificante del capitalismo finanziario, che – sulla scia degli insegnamenti dei due volumi di Capitalismo e Schizofrenia – deve essere visto come quella cosa innominabile che ha inglobato tutte le sue esternalità, comprese le forze progressiste della modernità e non lasciando spazio – in seguito alla caduta del muro di Berlino – ad alcuna alternativa. Al contrario, le alternative anti-capitaliste all’interno del realismo capitalista sono viste da Fisher come incapaci di riflettere sulla banalità dei propri disconoscimenti (disavowal): Hollywood produrrà sempre un film sugli effetti barbarici del capitalismo. I movimenti di protesta non hanno interesse ad articolare l’organizzazione di una struttura politica. I compagni stessi non riescono a concepire che il loro desiderio è contemporaneamente plastico e oggetto di conquista della cultura capitalista. Con queste premesse, non è difficile immaginare la serie di attacchi cui era sottoposto a incontri, seminari, conferenze e, ovviamente, anche su internet. Mark Fisher – tuttavia – ribatteva con forza a noi giovani studenti, che sì, persino la musica era destinata a guardarsi indietro facendo finta di andare avanti, trovando tutto fuorché il nuovo, proprio perché spinti ad innovare.

Queste tesi furono ulteriormente sviluppate in Ghosts of My Life, secondo libro pubblicato da Zero Books nel 2014, nel quale Mark Fisher affina un concetto con il quale lavora da tempo, soprattutto come strumento di critica musicale assieme all’amico giornalista Simon Reynolds. Mark Fisher potenzia il concetto di hauntologia (in inglese “hauntology”, oppure nella versione francese coniata da Derrida “hantologie”) come un fenomeno di malinconia per il futuro. Per Fisher, esempi di artisti hauntologici sono il dubstepper Burial, William Basinski, Tricky, The Caretaker e Philip Jeck. Quello che li accomuna è una sensibilità sonora caratterizzata da un profondo senso di malinconia. Ma l’hauntologia di Fisher non è di per sé malinconia. L’hauntologia non è la malinconia della sinistra per il passato glorioso che ha avuto. L’hauntologia è la ricerca di un fantasma moderno. Fisher sottolinea come nella musica del ventunesimo secolo quello che è venuto a mancare è il senso di shock provocato dal futuro. A partire dagli Spettri di Marx di Derrida, Fisher definisce l’hauntologia “come l’agente [agency] del virtuale, dove lo spettro non è inteso come qualcosa di soprannaturale, ma come ciò che agisce senza (fisicamente) esistere” (2014: 8). Come sostiene Fisher in un articolo sull’Afrofuturismo apparso sulla rivista di musica elettronica Dancecult nel 2013, “la musica di Burial e di Ghost Box è posseduta [haunted] da una nostalgia paradossale: una nostalgia per tutti i futuri che sono stati persi quando la cultura dell’impeto modernista ha ceduto alla temporalità terminale della postmodernità” (:45). “L’impotenza di affrontare il futuro è posseduta dallo spazio-tempo astratto del Capitale” (: 46).[4]

Qualche mese fa, infine, accade qualcosa di sorprendente. Mark Fisher inizia a commentare su faccialibro di intravedere la fine del Capitalismo Realista. Il capitalismo vacilla perché sta fallendo l’amministrazione manageriale dei nostri sentimenti. Mark sta commentando la copertina del The Sun, in cui i razzisti di Murdoch invitano la popolazione inglese a piangere la morte di Aylan Jurdi. Come è possibile che il The Sun, che non ha mai avuto problemi a seminare odio razziale, sia così preoccupato a tenerci indulgenti? Per Mark Fisher questi segnali sono micro-rotture con il passato. In ottobre, per esempio, Mark Fisher rispondeva a Badiou che dalla Francia etichettava ISIS come un movimento fascista.[5] Fisher ribatteva scrivendo che i giovani precari che si uniscono al califfato sono alla ricerca di forme di solidarietà attiva. Poco importa se ISIS è un grande “brand” capitalista, una forza cybergotica che lotta contro dei punk vittoriani con l’iPhone (gli inglesi). “Il Capitalismo Realista era solo una fantasia, una fantasia in cui le risorse umane che il capitale necessita per crescere erano infinite come la forza che lo guida”. Il capitale non riesce a produrre nulla di nuovo “le condizioni che sostenevano il realismo capitalista sono ora evaporate”. All’orizzonte, ci sono dei gruppi che cercano il controllo delle proprie vite: “una modernità che il capitale non può semplicemente offrire”.

Ed è qua che fa male la scomparsa di Mark Fisher, perché arriva nel momento in cui il suo pensiero negativo – emozionalmente così intelligente e avverso alla depressione di massa con cui ha lottato per una vita da vero stratega – si stava aprendo alle rotture di questo presente infernale.

NOTE

[1] http://k-punk.abstractdynamics.org/

[2] Disponibile in inglese al seguente indirizzo. https://libcom.org/files/Capitalist%20Realism_%20Is%20There%20No%20Alternat%20-%20Mark%20Fisher.pdf

[3] https://www.opendemocracy.net/mark-fisher/how-to-kill-zombie-strategizing-end-of-neoliberalism

[4] https://dj.dancecult.net/index.php/dancecult/article/view/378/391

[5] https://www.urbanomic.com/document/cybergothic-vs-steampunk-response-to-badiou/

 

Immagine in apertura: Manuela Viera-Gallo, Welcome to capitalism, 2008


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