Alcuni preziosi e inquietanti aggiornamenti da Ventimiglia dopo le testimonianze dei migranti raccolte sotto il ponte di via Tenda, tra il 20 e il 22 maggio scorsi, e dopo lo sgombero del campo profughi disposto dal sindaco della cittadina. Un’altra cronaca, precedente, del 15 maggio, si trova qui.

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Siamo arrivati a Ventimiglia in mattinata. Ora i ragazzi (soprattutto sudanesi ed eritrei) sono più di 400.  Si trovano tra i locali sottostanti una chiesa molto vicina al precedente insediamento informale di Via Tenda (una cinquantina) e l’esterno della stessa. L’umore è pessimo, probabilmente per la mancanza di assunzione di cibo ed acqua per il Ramadan  che la maggior parte sta facendo, e perché un  po’ abbandonati a loro stessi. Ci sono diverse donne incinte (ne abbiamo viste almeno tre).

Abbiamo fatto diverse visite, la maggior parte di loro ha tosse e faringite. Due sudanesi ci fermano per chiederci inizialmente di visitarli e successivamente ci raccontano come sono arrivati lì. Il primo, di 33 anni, ci racconta che appena sbarcato a Taranto gli viene richiesta l’identificazione tramite le impronte digitali, quando si rifiuta, viene preso a pugni e schiaffi e sottoposto a scosse elettriche  finchè non desiste e lascia le impronte.

Il secondo, di 31 anni, racconta di essere stato portato a Bari in un campo della croce rossa dove c’era polizia e carabinieri, di cui molti in Borghese. Lì riferisce che chi si rifiuta di lasciare le impronte viene fatto stare in piedi senza possibilità di andare al bagno, di bere e di mangiare. Lui dà le impronte dopo 24 ore. Inoltre riferisce che gli veniva ripetutamente detto che la questione delle impronte non fosse così determinante per la prosecuzione del suo viaggio. La scarsezza delle informazioni a cui hanno accesso era evidente dalle domande che ci faceva: chiede se esiste un qualche documento che possa ottenere da mostrare alla polizia per poi attraversare il confine.

Un altro ragazzo Sudanese, di 22 anni, ci dice che dopo aver passato un giorno intero recluso insieme ad altre sei persone in una struttura non meglio definita in frontiera, senza potersi alimentare e senza poter bere, è stato portato in autobus all’aereoporto di Genova e poi in aereo fino a Bari.

Lì per essersi rifiutato di lasciare le impronte, viene lasciato in piedi dalle sei del pomeriggio alle sei del pomeriggio successive, sempre senza la possibilità di andare al bagno, di bere e di alimentarsi.  Ha un’ ulcera sulla tibia sinistra su cui afferma che un poliziotto gli avrebbe dato un calcio. A seguito di ciò avrebbe richiesto di essere portato in ospedale e ciò gli sarebbe stato negato. Dice di aver visto in questo luogo anche donne e bambini ma non sapeva che trattamento gli fosse stato riservato. Su qualcuno venivano usate anche le scariche elettriche. Lui e altri sudanesi che ascoltano riferiscano che come mediatrice ci fosse a volte una donna siriana che per altro parlando un arabo differente era scarsamente comprensibile.

Per altro molti ci raccontano che il cibo cucinato in questo luogo che probabilmente è il CIE di Bari, non è halal e a volte viene cucinato il maiale.

Un altro ragazzo Sudanese di 26 anni racconta che dopo essere sceso dal treno da Milano a Genova, viene portato alla questura di Genova. Lì la polizia che parla solo in italiano cercando di farsi capire a gesti gli chiede di lasciare le impronte digitali. Lui risponde che le ha già in Sicilia. Racconta dunque che gli viene procurato dolore usando una pinza a livello delle orecchie e della cute degli arti. Riescono a fargli lasciare le impronte costringendolo in otto. Ha una lesione sulla gamba che ritiene gli sia stata procurata a mani nude. Inoltre gli danno pugni e gli stringono la gola come per strangolarlo. E’ stato dodici ore in questura dove gli viene data solo acqua.

Infine ci chiedono perché non vi sia almeno sempre un mediatore.

ventimiglia

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Alfano e le impronte

I Ministri europei non sanno che fare ma qualcosa devono fare; si son detti: ci vogliono le impronte digitali dei profughi. Alfano ha detto ai suoi: prendete le impronte.

I trasferimenti da un paese europeo all’altro eseguiti sugli identificati in base alle impronte (che devono tornare nel primo paese europeo in cui sono entrati) sono poche centinaia, a fronte di un flusso di centinaia di migliaia di espellendi (nel 2015 160.000). Quindi le impronte digitali praticamente per i fini dei nostri governanti non servono a niente.

Ipotizziamo che i racconti dei profughi siano veri. Se si, perché li torturano e costringono per avere le impronte? La tortura secondo Cesare Beccaria e secondo Amnesty International ha un duplice effetto e fine: ottenere qualcosa (informazioni, qui impronte) o spaventare e terrorizzare. Se escludiamo il primo fine ed effetto, rimane il secondo. Terrorizzare i migranti perché non vengano più qui. Fin qui il ragionamento è logico deduttivo.

Pensando ai presunti (secondo i racconti a noi riferiti) torturatori, vediamo se è verosimile che costoro maltrattino uno straniero perché se ne vada e non si faccia più vedere in Europa. Trattasi di un ragionamento semplice. Quindi a noi pare verosimile. Si tenga presente che chi è arrivato sul barcone è stato mandato dalla famiglia che ha investito su tale operazione migratoria somme notevoli, che in caso di (effettivamente frequenti) imprevisti continua a pagare.

Il loop Ventimiglia Trapani Ventimiglia Trapani etc. accresce continuamente il costo del viaggio del profugo; è prevedibile che la famiglia finisca i soldi per passeurs, corruzione, biglietti etc. e che il singolo progetto migratorio fallisca. Noi non riusciamo a ipotizzare se i funzionari che arrestano e trasferiscono i migranti hanno fatto quest’ultimo ragionamento (speriamo di non suggerirglielo noi). Ma è logica deduzione che chi ha esaurito le risorse della famiglia col cavolo che torna a casa sua, anche perché non ha i soldi per farlo. Semplicemente si trova in un paese che non conosce, senza i parenti ed amici che voleva raggiungere in un paese diverso da quello in cui si trova, in una situazione di disperazione economica e psicologica.

Se tale fenomeno è moltiplicato per molte migliaia, avremo una massa critica di disperati la cui gestione fortunatamente non tocca a noi ma ai nostri governi. Il caso di Calais ci sembra confermare la nostra ipotesi demografica. Forse tale previsione è stata già fatta dagli alfaniani. Infatti, ad evitare una concentrazione alle frontiere (come a Ventimiglia) ora è visibile un continuo rastrellamento di coloured in tutto il territorio, particolarmente nelle stazioni che possono condurre alla frontiera.

Nel frattempo vi sono frequenti identificazioni e denunce dei militanti europei che assistono i profughi vicino alla frontiera.

Riusciranno gli alfaniani ad evitare tante Calais?

 

Dr. ssa Amelia Chiara Trombetta

Dr. Antonio Curotto

Roberto Faure

12 giugno 2016

 

Per approfondimenti sul tema delle normative europe e dell’uso della forza per ottenere le impronte dei migranti si può leggere anche questo articolo di Riforma.it

Qui anche un video: “L’accusa dei medici: sui corpi dei migranti a Ventimiglia le violenze del confine”. Da La Repubblica Genova

http://video.repubblica.it/edizione/genova/l-accusa-dei-medici-sui-corpi-dei-migranti-a-ventimiglia-le-violenze-al-confine/243496/243542

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