Francesca Albanese, in qualità di rapporteur speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967[1], ha pubblicato tre rapporti negli ultimi due anni[2] per argomentare perché, nella Striscia di Gaza, è in corso un genocidio. Il fatto che lei rileva è, se ci pensiamo bene, enorme, assoluto, quasi inafferrabile: probabilmente non esiste un evento umano più radicale, devastante, assoluto di un genocidio.

Il fatto che Albanese lo abbia messo in luce dovrebbe essere un tema continuamente affrontato e discusso. Bisognerebbe entrare nel merito, scendere in profondità, confrontarsi con i fatti, i processi politici e militari, i rapporti di forza e gli interessi individuati tanto nei suoi rapporti come in quelli della Commissione internazionale indipendente delle Nazioni Unite per l’inchiesta sui territori palestinesi occupati e di diverse organizzazioni internazionali come Amnesty International, B’tselem e Forensic Architecture[3].

L’arroganza contro la profondità

Francesca Albanese ha sostenuto i contenuti dei suoi rapporti anche nel dibattito pubblico internazionale, dopo averli presentati ufficialmente alle Nazioni Unite alla stampa di tutto il mondo. Li ha diffusi partecipando a incontri in varie sedi, tra cui recentemente in Colombia e in Sudafrica.

A un certo punto è entrata nel mirino dell’amministrazione Trump: le è stato bloccato l’accesso a qualunque conto corrente[4]. Di fatto, è stata messa al bando. Negli stessi mesi in cui un ex dirigente di al-Qaeda, divenuto capo del governo siriano, veniva ospitato da Donald Trump, Albanese veniva colpita nei suoi interessi materiali più diretti, mettendo a rischio anche la sua famiglia.

Evidentemente, la relatrice speciale delle Nazioni Unite ha cercato di non farsi sopraffare, trovando solidarietà soprattutto a livello popolare, non istituzionale, e nel movimento internazionalista per la Palestina. Di fronte alle luci spente su Gaza e sulla sua popolazione, ha continuato a parlare, spiegare, ragionare. E con lei lo ha fatto il movimento di persone che continua a mobilitarsi. Albanese ha, in altre parole, continuato a svolgere la funzione collegata al suo mandato di informazione pubblica e stimolo verso le istituzioni nazionali e internazionali, affinché affrontino i problemi sollevati nei suoi rapporti o quantomeno forniscano dei chiarimenti alla popolazione mondiale.

Ai fatti si risponde con le offese e la denigrazione

Quali risposte ha trovato in Italia? Dal lato istituzionale nazionale, nessuna. A livello locale, alcune amministrazioni comunali l’hanno ospitata e riconosciuta, anche se altre, che si erano impegnate per la cittadinanza onoraria, si stanno tirando indietro. Ad esempio, per la sindaca di Firenze Sara Funaro, “non è opportuno consegnarle la cittadinanza onoraria”, in quanto Albanese “in più occasioni ha mandato messaggi che portano a dividere più che unire nella comune causa a difesa del popolo palestinese”[5].

Dal lato della stampa, invece, ha spesso trovato superficialità e sarcasmo oltre che una campagna di attacchi personali.

Albanese presenta rapporti densi di informazioni, collegamenti, spiegazioni. Una parte della stampa analizza solo una parola ritenuta inopportuna o sbagliata e su quello imbastisce giorni e giorni di articoli, editoriali, commenti parlando di una parola o una frase.

Francesca Albanese approfondisce, analizza, si richiama al diritto internazionale e a una serie di presupposti epistemologici giuridici critici. Una parte della stampa, a destra come a sinistra, sorride e la schernisce come supponente o “maestrina”, senza farsi mancare il riferimento al ruolo di “cattiva maestra” (con il quale in Italia, dal teorema Calogero a oggi, si allontana, criminalizza o addirittura associa al fantasma del terrorismo il tema delle lotte sociali così come di quelle che furono in passato vincenti per le classi subalterne).

Albanese argomenta. Una parte dei giornali la prende in giro. Albanese presenta evidenze; una parte della stampa la definisce arrogante. Sul merito, quasi nessuno si ferma. Il merito – la documentazione del genocidio e dei crimini di guerra e contro l’umanità a Gaza, oltre che dei crimini in Cisgiordania – viene ignorato.

Ai fatti che lei rileva e documenta si risponde andando sul personale o soffermandosi sulla singola parola ritenuta “sbagliata”. Albanese evidenzia un quadro articolato di crimini per i quali già la Corte internazionale di giustizia ha richiamato Israele e i suoi governanti. Molti giornalisti, invece, analizzano come è vestita, come è seduta o quanto interviene in pubblico e se dice qualche parola fuori posto o inopportuna.

Una campagna sessista e restauratrice

Ci sono molteplici motivazioni che spiegano questo comportamento condiviso e diffuso di ostilità e scherno. Il sessismo è una di quelle fondanti: una donna critica che non sta zitta diventa un nemico. La seconda ragione è l’allineamento necessario ai governi di Israele e Stati Uniti. La terza è la subordinazione al nuovo ordine mondiale in costruzione, fondato sulla sola forza e sul progressivo abbandono del diritto internazionale. La quarta riguarda il movimento per la Palestina, odiato dalle classi dirigenti europee e statunitensi perché ha rilanciato l’istanza internazionalista, ostacolando i progetti neoautoritari in corso basati su nazionalismo e suprematismo razzista e classista. La quinta è la volontà di riportare tutti a casa, nell’indifferenza, reprimendo ogni forma di solidarietà: “fatevi i fatti vostri, ognuno si salvi da sé, e peggio per chi non vi riesce”.

Sostenere Albanese. Tutelare il movimento per la Palestina

 Evidentemente, il trattamento riservato a Francesca Albanese in Italia attacca la giurista, ma al tempo stesso la trascende. Colpire lei significa colpire una persona concreta, ma anche il movimento per la Palestina e per il nuovo internazionalismo in costruzione. Sostenere, difendere e tutelare Francesca Albanese vuol dire proteggere il movimento per la Palestina. Significa continuare a tenere gli occhi aperti su Gaza, sulla Cisgiordania e sui crimini dei governanti e dell’esercito di occupazione israeliano, così come sulla resistenza popolare a tale occupazione e alle condizioni di vita che essa impone nell’impunità generalizzata.

NOTE

[1] https://www.ohchr.org/en/special-procedures/sr-palestine.

[2] A ottobre 2025 il testo non definitivo https://www.ohchr.org/en/documents/country-reports/a80492-gaza-genocide-collective-crime-report-special-rapporteur-situation; a luglio 2025 il testo https://www.ohchr.org/en/documents/country-reports/ahrc5923-economy-occupation-economy-genocide-report-special-rapporteur; nel mese di aprile 2024 il testo https://www.ohchr.org/en/documents/country-reports/ahrc5573-report-special-rapporteur-situation-human-rights-palestinian. A questi bisogna aggiungere il rapporto sul resto della Palestina https://docs.un.org/en/A/79/384.

[3] Di seguito riporto un insieme di studi che argomentano e mostrano il genocidio a Gaza: https://www.amnesty.org/en/latest/news/2024/12/amnesty-international-concludes-israel-is-committing-genocide-against-palestinians-in-gaza/; https://www.hrw.org/news/2024/12/19/israels-crime-extermination-acts-genocide-gaza; https://www.phr.org.il/en/genocide-in-gaza-eng/; https://www.btselem.org/publications/202507_our_genocide; https://forensic-architecture.org/investigation/aid-in-gaza/investigation/a-cartography-of-genocide; https://genocidescholars.org/wp-content/uploads/2025/08/IAGS-Resolution-on-Gaza-FINAL.pdf; https://forensic-architecture.org/investigation/a-cartography-of-genocide; https://www.anbamed.it/wp-content/uploads/2025/10/La-distruzione-del-sistema-sanitario-come-strategia-genocida.pdf.

[4] Qui lo spiega un articolo di Avvenire: https://www.avvenire.it/attualita/_94643.

[5] https://www.ilgiornaleditalia.it/news/politica/754440/firenze-salta-cittadinanza-onoraria-per-francesca-albanese-dopo-parole-su-raid-contro-la-stampa-sindaco-funaro-attacca-e-divisiva.html