Presentiamo la prima edizione italiana degli scritti di Valerie Solanas, icona del femminismo radicale statunitense e oggetto di rinnovato interesse da parte dei queer studies. La raccolta, intitolata Trilogia SCUM (Milano VandA 2017), contiene il Manifesto SCUM in una nuova traduzione italiana, lâatto unico In culo a te e il racconto Come conquistare la classe agiata. Prontuario per fanciulle (gli ultimi due, finora inediti, tradotti da Nicoleugenia Prezzavento), introdotti da due saggi critici delle curatrici, Stefania Arcara e Deborah Ardilli, e seguiti da una biografia di Solanas e da una rassegna di tributi, riscritture e opere ispirate allâautrice. Qui un estratto da Come conquistare la classe agiata e di seguito lâintervista alle due curatrici, a cura di Michela Pusterla.
Come conquistare la classe agiata. Prontuario per fanciulle
Nel luglio del 1966 Valerie Solanas pubblicò un racconto, Come conquistare la classe agiata. Prontuario per fanciulle, sul periodico Cavalier, nello stesso numero della rivista che conteneva scritti di autori quali Ray Bradbury e Timothy Leary.Â
Il Prontuario per fanciulle, palesemente autobiografico, narra la tipica giornata di una ragazza scaltra e sagace che vive di accattonaggio e prostituzione, dando il suo contributo alla causa socialista mantenendosi al di fuori del mercato occupazionaleÂť. A parlare di conquistare la classe agiata del titolo è, ironicamente, un soggetto sociale tragicamente svantaggiato, una giovane donna sola e senza un soldo in un mondo egemonizzato dagli uomini. Come avverrĂ per il Manifesto SCUM con lâeditore Girodias, anche i direttori responsabili del Cavalier manipolarono lâopera di Solanas. Per solleticare la curiositĂ erotica dei lettori aggiunsero, con una delle tipiche delegittimazioni sessiste alle quali fu sempre sottoposta la scrittura di Solanas, il sottotitolo: Come una signorina giovane e carina riesca a sopravvivere in cittĂ : il modo piĂš facile per stare comoda è distesa sulla schienaÂť. Appena uscita dal college, ho dovuto misurarmi con un tipico dilemma femminile: riuscire a ritagliarmi, in un mondo di uomini, uno spazio e uno stile di vita degni di una fanciulla con i miei gusti, la mia cultura e la mia sensibilitĂ . Nulla di volgare come il lavoro, dunque. Una fanciulla, però, deve pur sopravvivere. Pertanto, dopo aver attentamente preso in esame ciò che la scena sociale aveva da offrirmi, ho finalmente trovato unâoccupazione estremamente remunerativa, dai grandi stimoli creativi e fortemente incentrata sulle relazioni interpersonali, in grado di garantire flessibilitĂ , indipendenza, stabilitĂ e, cosa ancor piĂš fondamentale, una grande quantitĂ di tempo libero; unâoccupazione, dunque, perfetta per la sensibilitĂ femminile. Contemplando la mia fortuna, mi accingo a intraprendere la mia giornata di lavoro. ÂŤScusi signore, avrebbe per caso quindici cent?Âť ÂŤCome no, tesoro, ecco quiÂť Devâessere il mio magnetismo animale: nessuno riesce a resistere. ÂŤScusi, signore, avrebbe per caso quindici cent?Âť ÂŤNo.Âť ÂŤUn decino?Âť Non bisogna dargli tregua. ÂŤNo!Âť ÂŤUn nichelino?Âť ÂŤNO!Âť ÂŤUna banconota da un dollaro?Âť Bisogna sempre pensare in grande. ÂŤTieni, eccoti venticinque centesimi.Âť Si accumulano in fretta. Quattro e cinquanta in unâora. Altre due ore e posso staccare e andarmene a scrivere. ÂŤScusi, signore, avrebbe per caso quindici cent?Âť (Non dico mai che sono per il biglietto dellâautobus, a meno che non me lo chiedano; il mio tempo è prezioso ed esige brevitĂ .) ÂŤE cosa mi dai per 15 cent?Âť ÂŤChe ne direbbe di una parolaccia?Âť ÂŤNon è un cattivo affare. Ok, prendi. Adesso sentiamo la parolaccia.Âť ÂŤUomini.Âť (Tratto da Come conquistare la classe agiata. Prontuario per fanciulle, trad. it. di Nicoleugenia Prezzavento, in Trilogia SCUM. Scritti di Valerie Solanas, a cura di Stefania Arcara e Deborah Ardilli, VandA, Milano 2017). Dialogo con Stefania Arcara e Deborah Ardilli, a cura di Michela Pusterla MP: Scrivete: ÂŤper quanto, in generale, sia possibile problematizzare con dovizia di argomenti la questione del riflesso della vita nellâopera, nel caso di Solanas è semplicemente impensabile metterla a tacereÂť (p. 38). Una narrazione distorta e strumentale della sua biografia, del resto, ha accompagnato per decenni la pubblicazione rimaneggiata del Manifesto. Mi pare che la vostra scelta etica (e politica) di una traduzione rigorosa dal punto di vista filologico si accompagna inevitabilmente a quella di una ri-narrazione non distorta della biografia di Solanas. Inevitabilmente, quindi, chi è Valerie Solanas? E come la sua vita è indissolubile da questi testi? DA: Quella del rapporto tra vita e scrittura è una questione che abbiamo tenuto ben presente in tutte le fasi del lavoro, incluso quello dedicato al vaglio del repertorio iconografico. Vorrei iniziare a risponderti proprio a partire da qui. Per la copertina di Trilogia SCUM abbiamo selezionato, in accordo con le editrici, una fotografia che ritrae Valerie Solanas nellâatto di scrivere. Ă bene chiarire subito che lâobiettivo non era quello di far sparire sotto il tappeto le possibilitĂ violente di Solanas a vantaggio di unâimmagine âripulitaâ e rassicurante. Ci premeva invece inquadrare quelle possibilitĂ violente allâinterno di un orizzonte piĂš largo, sottrarle alle astrazioni del verdetto morale e della schedatura psichiatrica e collegarle a unâintenzione significante indissociabile dal processo intentato da Solanas alla societĂ etero-patriarcale. Di conseguenza ci è sembrato importante, anche in relazione alla scelta della foto di copertina, sforzarci di invertire la tendenza a congelare la figura di Solanas nel gesto muto che la inchioda al ruolo della pazza che ha sparato a Andy Warhol. Ă ora di leggere Solanas: uso unâespressione volutamente dimessa per far valere una pretesa esorbitante. La restituzione della parola, dâaltronde, può riservare qualche sorpresa. Studiando la biografia di Solanas, una delle cose che mi hanno maggiormente colpita è lâaffiorare di momenti di ingenuitĂ davvero disarmante, ai limiti del candore, in questa scrittrice che pure non perde mai occasione per avvertirci della ÂŤmerda che bisogna ingoiare a questo mondo per poter semplicemente sopravvivereÂť. Potrei richiamare una quantitĂ di esempi, alcuni dei quali anche irresistibilmente tragicomici, ma qui penso soprattutto al momento in cui, nel giugno del 1968, dopo essersi costituita alla polizia, Solanas rinuncia allâassistenza degli avvocati allertati dal suo editore Maurice Girodias e comunica a Florynce Kennedy che Manifesto Scum sarebbe stata la sua unica difesa in tribunale. A cinquantâanni di distanza sappiamo benissimo quanto, invece di proteggerla, quel testo abbia contribuito a moltiplicare le condanne e a silenziare la questione che poni. Alla domanda âchi è Valerie Solanas?â credo si possa rispondere soltanto rinunciando a fissare un nucleo immobile di identitĂ . Occorre ripercorrere la sua storia â fermo restando che, pur potendo contare su un lavoro pionieristico come la biografia del 2014 di Breanne Fahs, della sua vita non conosciamo tutto e forse non rischiareremo mai quelle zone dâombra in cui le tracce della sua esistenza sembrano perdersi nel nulla. Ne sappiamo comunque abbastanza per poter seguire la traiettoria di una radicalizzazione politica che, nelle sue tappe salienti, coincide con quella della sua progressiva disassimilazione sociale.  Per accidentato e contorto che possa essere il percorso dalla vita alla pagina scritta, dallâessere sociale alla coscienza di sĂŠ, arriva pur sempre il momento in cui ci si deve pronunciare in merito alla rilevanza di tale relazione. Quello che rende plausibile, per lo meno ai mei occhi, la radicalitĂ di Solanas non è la suggestione delle frasi oltraggiose e sovversive che pronuncia: è la possibilitĂ di connettere in maniera significativa il contenuto degli enunciati allâesistenza del soggetto dellâenunciazione, di esporle alla prova del âpraticamente veroâ. La persona che firma Come conquistare la classe agiata, In culo a te e Manifesto SCUM ha subĂŹto abusi sessuali in famiglia, ha partorito da adolescente due figli dati in adozione, ha visto sfumare la speranza del riscatto nel campo della ricerca scientifica, ha conosciuto lâindigenza estrema e lâabbandono, le vessazioni lesbofobe, il rigetto persino da parte dei circoli dellâunderground newyorkese. La persona che scrive ÂŤper bene che ci vada, la vita in questa società è una noia sconfinataÂť, ÂŤnon esiste aspetto di questa societĂ che abbia la minima rilevanza per le donneÂť, è una persona che legge ad alta voce il libro della propria esperienza, ne coglie gli elementi generalizzabili e dichiara intollerabile il sacrificio imposto alle donne. Volendo arrischiare una sintesi, potrei dire che Solanas è una donna che arriva a sperimentare il genere non giĂ come differenza componibile, aperta a una dialettica di scambio con la controparte maschile, ma come classe di sesso, con tutto il portato antagonistico che questa definizione comporta. Lâintroduzione di Christiane Rochefort alla traduzione francese di Manifesto Scum, intitolata DĂŠfinition de lâopprimĂŠ, coglie perfettamente la ricaduta principale della questione sul piano simbolico: ÂŤlâoppressore non intende ciò che dice il suo oppresso come un linguaggio, ma come un rumoreÂť. Al centro di questa rottura, ancora oggi assolutamente scandalosa se commisurata agli standard correnti di comprensione delle categorie di genere, câè lâinvestimento di Solanas nella parola scritta, che se da un lato registra umoristicamente la perdita di ogni illusione di integrazione sociale, dallâaltro alimenta, quasi per autocombustione, il fuoco della rabbia per le umiliazioni patite anche sul versante del riconoscimento artistico. Warhol usava complimentarsi con lei per le sue doti di dattilografa⌠MP: Quando Solanas scrive i suoi testi, sta appropriandosi della letteratura come pratica femminista radicale, in opposizione iconoclasta alla ÂŤGrande ArteÂť maschile nella quale identifica unâespressione del privilegio. Se oggi il linguaggio femminista è spesso accademico e i testi femministi sono spesso teorici, quali sono le implicazioni politiche della scelta della letteratura (e di questo specifico ÂŤfare letteraturaÂť) per la presa di parola? SA: Innanzi tutto, ricollegandomi al discorso di Deborah, vorrei partire dalle condizioni materiali nelle quali Valerie Solanas sceglie la scrittura come presa di parola: tra il â65 e il â68, quando compone i suoi testi (non uso appositamente la terminologia della critica letteraria chiamandoli âopereâ), Solanas si trova al Greenwich Village di New York, è sola, non ha un soldo, viene continuamente sfrattata per morositĂ , buttata fuori anche dal Chelsea Hotel (quel luogo mitico dellâavanguardia artistica e musicale della controcultura statunitense, dal cui pantheon la sua figura viene a tuttâoggi rimossa). A un certo punto si accampa sul tetto del Chelsea, portandosi dietro la sua inseparabile macchina da scrivere, come ben rievoca una scena del film di Mary Harron, Ho sparato a Andy Warhol (1996). Vive di elemosina per strada, sfrutta le sue doti umoristiche per âvendere conversazioneâ ai passanti, si prostituisce per comprarsi il cibo e per poter disporre autonomamente di quel tempo da dedicare alla scrittura che un impiego regolare non le avrebbe lasciato. In queste condizioni âil fare letteraturaâ di Solanas è necessariamente e apertamente politico. Ă vero che gli scritti di Solanas sono femministi, ma non sono âteoriciâ nel senso in cui lo intendiamo oggi. E sono certamente lontani dal linguaggio accademico: Solanas infatti muove una critica feroce allâistituzione universitaria, sessista, classista, elitaria. Ă anche vero che in certi passaggi di Manifesto SCUM lei si appropria dellâautorevolezza del discorso teorico-scientifico â della genetica, della psicologia â presumibilmente âoggettivoâ, quindi inattaccabile, per sovvertirne i presupposti misogini mantenendo la polarizzazione estrema dei generi, ma invertendo il valore dei segni (ÂŤgli uomini sono donne e le donne sono uominiÂť). A mio avviso però è difficile definire gli scritti di Solanas puramente âletterariâ in senso canonico (sono, piuttosto, anti-canonici), poichĂŠ possiedono una forte carica performativa: la scrittura, per Solanas, è azione. Il Manifesto è un testo ibrido, non classificabile secondo le categorie dei generi letterari. Câè dentro di tutto, tranne la pretenziositĂ del documento teorico-politico tradizionalmente prodotto da uomini intellettuali, cosĂŹ come quella dellâoggetto estetico-culturale della letteratura âaltaâ â letteratura da cui le donne sono state escluse per secoli: vi si intrecciano la comicitĂ del linguaggio disfemico e lâurgenza del desiderio politico, sarcasmo e denuncia sociale, utopia e basso corporeo, invettiva e farsa situazionista. Credo che la potenza della scrittura solanasiana piĂš immediatamente percepibile da qualsiasi lettrice â anche se digiuna di teoria femminista â stia nella capacitĂ di suscitare la rabbia di una presa di coscienza mista a una risata liberatoria. In certi punti il Manifesto è esilarante (forse un poâ meno se a leggere è un uomo eterosessuale). Ricordo la folgorazione che ne ebbi quando da giovanissima lessi Manifesto SCUM per la prima volta, nelle mitiche Edizioni Millelire… Sapevo ben poco di femminismo, ma da adolescente che subiva le pressioni sociali dellâeteropatriarcato mi si aprirono gli occhi e risi moltissimo leggendo frasi come: ÂŤil maschio ha (âŚ) lâossessione di scopare; attraverserĂ a nuoto un fiume di muco, passerĂ a guado un miglio di vomito immerso fino alle narici, se si convince che ci sarĂ una figa accogliente ad attenderlo. ScoperĂ una donna che disprezzaâŚÂť. Il Manifesto ha una forte vocazione alla performativitĂ , si presta a essere letto ad alta voce, infatti Solanas organizzava eventi-scum che prevedevano proprio la lettura performativa del testo. Quando, nellâatto unico In culo a te, Solanas mette in scena tabĂš intollerabili e atti scabrosi quali la sodomizzazione del âmaritinoâ da parte di una moglie o lâuccisione di un bambino pestifero da parte di una madre, compie una sovversione radicale, quel ârovesciamento delle prospettiveâ di cui parla Colette Guillaumin, la quale, fornendo proprio lâesempio di SCUM, nota come sia impossibile fare una distinzione rigorosa tra un testo âteoricoâ e un testo âmilitanteâ. Nel caso della scrittura di Solanas, aggiungo io, è impossibile una distinzione tra testo teorico, militante e letterario. Mi spiego meglio contestualizzando storicamente: il linguaggio del femminismo radicale, cioè quello che alla fine degli anni Sessanta nasce in opposizione allâemancipazionismo della âparitĂ nella differenzaâ (allora rappresentato dalla NOW di Betty Friedan, oggi dal cosiddetto âfemminismoâ liberale/mainstream in stile Hillary Clinton) trova espressione nella scrittura militante, piĂš che nella letteratura intesa puramente come oggetto estetico. La miriade di piccoli gruppi femministi che si formarono negli anni Settanta, dopo la pubblicazione di Manifesto SCUM, mettono in circolazione testi pensati e scritti come pratica di liberazione: manifesti, dichiarazioni, guide dallâautocoscienza, spesso composti e distribuiti collettivamente, grazie al ciclostile e al lavoro volontario. Contemporaneamente nasce un importante movimento di poesia femminista pubblicata informalmente, in antologie con testi e disegni e in raccolte collettive oggi introvabili. Negli stessi anni prolifera il âsottogenereâ letterario dellâutopia e della fantascienza femminista con forti connotazioni politiche (per esempio, in molte pagine di The Female Man di Joanna Russ, attenta lettrice e ammiratrice di Solanas, si sente distintamente lâeco della âteoriaâ prodotta da Solanas, come da Shulamith Firestone). Si produce, cioè, nella scrittura letteraria come in quella militante (non nettamente distinguibili), quel discorso apertamente antagonista per la liberazione delle donne poi messo a tacere in favore del discorso rispettabile dei diritti e della paritĂ (oggi diventato âeducazione alle differenzeâ, âlotta agli stereotipiâ, ecc.). Tutta questa produzione testuale informale di testi militanti del femminismo radicale, oggi difficilissima da rintracciare (un buon archivio è quello della Womenâs Liberation Print Culture della Duke University), servĂŹ a rendere il discorso femminista di trasformazione sociale una presenza pubblica, manifesta. Manifesto SCUM però, composto prima del femminismo radicale da una donna non eterosessuale che si identifica come scrittrice, non ha alle spalle una tradizione di scrittura militante femminista. Da una parte Solanas è una scrittrice, e come tale tenta di essere riconosciuta, cercando di pubblicare i suoi testi e produrre la sua commedia, dallâaltra rifiuta di essere paragonata a Jean Genet, affermando che mentre lui si limita a ÂŤriportareÂť, lei è una ÂŤsocial propagandistÂť. Era perfettamente consapevole, dunque, che la propria scrittura era al tempo stesso artistica, politica, militante. E che nessuna arte (o prodotto estetico) è al di fuori della politica: ÂŤSappiamo che la âGrande Arteâ è grande perchĂŠ cosĂŹ ci hanno detto le autoritĂ maschiliÂť (Manifesto SCUM). DA: La critica della cultura e della ÂŤGrande ArteÂť è un tema cruciale di Manifesto SCUM, direi una delle sue ragioni fondanti. Le implicazioni di questa critica, tuttavia, possono essere â e, di fatto, sono state â oggetto di valutazioni differenziate. Mi spiego meglio con un paio di esempi. Nelle sua biografia, la poeta e attivista lesbofemminista Judy Grahn (un nome semisconosciuto in Italia, ma di rilievo primario nel movimento statunitense degli anni Settanta) rievoca lâentusiasmo suscitato dalla pubblicazione di Manifesto SCUM tra le donne della sua generazione, collegandolo direttamente alla messa in questione del monopolio patriarcale della creativitĂ artistica e alle energie liberate dalla contestazione di quel monopolio. Non per nulla estratti del manifesto finirono in Woman to Woman, una delle prime antologie di poesia femminista degli anni Settanta. Abbiamo, in questo caso, una ricezione della critica formulata da Solanas che storicamente si traduce in un allargamento delle frontiere, delle forme e degli usi possibili della letteratura, dovuto allâimmissione di voci precedentemente escluse. La mia impressione, tuttavia, è che in Solanas ci sia qualcosa di sostanzialmente diverso da un appello alla democrazia estetica. E, a ben vedere, Solanas non predica nemmeno lâavvento di un divenire-donna, o di un divenire-minore della letteratura. Non è un caso che il Manifesto si proponga di mobilitare, ai fini del sabotaggio del sistema, commesse-scum, operaie-scum, impiegate-scum, centraliniste-scum, mentre non si parla mai di scrittrici-scum o di artiste-scum. Stefania giustamente ricordava che Solanas respingeva il confronto con altri scrittori, sia pure dei bassifondi. In effetti, penso che avesse in mente un unico esempio, provvisorio e non replicabile, di letteratura-scum: se stessa. Il suo disinteresse per la scum-izzazione delle istituzioni letterarie, e piĂš in generale cultu-rali, dovrebbe aiutarci a vedere che il nocciolo della sua sfida al mito patriarcale della creativitĂ non consiste nellâallargamento dei diritti di cittadinanza artistica. Qui credo possa essere davvero illuminante il parallelo con la Carla Lonzi che riflette sul senso del suo ritiro da un mondo, quello della critica dâarte, che condanna le donne al ruolo alienante di spettatrici dellâimpresa maschile. Quelle pagine andrebbero confrontate con ciò che afferma Solanas in Manifesto SCUM, quando scrive che in una societĂ compiutamente post-patriarcale ÂŤlâunica arte, lâunica cultura sarĂ lâesistenza di femmine insolenti, stravaganti, scatenate, capaci di ricavare piacere lâuna dallâaltra e da qualsiasi altra cosa nellâuniversoÂť. Per Solanas non è universale nĂŠ inalterabile, ma inscindibilmente connessa alle condizioni del dominio maschile, lâesigenza di istituire un rapporto immaginario con le condizioni reali dellâesistenza. Prefigurare uno scenario in cui la vita, per giustificarsi, non avrĂ piĂš bisogno trasfigurazioni estetiche significa esprimere un verdetto inappellabile sulla funzione dei meccanismi di compensazione estetica e culturale attivati dalla societĂ etero-patriarcale. MP: Il manifesto â come genere letterario â ha uno statuto ambiguo: si colloca infatti sul crinale tra atto discorsivo e performativo, e quindi tra testo e vita. Storicamente, proprio per questa sua natura intrinsecamente politica, ha rappresentato uno strumento di espressione resistenziale. Se il manifesto, come atto performativo, è espressione di una collettivitĂ , nello scrivere il Manifesto SCUM Solanas decreta lâesistenza della scum feccia come soggetto politico. Scrivete: ÂŤSolanas si appropria in maniera terroristica del genere letterario del manifestoÂť (p. 13): come? SA: Il manifesto come tipologia testuale nasce prima di tutto come documento politico che annuncia, e al tempo stesso produce, un cambiamento sociale radicale. Ă un testo che afferma una rottura nel ripetersi della storia e la promessa di un cambiamento operato grazie alla formazione di una nuova collettivitĂ politica (e/o artistica). Il testo di Solanas segnala sin dal titolo, ÂŤManifestoÂť, la sua inequivocabile intenzione politica, rimandando a una tradizione di scrittura prodotta quasi sempre negli ambienti omosociali maschili delle avanguardie â si pensi al Manifesto del Futurismo, al Manifesto Dada, al Manifesto del Surrealismo. Janet Lyon ha osservato che ÂŤSCUM è la figlia vendicatrice e vittoriosa dei manifesti dâavanguardia di Apollinaire, Tzara, Marinetti, DebordÂť. Solanas attua unâappropriazione terroristica di questa tradizione per varie ragioni: accosta al termine âmanifestoâ il sostantivo imprevisto âscumâ, feccia, scarto, pattume, ciò che è reietto. Defrauda dunque il genere del manifesto di quellâautocompiacimento intellettuale delle avanguardie artistiche e dei gruppi politici che fino ad allora lo avevano utilizzato. La femminista radicale Jane Caputi ha colto nel segno quando nota che âscumâ ÂŤsignifica lo stato degradato delle donne in un sistema di valori sociali definito dagli uominiÂť. Attraverso questa prospettiva dal basso, il basso dellâabiezione, della fogna, non quello âvellutatoâ dei sotterranei warholiani, Solanas immagina una collettivitĂ di soggetti sociali, le donne-scum, le quali â una volta riconosciuta la propria oppressione sulla base del genere, a differenza di quanto non facciano le Daddyâs Girls, le Figlie di PapĂ complici del patriarcato â si muoveranno per distruggere lâattuale societĂ e costruirne una nuova e giusta. Ă un manifesto, dunque, che annuncia lâabbattimento del patriarcato. Ma ciò non avverrĂ , sottolinea lâautrice, attraverso metodi tradizionali quali cortei, manifestazioni, richiesta di diritti⌠scum-la feccia sabota il sistema, âslavoraâ e â avverte Solanas â ÂŤse SCUM colpirĂ , sarĂ nellâoscuritĂ con una lama di quindici centimetriÂť. Questo, ricordiamolo, Solanas lo scriveva negli stessi giorni in cui la controcultura hippie e psichedelica (spietatamente presa in giro nel Manifesto) proponeva fiori, LSD e amore libero come forme di contestazione. Però, questa collettivitĂ di donne e ausiliari-froci che agirĂ il cambiamento sociale, quando Solanas scrive, cioè prima del femminismo radicale e prima delle rivolte di Stonewall, non esiste ancora, è una sua invenzione testuale, è un desiderio politico che lei rende vivo attraverso la pagina scritta e/o letta-performata. Di fatto, il suo Manifesto, pubblicato per la prima volta in copie ciclostilate nel 1967, non è (ancora) espressione di un gruppo organizzato, bensĂŹ la voce della singola soggettivitĂ dellâautrice, isolata perchĂŠ la sua visione politica è in largo anticipo sui tempi. Anche se Solanas non fece mai parte di un gruppo organizzato, la storia del femminismo degli anni Settanta è stata segnata da quello che Deborah, nel suo saggio introduttivo, ha chiamato ÂŤEffetto ScumÂť: tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta usciranno il Redstockings Manifesto, The Bitch Manifesto, Black Womanâs Manifesto, The Combahee River Collective Statement e molti altri testi prodotti da una miriade di gruppi auto-organizzati, mentre in Italia nel 1970 esce il Manifesto di Rivolta femminile. Mi piace ricordare lâimmagine usata da Hannah Ghorashi, secondo la quale il Manifesto di Solanas ha inviato ÂŤuna scossa elettrica lungo la storia del femminismo che è percepibile ancora oggiÂť. Con le dovute distinzioni, credo se ne trovi unâeco anche nel recente Manifesto Xenofemminista del collettivo transnazionale Laboria Cuboniks, con la sua invocazione razionalista e antinaturalista della fine del genere e con lâinvito allâappropriazione collettiva della tecnologia in senso anticapitalista â temi anticipati mezzo secolo fa dalla âpazzaâ Solanas. MP: Tradurre è unâoperazione che esula dal dominio strettamente linguistico e si colloca in quello culturale e politico: la scelta di proporre questa traduzione oggi è in sĂŠ significativa. Per esempio, penso alla questione salariale. Il femminismo della seconda ondata, che sarebbe scoppiato subito dopo la pubblicazione del Manifesto, si poneva come obiettivo la redistribuzione salariale; il neoliberismo progressista contemporaneo declina il femminismo in emancipazione individuale delle donne (il capitalismo oggi ci vuole produttrici e riproduttrici); il movimento globale Non una di meno si pone come obiettivo politico il reddito di autodeterminazione. Solanas scrive: ÂŤa liberare le donne dal dominio maschile [âŚ] sarĂ la totale eliminazione del sistema basato sul lavoro e sul denaro, non il raggiungimento dellâuguaglianza economica con gli uomini al suo internoÂť (p. 69). E qui sento la radicalitĂ inappellabile dellâantagonismo di Solanas e ne identifico il potenziale per attaccare il tentativo egemonico del femminismo mainstream attuale. Siete dâaccordo? Dove altro? DA: âAntagonismoâ è sicuramente il termine giusto, ma occorre fare attenzione a non confonderlo con un generico sentimento anti-sistema. Solanas vede benissimo che è il controllo maschile sul lavoro, sulla sessualitĂ e sulla coscienza delle donne a produrle e riprodurle come âfecciaâ, come soggetto sociale minoritario e dipendente. La sua radicalitĂ si articola, per dir cosĂŹ, in due tempi logici. In primo luogo, Solanas sceglie di non ignorarsi come soggetto subalterno sullâasse del genere: questo significa collocare le donne in posizione antagonistica verso il gruppo sociale che beneficia direttamente della loro minorizzazione e della loro âdesistenzaâ programmata, quello degli uomini. In secondo luogo, Solanas evita la scorciatoia consistente nel voler far riconoscere l’identitĂ dominata come equivalente a quella dominante, ciò che nel gergo mainstream si declina, come giĂ sottolineava Stefania, nei termini di âparitĂ nella differenzaâ. Mi sembra che, precisamente a questa altezza, si delinei una serie di interrogativi ancora pertinenti: quale uguaglianza può esserci all’interno di una gerarchia sociale? âParitĂ â non è forse il soave eufemismo che veicola la resistenza ad aggredire le premesse materiali della gerarchia di genere? Che senso può avere dichiarare equivalente in valore ciò che di fatto esiste in funzione della costruzione sociale della diseguaglianza? Credo sia questa luciditĂ , in definitiva, che consente a Solanas di concepirsi come soggetto negativo, ovvero di politicizzare la propria identitĂ subalterna non per âvalorizzarlaâ, ma per distruggere il rapporto di potere che la produce. Non si tratta soltanto di una posizione incompatibile con il âfemminismo mainstreamâ, ma di una posizione che induce a interrogare la logica stessa dellâamalgama che associa con tanta disinvoltura il femminismo al mainstream. Qualunque cosa possa essere il âfemminismo mainstreamâ â e io credo si tratti piĂš di rimozione attiva e violenta, che non di co-optazione, del femminismo, della sua storia, dei suoi dibattiti â una figura come quella di Solanas ci obbliga a precisare i termini della critica che gli rivolgiamo. Per rimproverare al âfemminismo mainstreamâ il coinvolgimento con la ragione neoliberale non è strettamente necessario essere femministe radicali: si può denunciare, per esempio, il ricorso massiccio al lavoro gratuito da parte del capitalismo neoliberale senza essersi di fatto mai accorti/e dei volumi di lavoro gratuito estratti alle donne fuori dal mercato, nella famiglia, e senza aver mai sospettato che quel tipo di appropriazione del corpo, del tempo e della mente delle donne segnala la presenza di uno specifico rapporto di produzione co-estensivo a quello capitalistico, che prolunga i suoi effetti anche fuori dalle mura domestiche (una situazione che diventa particolarmente vistosa quando si osserva la vita delle donne di estrazione popolare, delle donne migranti o razzializzate, benchĂŠ non sia limitata a quellâarea sociale). Ă necessario essere femministe radicali, invece, per poter rimproverare al âfemminismo mainstreamâ la cecitĂ teorica e lâinerzia politica nei riguardi dellâinfrastruttura eteropatriarcale che espone la grande maggioranza delle donne e delle altre minoranze di genere a un impatto differenziato e penalizzante con le politiche neoliberali. Si sente spesso dire, per esempio, che sono le crisi sociali ed economiche innescate dal neoliberalismo a determinare la recrudescenza della violenza diretta contro le donne. Questo modo di ragionare manca però puntualmente di interrogarsi sulla direzione della violenza: come mai lo sconvolgimento degli equilibri precedenti non dĂ luogo a fenomeni massicci di violenza perpetrati dalle donne sugli uomini? Quanto al reddito di autodeterminazione: Solanas privilegiava le tecniche cospirative, non credo che guarderebbe con favore alla nostra scelta di partecipare a scioperi e cortei per far vivere quella rivendicazione. Certamente, però, ci dĂ buoni motivi per caratterizzarla in senso femminista e per tenere aperta la domanda sui conflitti che è necessario aprire per darle gambe su cui camminare. Il volume Trilogia SCUM. Scritti di Valerie Solanas, a cura di Stefania Arcara e Deborah Ardilli, VandA, Milano 2017 uscirĂ in tutte le librerie a marzo 2018. Note [1] Il titolo sostituito a quello originale dai curatori del Cavalier era: For 2c: Pain, the Survival Game Gets Pretty Ugly (Per due centesimi: sofferenza, il gioco per la sopravvivenza si fa duro). Cfr. Breanne Fahs, Valerie Solanas: The Defiant Life of the Woman who Wrote SCUM (and shot Andy Warhol), New York, Feminist Press, 2014, p. 45.
[…] Stefania Arcara e Deborah Ardilli, sono le curatrici e le autrici di questa pubblicazione importante, il cui lavoro impegnativo di ricerca ĂŠ affrontato con questa intervista rilasciata ad Effimera. […]
Vedo sta roba qui in Effimera. Radicale?
E allora, per esempio, perchĂŠ in Italia si passa sotto silenzio ‘Mestruazione: liberazione’ di Raveli, che cerca almeno dimettere a fuoco la tematica rinvigorendo riferimenti marxiani essenziali?