Coi negri non si fraternizza.

Non si può.

Non si deve.

Indro Montanelli

(Civiltà fascista, gennaio 1936)

 

Con titolo Urge contrappello il direttore Marco Travaglio firma, in prima pagina del numero 245 (6 settembre 2017) il consueto commento di cronaca e di costume, che, come sempre, termina in ultima. Nelle caserme il contrappello viene effettuato a chiusura di una libera uscita, al rientro dei soldati; più in generale si tratta di un controllo del primo appello, di una verifica del risultato. In questo caso più che verificare l’assenza ingiustificata di soggetti tenuti, per ruolo, alla presenza, il contrappello invocato, con grande premura, dal noto polemista torinese si prefigge di convincere molti intellettuali ad un ripensamento, riconoscendo di aver preso un abbaglio nell’apporre la firma in calce all’appello originario e nel criticare la polizia per lo sgombero del palazzo romano ubicato in Via Curtatone.

Viene richiesta una dissociazione da se stessi, un ravvedimento postumo per riparare al peccato di opinione, o, meglio ancora, per citare Elias Canetti, una Blendung (letteralmente accecamento, ma anche, per indicazione dell’autore, Auto da fè). Travaglio, con il suo articolo, predispone una cerimonia pubblica destinata ai firmatari penitenti (come un moderno sermo generalis), con il nobile intento di salvare, sottraendoli alle demoniache tentazioni di sinistri movimenti per la casa alcuni fraterni amici e collaboratori del Fatto.  E coloro che invece vogliano, con pervicacia ingiustificata, tener ferma la loro indignata critica ai gendarmi, si preparino a subirne le conseguenze: deve essere chiaro a tutti che nessuno è legibus solutus. Addio amicizia e addio collaborazione.

Marco Travaglio non pubblica il testo dell’appello, se non a mezzo di stralci fra virgolette. Neppure è dato conoscere i nominativi dei reprobi, forse per consentir loro di avvalersi del contrappello senza subire danni. Censurare le firme e nascondere il testo, nonostante l’urgenza provocata da questo insieme giudicato inquietante, non pare proprio un esempio di buon giornalismo e neppure di correttezza espositiva.

Lamenta Marco Travaglio che in tanti, e ben diversi fra loro, abbiano criticato la polizia; sono, lo ammette, associazioni umanitarie, la Cgil, i leaders della sinistra radicale, l’assemblea permanente dei vescovi italiani, le ONG. Ma questo non suscita in lui alcun dubbio, non genera curiosità o incertezza, desiderio di ricerca; nulla di nulla. Sembra quasi che il virus giovanile dell’anticomunismo si sia riattivato. Meno male che l’anticomunismo non è varicella, almeno a Travaglio sono state risparmiate le sofferenze del fuoco di Sant’Antonio.

Per quale ragione i firmatari dell’appello avevano sentito l’esigenza di pronunciarsi e di protestare? Semplicemente ritenevano che la misteriosa decisione di procedere allo sgombero, senza preoccuparsi delle conseguenze provocate da un intervento così traumatico e improvviso, meritasse una critica severa e puntuale, soprattutto considerando la violenza con cui si andavano a colpire soggetti deboli e bisognosi. Per aggiunta, in luogo di assicurare un riparo ragionevole sia pure d’emergenza e cure idonee alle vittime dell’attacco, la polizia ha nuovamente usato la forza nei giorni successivi. I soggetti colpiti erano e sono, notoriamente, africani, somali, etiopi, eritrei; l’Italia coloniale e fascista aveva invaso e saccheggiato i paesi di provenienza, assassinando gli abitanti con il gas, occupando le loro terre, derubandoli. Perché mai si stupisce Marco Travaglio se l’appello da lui criticato definisce un tal comportamento razzismo istituzionale ? Il suo maestro Indro Montanelli, a 27 anni, partecipò, volontario, all’invasione illegale delle terre africane, ufficiale del XX battaglione eritreo, agli ordini del generale fascista Alessandro Pirzio Biroli (cui si deve questa disposizione: la favola del buon italiano deve cessare, per ogni camerata caduto paghino con la vita dieci ribelli). Nel 1982, intervistato da Enzo Biagi, il Montanelli raccontò di aver acquistato una ragazza di 14 anni, per 500 lire, a Saganeiti (attuale Eritrea) con un contratto che prevedeva ovviamente la servitù sessuale; nella Stanza del 12 febbraio 2000 ricorda nuovamente questa orribile vicenda, ridotta a nota di colore. Travaglio chiede il contrappello ai firmatari, ma non sentì l’esigenza di protestare contro una simile esternazione proveniente da casa sua!

Per motivare il contrappello Marco Travaglio attacca duramente gli occupanti, protegge la proprietà a prescindere, difende l’operato del prefetto Basilone e della polizia. Ma altera i fatti, riferendo male e soprattutto omettendo. Si veda l’interessante resoconto in www.businessinsider.com del 31 agosto, reperibile in rete.

La proprietà dell’immobile (gruppo De Agostini) lo aveva concesso in locazione (nel 2015, quando già era occupato da un anno!) alla società Se.A. Servizi Avanzati s.r.l., esentandola da ogni onere fino alla presa di possesso e incaricandola di rendere possibile lo sgombero. Il legale rappresentante di questa società, tale ing. Vincenzo Secci, aveva ingaggiato per l’incombente un ex generale dei carabinieri, Antonio Ragusa. Riesce difficile comprendere le ragioni che hanno indotto una piccola società come Se.A. s.r.l.  a chiedere in locazione un immobile di nove piani (oltre due piani sotterranei), rimasto per anni senza manutenzione e comunque occupato da numerosi profughi. In realtà la questione è semplice. La proprietà, un fondo immobiliare che dichiaratamente opera sul mercato con finalità speculative, inevitabilmente era in coda nella lista di chi invocava lo sgombero. Costruendo un inquilino, sia pure fittizio come Se.A. s.r.l., il fondo Omega (controllato appunto dal gruppo De Agostini) puntava ad aggirare la graduatoria. Il generale Ragusa, per le sue relazioni politiche e istituzionali, aveva accettato il compito di convincere la prefettura ad inserire l’immobile di Via Curtatone fra quelli da sgomberare con urgenza.

Travaglio elenca pretese indagini della procura nei confronti degli occupanti, ma tace la condanna a 4 anni e 6 mesi di reclusione inflitta in data 8 novembre 2016 al rappresentante della proprietà, per turbativa d’asta. Il generale Ragusa fra il 2005 e il 2012 dirigeva il settore risorse strutturali presso la presidenza del consiglio; e ora riferisce ai quotidiani di essersi reso parte diligente per ottenere dal prefetto l’accelerazione dello sgombero.

Afferma Travaglio (capo 10 delle sue note) che Procura e Tribunale hanno in corso indagini e processi nei confronti di esponenti dei movimenti per la casa responsabili, a suo dire, di estorcere denaro a migranti in cambio di letti e stanze. Quali movimenti, quali esponenti, quali indagini? Non è dato sapere, la puntualità espositiva del direttore questa volta si arena. Neppure si sa chi sia il somalo che recupera 13 mila euro in contanti (capo 6). E deformano la realtà anche i singoli 8 punti residui; ad esempio la disponibilità delle irraggiungibili villette (case) di Forano, nei pressi di Rieti, oltre a non esser mai stata comunicata preventivamente, era limitata a sei mesi e a pochi utenti (40). Il contrappello ci ricorda una velina acritica di regime, sembra scritto dal difensore di Se.A. s.r.l. o dall’architetto Marcello Cacciapuoti, incaricato di procedere al recupero e alla ristrutturazione.

Forse Il fatto quotidiano potrebbe procedere al giornalismo d’inchiesta, indagando a fondo sull’assetto proprietario e sulla esatta sequenza che ha condotto allo sgombero in pieno agosto. Considerato il silenzio sul punto della stampa italiana questo davvero urge. E, tacendo, Marco Travaglio merita critica senza appello.

 

[Foto di Angela Gennaro: https://www.flickr.com/photos/angelagennaro/36620209481/in/photolist-Y1hGyv-XVuNwV-9tHocZ-XW8x8Q-9tHqhz-9tHs1r-XVuPmF-XN19s6-XpfC11-Y1hGPk-XN19Fn-XrfY4f-XYa8s7-XYa8J9-WLzDpm-XYa8v3-9pj3GL-XpfC7o-WLNfrF-XpfCd5-Y1hHS2-XN177K-Y1hGY8-Y1hHB2-XN19MV-H9kNNg-Y1hGTP-Y1hJ4z-Y1hHcK-Y1hH4i-H9kNQa-WLzDr5-XrfY21-GjTFJy-GjTFQA-H9kNJZ-H9kNQF-GjTFCS]

 

 

 

           

 

 

 

 

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