Pietro Tatarella, capogruppo di Forza Italia nel consiglio comunale di Milano, aveva attaccato pesantemente il Centro Sociale Macao con ripetuti interventi in aula.
Per chi ne avesse voglia potete leggere come si presenta al pubblico questo giovane rampante della nuova destra lombarda, nato e cresciuto a Baggio e rapidamente volato nel nucleo dirigente del partito berlusconiano: www.pietrotatarella.it. Sostiene di essere un rappresentante del rinnovamento, afferma di essere uno di noi.
In vista delle elezioni europee l’ineffabile Tatarella aveva deciso di acquisire visibilità e notorietà invocando lo sgombero di Macao e l’immediata vendita dell’immobile ai privati. Secondo lui lo scandalo stava nel fatto che una cordata militante si era detta disponibile all’acquisto dell’immobile, per sottrarlo alla speculazione immobiliare e trasformarlo in una struttura per sempre comunitaria. E questa cordata militante altro non era, secondo Tatarella, la struttura militante dell’illegalità, dell’evasione fiscale, della droga e del terrorismo (della serie chi più ne ha più ne metta). Non volevano soltanto mettere in difficoltà la maggioranza; anzi il consigliere aveva certamente il sostegno di una quota almeno del Partito Democratico da cui aveva ottenuto l’informazione relativa alla proposta di acquisto. Lo scopo era quello di colpire una delle residue sacche di resistenza, di imporre il nuovo corso reazionario e dispotico, di pescare qualche preferenza dentro la vasta area degli esasperati additando nemici da punire.
Non essendo riuscito nel suo intento il giovane esponente della destra aveva proseguito nelle sue urla e nel suo strepito. Come i contadini dell’aretino protagonisti della leggendaria vicenda de I pifferi di montagna anche Tatarella conosceva solo due note, e lo stesso può dirsi degli altri consiglieri che lo avevano affiancato in questa guerra per la legalità. E, presentandosi alle elezioni europee, voleva far sentire a tutti gli elettori la sua musica, voleva a tutti i costi suonare per una vasta platea.
Ma il sette maggio 2019 la Procura della Repubblica di Milano, che Tatarella voleva scagliare contro Macao, ha arrestato Tatarella. Pare che l’alfiere della legalità (uno di noi) avesse preso parte ad una vera e propria associazione per delinquere, utilizzando il seggio e mettendo a frutto le cinquemila preferenze faticosamente accumulate; almeno questo sostiene la Direzione Distrettuale Antimafia nella richiesta di arresto e così il golden boy è finito dietro le sbarre. Chi l’avrebbe mai detto?
Nel 1738 un dotto anonimo toscano, che si firmava Cesellio Filomastige, ebbe a pubblicare con falso luogo e falsa indicazione di stampa una deliziosa operetta in versi, contro alcuni autori reazionari del suo tempo: I pifferi di montagna. Che andarono per sonare e furono sonati. Non sappiamo come andrà a finire. Ma al momento la storiella vale di sicuro per il consigliere Tatarella, che voleva far arrestare Macao per illegalità e finì invece in carcere durante la rappresentazione elettorale cui stava partecipando!
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