A undici giorni dal Referendum greco, a undici giorni dalla mia precedente testimonianza

mi tocca riscrivere da Atene. Lo considero un dovere morale.

Avevo mandato un messaggio di speranza, adesso con la coda tra le gambe, la testa

bassa e con un nodo in gola mi tocca trasmettere sentimenti completamenti opposti,

sentimenti di delusione mista a rabbia e disperazione.

 

A gennaio la vittoria di Syriza era stata accompagnata dal motto “La speranza arriva”.

Ecco la speranza è arrivata, la speranza è ancora qui, la speranza è l’ultima a morire….

ma adesso è chiaro che ben prima di essa moriremo noi!

Davide contro Golia è una bella storiella biblica che racconta di un pastorello che armato

di semplice fionda uccide il temibile gigante dei Filistei. Qui però siamo di fronte alla

realtà, qui il pastorello neppure alleva più gli agnelli da arrostire a Pasqua e qui il Gigante,

con un semplice schiocco di dita, ti toglie l’ossigeno per respirare. Esattamente

l’ossigeno, l’OXIgen!

 

Torno all’OXI anche se vi avevo lasciato con il post scriptum, “adesso basta con ‘sto OXI”,

ma a questo punto mi arrogo anche io il diritto di contraddirmi. Undici giorni fa affermavo

che l’OXI avesse rappresentato per i greci, un salto nel buio e insieme una prova di

coraggio, un sentimento di orgoglio. Lo confermo, perché nonostante la campagna

mediatica a sostegno del SI che, come raccontavo, ha terrorizzato l’intera popolazione,

nonostante il capital control, i greci hanno detto OXI, e NO vuol dire NO, come hanno

fatto a interpretarlo come un SI?

 

Lunedì, a poche ore dal risultato trionfale del referendum, Tsipras ha raccolto la

coalizione di governo e i leader dell’opposizione in una riunione. La definirei un’anomala

riunione di gabinetto… cosa si può partorire in un gabinetto del genere se non una

grandissima cagata? La puzza di quel parto quello stesso giorno si è intensificata con la

notizia delle dimissioni di Varoufakis.

 

Martedì, a due giorni dal Referendum, ho incontrato Christos, portavoce di “Solidarity for

all”, che abita proprio sopra il negozietto in cui lavoro. Abbiamo avuto una conversazione

brevissima:

 

­ – Ciao Christos, come la vedi la situazione?

­ – Andrea…. ma non lo vedi cosa stanno preparando?

 

Ho annuito e ciao ciao, tutto qui.

 

I giorni a seguire siamo stati tutti in apnea, chi per paura della catastrofe, chi per paura

che il governo avesse già gettato la spugna. Una miriade di articoli e di ipotesi venivano

pubblicati e la confusione regnava sovrana. Giovedì notte è stata resa pubblica la

proposta del governo ai creditori: avevano gettato la spugna. Domenica avveniva il

massacro di Tsipras, di Tsakalotos, di Syriza, della sinistra e di ogni forma di speranza e

di giustizia sociale. Domenica, Golia non ha solo schiacciato il pastorello con la sua

fionda ma ha cancellato, una volta per tutte, il concetto di democrazia rappresentativa,

ne ha dichiarato la morte clinica.

 

Lunedì, il giorno dopo l’accordo di Bruxelles, sono andato in piazza Syntagma. Ci sono

andato perché un amico, tramite i social media, aveva pubblicato il video di una signora

che bruciava la bandiera di Syriza, non sapevo ci fosse una manifestazione, credo infatti

fosse spontanea. Qui di solito, infatti, le bandiere si bruciano, non si sventolano. Un gesto

che, durante le manifestazioni, in Grecia si fa spesso, un gesto simbolico ma estremo

perché è aggressivo nei confronti di chi alle bandiere ci tiene: gli anarchici bruciano

spesso la bandiera greca, e spesso lo fanno davanti alle telecamere, altri bruciano la

bandiera europea, etc etc. Insomma qui le bandiere fanno più effetto quando si bruciano

che non quando si sventolano.

 

Un esempio, che prova il fatto che le bandiere i greci non le sventolano più, è stata la

notte delle elezioni, quando ha vinto Syriza. Quella notte non c’era una particolare gioia e

attaccamento a Syriza da parte dei greci tanto da sventolare le bandiere del partito, i

festeggiamenti erano piuttosto degli stranieri mentre i greci erano contenuti e preferivano

aspettare. Le uniche bandiere che sventolavano in piazza erano quelle degli italiani di

Rifondazione Comunista e dell’Altra Europa con Tsipras che cantavano a squarciagola

“Bella Ciao”, come se la storia si fosse fermata settant’anni fa.

 

Insomma, ho deciso di andare in piazza Syntagma. In metrò un “pazzo” si avvicinava alle

persone e le insultava, gridava: “Avete votato NO, bravi i cretini, ma cosa credevate di

fare?”. Io ero un po’ brillo, due shottini di raki a stomaco vuoto e una buona dose di

delusione e rabbia avevano fatto effetto, volevo che si rivolgesse a me e volevo

rispondergli male, volevo dirgli: “Amico bello, adesso ti ci metti pure tu?”. Poi però un

pensiero fugace ha fatto abbassare lo sguardo pure a me: “Ma in un mondo che gira al

contrario, ma se un NO diventa SI, come fai a essere sicuro che il pazzo sia lui?”

 

Arrivato in piazza c’era ormai poca gente, ma ho scambiato qualche parola con Andreas,

un amico sempre presente alle manifestazioni, mi ha detto che ci sarebbe stata

un’assemblea al Politecnico, nel quartiere di Exarchia. Mi sono incamminato verso la

roccaforte del movimento, la roccaforte anarchica. È quello, infatti, il luogo migliore per

annusare il clima politico. Ho parlato con alcuni attivisti, ma loro non hanno mai creduto in

Syriza e se qualcuno di loro l’ha votato di sottobanco lo ha fatto per sbarazzarsi del

governo repressivo di Samaras. Procedo poi qualche centinaio di metri ancora dalla

piazza e mi rendo conto che il Politecnico e tutta la zona limitrofa è completamente

blindata e sorvegliata dagli agenti antisommossa. A quel punto mi sono reso conto che si

è chiuso un ciclo e che siamo tornati al punto di partenza.

 

Syriza, in marzo, aveva fatto rimuovere le transenne attorno al Parlamento, un gesto

simbolico ma importante, ieri invece il Parlamento era circondato dagli agenti

antisommossa. Adesso dovrà infatti attuare le misure che hanno appena approvato e

confrontarsi con lo scontento sociale.

 

Atene brucia di nuovo, there is no alternative, come disse quella stronza!

 

Un ultimo pensiero va a Tsipras, che non voglio chiamare per nome perché Alexis qui in

Grecia è un eroe bambino la cui storia ha commosso, addolorato e sollevato un’intera

popolazione, a quel Tsipras che ha voluto essere leader, a quel Tsipras che quello storico

venerdì 3 luglio, in una piazza gremita all’inverosimile di gente, pronunciò queste parole:

“La Libertà richiede coraggio e virtù”.

 

Caro Tsipras, io non ho mai applaudito nessun leader politico, ma quelle parole in quella

piazza mi avevano provocato un brivido, la pelle d’oca. Adesso le rivolgo a te perché la

virtù e il coraggio non mi sono mai mancate e non sono mancate a nessuno tra i greci e

le greche. Tu hai preferito la responsabilità, la stabilità, la sicurezza, la scelta è stata tua e

traducendo liberamente un’espressione greca, “se adesso ti sputano non puoi dire che

piovigina”.

 

Chissà, forse mi sbaglio, forse la verità è un’altra, forse la verità è che tutti vogliono il

cambiamento ma che nessuno, in fondo, è disposto a cambiare.

 

Atene,16/7/2015

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