La situazione in Palestina si fa sempre più drammatica. Stiamo assistendo a un’escalation di cui già conosciamo l’esito: il rafforzamento dell’apartheid del governo israeliano nei confronti dei territori occupati dove vivono ammassati circa cinque milioni di palestinesi, abbandonati a loro stessi.

Embargo della pesca, controllo della distribuzione dell’acqua potabile, limitazioni di movimento per poter lavorare hanno rappresentato le armi economiche dell’oppressione.

La politica estera del governo Netanyahu ha sicuramente mietuto successi, grazie alla ignavia europea e all’opportunismo di alcuni paesi arabi con la complicità dell’ex presidente Usa Trump che ha spostato l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, andando incontro alle esigenze sovraniste e nazionaliste del governo israeliano nel ritenere l’intera Gerusalemme capitale intoccabile e unica dello stato d’Israele.

Parallelamente a queste iniziative, continua l’occupazione israeliana di territori, con l’insediamento di nuovi coloni nella Cisgiordania e ora a Gerusalemme Est. Una politica vera e propria di land grabbing, degna delle peggiori multinazionali negli stati africani.

In un simile quadro di violenza istituzionale perpetrata dal governo di Netanyahu (condita anche da manifestazioni dell’ultra-destra ortodossa al grido “morte agli arabi”), la goccia che fa traboccare un vaso già pieno sono gli espropri e gli sgomberi delle case di molte famiglie palestinesi che vi abitavano da anni a Gerusalemme Est.

Stiamo assistendo ad una vera e propria politica di aggressione, una tanatopolitica, una politica che se fosse stata perpetrata da un altro stato non filo-occidentale o filo-Nato sarebbe stata dichiarata inammissibile e soggetta a sanzioni politiche e economiche o addirittura a interventi militari.

La grancassa mediatica si sofferma sul lancio dei missili da Gaza (per il 99% intercettati dalla più potente contraerea israeliana) mentre i raid israeliani che distruggono case e uccidono persone vengono giustificate in nome della sicurezza israeliana e Israele risulta essere la vittima.

I paesi europei e gli Usa hanno già fatto dichiarazione di sostegno a Israele e la politica italiana praticamente senza distinzioni (da Matteo Salvini ad Enrico Letta, da Antonio Tajani a Maria Elena Boschi, da Giovanni Toti a Virginia Raggi) è convenuta a Roma per schierarsi dalla parte di Israele, definito unico avamposto democratico in Medio Oriente.

È una situazione che sviluppa i radicalismi e i fondamentalismi religiosi, in un quadro asimmetrico in cui il governo israeliano si sente libero di procedere con una sorta di “pulizia etnica”.

Chi denuncia tutto questo, affermando che il governo israeliano (non i singoli cittadini, tra i quali molti sono contrari ma zittiti) attua una politica sovranista, lesiva del diritto di un intero popolo alla sopravvivenza, può essere accusato di antisemitismo?

Terribile ironia della storia: lo stato dei sopravvissuti dell’olocausto si trasforma in carnefice.

 

In questi giorni si terranno vari presidi in solidarietà con il popolo palestinese in varie città italiane. A Milano appuntamento oggi in piazza Duomo ore 17.30

Sull’argomento si leggano anche le esplicite parole di Moni Ovadia.

 

Immagine in apertura: bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza (AP Photo/Hatem Moussa)

 

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