Dopo l’intervento di Marco Bersani, ecco un commento di Yannis Varoufakis sull’accordo di giovedì scorso dell’Eurogruppo , in attesa del Consiglio Europeo dei ministri del prossimo 23 aprile, che dovrebbe ratificare quanto finora deciso. Ma le sorprese sono sempre possibili….

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Ignorate i titoli di testa dei giornali che parlano di circa 500 miliardi di euro per salvare l’Europa. Il rifiuto di condividere il debito in tutta la zona euro minaccia il futuro dell’Unione

L’Europa ha subito una sconfitta storica giovedì sera. Dopo settimane di stallo, l’incontro dell’Eurogruppo dei ministri delle finanze dei paesi dell’eurozona, ha raggiunto una decisione su come collettivamente rispondere all’impatto economico della pandemia di coronavirus. Oltre a costituire un’epica inadempienza del dovere, la decisione dell’Eurogruppo ha inferto un colpo decisivo alle fondamenta dell’Unione Europea – per la gioia dei critici e dei nemici dell’Europa.

La maggior parte dell’Europa continentale che utilizza l’euro è in isolamento. Le onde d’urto economiche causate dal blocco produttivo non fanno distinzioni tra le valute. Proprio come avviene nel Regno Unito, negli Stati Uniti o in Giappone, il precipitoso calo dei redditi privati deve essere controbilanciato da un sostanziale aumento della spesa pubblica. Se i governi falliscono in questo, la somma della spesa privata e pubblica (che equivale alla domanda aggregata) può crollare ancora più velocemente, i fallimenti si moltiplicheranno e le entrate fiscali del governo a medio termine declineranno.

La sfida che i 19 paesi della zona euro si trovano ad affrontare è unica. La pressione per un incremento del debito pubblico, ormai così necessario, è ostacolata dal particolare sistema decisionale della Banca centrale che, da un lato, non ha una tesoreria comune a cui appoggiarsi e, dall’altro l’altro, non può sostenere direttamente le 19 tesorerie che hanno bisogno di prestiti in euro per combattere la crisi. La crisi dell’euro iniziata nel 2010 ha portato all’estremo la crisi di questa architettura monetaria. La recessione del coronavirus la sta ora spingendo ancor più oltre.

I Paesi più colpiti da Covid-19, come l’Italia, sono i più indebitati e quindi sono meno capaci di farsi carico del nuovo debito necessario, favorendo un circolo vizioso: il nuovo debito necessario per rilanciare il settore privato spingerà lo Stato al default, distruggendo così le banche il cui capitale è per lo più debito pubblico e, in breve tempo, il resto del settore privato. L’unica via d’uscita da questa trappola è far sì che il nuovo debito non ricada sulle spalle deboli dei paesi più indebitati dell’eurozona, ma venga condiviso in tutta la zona euro. Ma questa condivisione del debito è vietata dagli euro trattati su insistenza di quei paesi del nord Europa che hanno un surplus commerciale con il resto dell’Europa.

È all’ombra di questo enigma che l’Eurogruppo si è riunito giovedì sera. Per controbilanciare l’imminente tsunami di fallimenti, hanno dovuto emulare gli inglesi, gli americani e i Programmi di stimoli giapponesi canalizzando circa l’8% del totale del reddito dell’Eurozona (1.000 miliardi) in nuova spesa pubblica, accantonando anche un’altra somma di questo tipo per un fondo d’investimento con lo scopo di alimentare la ripresa post-Covid-19. E dovevano trovare un modo per evitare di eludere il divieto di condivisione del debito, senza il quale un ulteriore 2.000 miliardi di euro per la spesa pubblica schiaccerebbe paesi membri come l’Italia, la Spagna e la Grecia, quindi risvegliando lo spettro della disintegrazione.

Giovedì sera, l’impasse ha lasciato il posto a un accordo. Mentre si può leggere sui titoli dei quotidiani della messa a disposizione di una somma impressionante di 500 miliardi di euro per salvare l’Europa, la verità è molto meno eroica. In realtà, il prezzo per raggiungere l’accordo è stato l’impotenza. Invece del 16% del reddito totale dell’area dell’euro (2.000 miliardi di euro) di stimolo necessario, l’area dell’euro darà uno stimolo irrisorio pari allo 0,22% (27,7 miliardi di euro) alla crisi. Per comprendere meglio i numeri e raggiungere la magica cifra di 500 miliardi di euro, estenderanno le linee di credito a paesi come l’Italia, attraverso Il Fondo Salva (il meccanismo europeo di stabilità, o MES), nella misura del 2% del reddito nazionale del paese beneficiario. E permetteranno di ottenere più prestiti, di circa cento miliardi di euro, ai sistemi di previdenza sociale dei paesi a favore del sussidio di disoccupazione, ma a condizione che il denaro venga restituito quando la disoccupazione diminuisce.

Prima che l’Eurogruppo si riunisse, era nell’aria la speranza che l’Europa avrebbe finalmente cambiato le sue regole per salvare la sua più grande creazione: l’Unione Europea. A differenza del 2015, quando ero il solo nell’Eurogruppo nel richiedere uno strumento comune per la ristrutturazione pubblica del debito, nelle ultime settimane i governi di otto Stati del Sud, più la Francia, hanno chiesto un ripensamento sulla condivisione del debito senza il quale la zona euro rimarrà all’interno della gabbia dell’austerità per i più e fonte di stagnazione economica per tutti.

In ritardo, ma a ragione, questi governi hanno chiesto l’emissione dei cd. “eurobond”: uno strumento di debito comune a lungo termine in grado di trasferirne una parte dagli Stati membri, assai indebitati, alla zona euro, che non lo è.

Questo dibattito è ormai sepolto, ucciso dalla decisione dell’Eurogruppo di fare affidamento

quasi interamente su nuovi debiti che ricadono direttamente sulle spalle degli Stati membri. L’unica concessione ai nove governi che suggerivano la condivisione del debito è che i nuovi prestiti del MES non avranno alcun vincolo. Questo è, ahimè, un abboccamento, poiché le condizioni arriveranno più tardi, quando le regole fiscali dell’eurozona torneranno ad operare.

Il messaggio di oggi a italiani, spagnoli e greci è il seguente: il vostro governo può prendere in prestito grandi somme dal fondo di salvataggio dell’Europa. Nessuna condizione. Riceverai anche un aiuto per pagare le indennità di disoccupazione dei paesi in cui l’occupazione regge meglio.

Ma, nel giro di un anno o due, mentre le vostre economie si riprendono, una nuova fase di austerità

sarà richiesta con adeguate misure per riallineare le finanze del vostro governo, compreso il rimborso delle somme spese per il sussidio di disoccupazione. Questo è equivalente ad aiutare i caduti ad alzarsi, per poi colpirli in testa quando rialzati.

L’UE è, ovviamente, molto più di un’area monetaria. È un progetto di pace, un regno di cultura condivisa, fonte di identità e opportunità per arginare il nazionalismo tossico.

Tuttavia, se le sue fondamenta economiche vacillano, potenti forze centrifughe già in gioco sono pronti a fare a pezzi l’unione. Il verdetto dell’Eurogruppo di giovedì, oltre ad essere da un punto di vista macroeconomico insignificante, è stato politicamente irresponsabile e una fantastica manna per gli Euroscettici in Europa, nel Regno Unito e alla Casa Bianca.

*Yanis Varoufakis è il co-fondatore di DiEM25 (Movimento per la democrazia in Europa) ed ex ministro delle finanze della Grecia

Testo originario tratto da The Guardian. Traduzione per Effimera di A. Fumagalli

 

 

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