Ci siamo: tra poche ore partiranno i tre giorni di incontri del World Congress for Climate Justice. Dal 12 al 15 ottobre il climattivismo di tutto il pianeta si troverà a Milano, tra le aule dell’Università Statale e il Centro Sociale Leoncavallo, con conferenza stampa di apertura alla Casa della Cultura e aperitivo di benvenuto per i delegati e le delegate a Piano Terra. Alex Foti, uno degli organizzatori, invita con passione a partecipare e a trovare insieme “il massimo comune multiplo per agire congiuntamente, pur nella diversità di lotte, identità, ideologie di riferimento”: “Bisogna liberare la terra dal capitalismo fossile, pena la sopravvivenza della specie. Di questo passo, già nel 2050-2070 i lutti si potrebbero contare a centinaia di milioni […] Davanti alle delegate e ai delegati del Congress la sfida più difficile: mettersi d’accordo per fare qualcosa di davvero grande. Che cosa può unire l’anarcoecologismo di Ursula Le Guin, l’ecomarxismo di Andreas Malm, il transfemminismo di Preciado, l’empirismo rivoluzionario di Hallam? Come può la tradizione operaista incontrare la prassi ecologista? Cosa vuol dire fare resistenza climatica planetaria e organizzare la lotta globale fra capitale fossile e lavoro precario (socialmente, esistenzialmente, biologicamente)? Come to the Congress and find out. Abbiamo assemblato le migliori menti e i più efficaci climattivisti e climattiviste del mondo per dar risposta a questi quesiti. Vi aspettiamo in Statale (venerdì e sabato) e al Leoncavallo (domenica). Let’s overthrow fossil capitalism!” Qui il programma completo.

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Mancano pochi giorni all’Internazionale Rivoluzionaria del Clima, più prosaicamente nota come World Congress for Climate Justice. Si terrà a Milano il giorno di Colombo, passando per un Venerdì 13 della sfiga climatica, e un sabato 14 e una domenica 15 ottobre (San Callisto e Santa Teresa c’informano gli organi d’informazione cattolico-episcopali – dopo che Bergoglio ha citato Donna Haraway nella sua enciclica sul clima a favore della disobbedienza civile sul clima, toccherà pure seguirli). In Statale e al Leo. Effimera ne ha già tanto scritto, ma mi ha chiesto un ultimo articolo di viatico. Sarà che sono prossimo all’esaurimento nervoso come gli altri sorelli e compagne coinvolt3 nell’organizzazione, ma qui vorrei esplorare intuizioni, visioni, ideologie che mi hanno portato a immaginare l’architettura del world congress. Hope it ain’t too boring.

La siccità ballardiana del ’22 con tutte le piante di Milano bruciate (e il Comune che diceva che non si poteva innaffiare!) produsse uno sgomento apocalittico in me che non mi ha più lasciato. La scelta etica che molt3 di noi hanno dovuto affrontare in questi anni è stata questa: ma kristo ci abbandoniamo al fatalismo da doom scrolling e lasciamo che la Terra diventi inabitabile, pur di assicurare profitti record a sei multinazionali del petrolio? Oppure ci ribelliamo, consci che la forza repressiva dello Stato connivente con la lobby fossile, l’oligarchia digitale e il capitalismo familiare si abbatterà su di noi in tutta la sua furia, perché ogni resistenza climatica per quanto non violenta viene vista come una minaccia all’ordine costituito? La seconda che hai detto, fratellu.

Ho iniziato a immaginare su Midjourney movimenti di liberazione della terra, internazionali ucroniche del clima, movimenti di ecoguerrigliere, comunità solarpunk, cascine bicicratiche, agroecologisti nella nuova guinea, assemblee postapocalittiche e albe di rivoluzione deep green. Friggevano sullo schermo le forze decoloniali della green anarchy, le/gli intellettuali autonomi transglobalisti, le legioni queer pronte a ricacciare i fasci fossili nel buco nero da cui sono usciti, antispecisti simbionti che resistono in santuari, difensori di foreste boreali e tropicali, personaggi immaginari ma soggetti reali di una trasformazione rivoluzionaria che può solo compiersi federando quante più soggettività possibili nell’assalto al capitale fossile che sta bruciando il pianeta. Pensate quello che vi pare, ma io il Congress l’ho sognato con l’AI.

Sono molte le visioni di liberazione ecologica che entreranno in contatto al Congresso e speriamo trovino la convergenza disperatamente necessaria, la mia però è solarpunk ed ecorivoluzionaria – per me la sfida è costruire una civiltà altra (pink, black, green – ecosociale, egualitaria, libertaria) che rispetti i vincoli posti dalla biosfera per salvaguardare noi e le altre specie da cui dipendiamo. Però io la immaginerei ispirandomi a Schismatrix di Sterling (sono un GenXer ergo per i Z un boomer, accusa iniqua li ho sempre odiati) dove i militant+ecologist Shapers si oppongno agli aristocratici Mechanists che sono per la total tech e la colonizzazione spaziale (ricordano qualcuno?). Sogno una città arborea con tecnologia ultralight, ma che sia una città, ché l’esperienza urbana è ciò che intendiamo per civiltà. Pace Coupat+Zerzan, le città si occupano, non si abbandonano, o peggio distruggono. Come dice Bookchin, sarà una civiltà bioregionalista. Come dice Georgescu-Roegen dobbiamo fare i conti con la termodinamica. Come dice Haraway, dobbiamo trovare un nuovo modo di convivere con gli animali per la biodiversità e la biosfera ma anche per essere umani in modo nuovo. Noi chi? La classe precaria! Però siamo nell’antropocene e la questione riguarda tutte e tutti. Prima però regoliamo i conti con quel 10% che ci sta ammanettando a un futuro di inferno carbonico.

Bisogna liberare la terra dal capitalismo fossile, pena la sopravvivenza della specie. Di questo passo, già nel 2050-2070 i lutti si potrebbero contare a centinaia di milioni. There’s no fucking time. We need to act. Fortunatamente dal 2018, Fridays for Future and Extinction Rebellion (e oggi Ultima Generazione e Scientist Rebellion, hanno dato vita a un vero movimento globale per la giustizia climatica. Ma i movimenti fondati da Greta Thunberg e Roger Hallam si trovano oggi di fronte a un’impasse. Da un lato il riformismo ONU di #fff è andato in fondo a un vicolo cieco, con lo stesso Guterres che dice siamo su una Highway to Hell (si vede che gli piacciono gli AC/DC) e che gli interessi fossili ci stanno bollendo vivi (vedi estate del ’23 e i suoi +40°C a Madrid, Roma, Atene). Alta fustigazione morale come quella del papa certo, ma anche profonda ammissione di impotenza. Il fatto è che a quindici anni dalla fondazione di 350.org le emissioni continuano a crescere, crescere, crescere. Greta ha smesso di marciare e si è messa a bloccare. Si è fatta portare via a Luetzerath, alla protesta di Ende Gelaende, le tute bianche autonome antifossili, contro l’estensione della miniera di lignite che si è mangiata l’ecovillaggio e le case sugli alberi dei black anarchici. Mentre i poliziotti si dimenavano nel fango colpiti dalla maledizione di un uomo in saio, si compiva l’incontro fra tradizione autonoma e climattivismo di nuova generazione. Dall’altro lato, la repressione ha colpito duramente i movimenti hallamiti, sia Just Stop Oil in UK, sia Lezte Generation in Germania; in Italia, Ultima Generazione è sottoposta a continue intimidazioni poliziesche e a diversi processi. Più in generale per il template per la rivoluzione climatica che Hallam ha di recente sviluppato in ore e ore di podcast necessita di mobilitazioni di massa come XR non è più riuscita a ripetere (a causa delle leggi repressive passate ad hoc) dopo gli exploit di Londra nel ’18-19.

La scommessa politica finora vincente sul profilo delle adesioni è stata quella di portare i veterani di Copenhagen 2009 (da Milano avevamo fatto 2 pullman per contestare il summit sul clima) e gli spazi sociali che si muovono sul fronte dell’ecologia a intrecciarsi con la nuova resistenza climatica, chiamando a raccolta collettivi di tutto il mondo. Al Piano Terra e a Ecolab, i luoghi del comitato organizzativo, si è praticata la convergenza fra anarcoautonomia ed ecologismo radicale che speriamo si realizzi su scala macro fra il 12 e il 15 ottore. L’enormità della sfida e l’ampiezza e profondità del programma del Congress hanno convinto (quasi) tutt3 le realtà che abbiamo invitato. Ci attendono giorni elettrizzanti a Milano, pur consci che la coltre cupa della guerra aleggia sul mondo seminando atrocità terribili.

Resta davanti alle delegate e ai delegati del Congress la sfida più difficile: mettersi d’accordo per fare qualcosa di davvero grande – trovare insieme il massimo comune multiplo per agire congiuntamente, pur nella diversità di lotte, identità, ideologie di riferimento. Parafrasando un bellissimo tweet di Extinction Rebellion che mette in relazione tutte le soggettività presenti al congresso, da Defend Atlanta Forest orfani di Tortuguita ucciso dalla polizia della Georgia il 18 gennaio agli ecosocialisti portoghesi di Climaximo, agli ecuadoriani di Yasunidos vittoriosi il 20 agosto nel referendum nazionale contro le trivellazioni petrolifere, alle attiviste e agli attivisti ugandesi in lotta contro la East African Crude Oil Pipeline di Total e cinesi, faccio lo stesso esercizio retorico: Che cosa può unire l’anarcoecologismo di Ursula Le Guin, l’ecomarxismo di Andreas Malm, il transfemminismo di Preciado, l’empirismo rivoluzionario di Hallam? Come può la tradizione operaista incontrare la prassi ecologista? Cosa vuol dire fare resistenza climatica planetaria e organizzare la lotta globale fra capitale fossile e lavoro precario (socialmente, esistenzialmente, biologicamente)? Come to the Congress and find out. Abbiamo assemblato le migliori menti e i più efficaci climattivisti e climattiviste del mondo per dar risposta a questi quesiti. Vi aspettiamo in Statale (venerdì e sabato) e al Leoncavallo (domenica). Let’s overthrow fossil capitalism!

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