Nel corso della campagna elettorale italiana si è assistito ad un aumento esponenziale della violenza di stampo razzista e fascista, sempre più comune e normalizzata. In seguito, se la formazione del ‘governo giallo-verde’ ha inizialmente provocato la preoccupazione dei mercati e la circospezione delle istituzioni europee, quello che era stato definito un governo ‘anti-UE’ e ‘anti-establishment’ sembra essersi rapidamente integrato nelle politiche di governance europea segnate dall’austerity e da una progressiva “stabilizzazione reazionaria.”[1] In questo contesto, si è pertanto creata un’ibridazione di misure neoliberali e politiche autoritarie/identitarie di estrema destra, dirette ad affermare rigide gerarchie e confini interni ed esterni, sulla base dei quali attivare nuovi spazi di accumulazione di capitale, sfruttamento e dispossessione. Si è dunque contratto e riarticolato il tessuto della cittadinanza, ponendo al centro il maschio bianco eterosessuale, alle spese soprattutto di donne, migranti e soggettività precarie. Tale contrazione è stata spesso attuata attraverso processi di ‘inclusione differenziale’, specialmente nel mercato del lavoro, che avvengono sulle linee del genere e della ‘razza’ oltre che della classe. Un’analisi delle forme di resistenza ad oggi praticate permette pertanto di mettere in luce la matrice trasversale di queste lotte di fronte alle sempre più pressanti reazioni riterritorializzanti in corso.

Per quanto riguarda le lotte femministe, risulta paradigmatico il lavoro svolto da Non Una di Meno, movimento che per la giornata dello sciopero globale dell’8 marzo e il successivo Congresso mondiale delle Famiglie dal 29 al 31 marzo, ha messo in campo “molteplici forme e pratiche”[2] di resistenza, dimostrando così la possibilità di eccedere le tradizionali forme di sciopero dal lavoro produttivo, evidenziando invece la natura spesso precaria ed invisibile del lavoro svolto dalle donne. Infatti, la matrice identitaria di questo governo ha messo ancor più in evidenza ciò che viene definito da Silvia Federici il ‘contratto sociale-sessuale’ alla base delle relazioni capitaliste, il quale confina le donne ad una forma di lavoro non considerata tale, quella riproduttiva, mettendo i loro corpi al servizio diretto dell’accumulazione di capitale. Il collegamento tra riproduzione biologica e accumulazione di capitale è stato al centro delle numerose campagne anti-abortiste degli ultimi mesi fino al suddetto Congresso delle Famiglie, giustificando esplicitamente la lotta contro l’aborto con la necessità, inter alia, di aumentare il tasso delle nascite come strumento di crescita economica.[3] Tale discorso, pertanto, sovrappone riproduzione biologica e sociale, intendendo poi la prima come una propagazione infinita dell’uguale, in cui come osservato da Helen Hester, solo poche persone vengono lodate per il loro ‘contributo alla nazione’, mentre molte altre hanno “un accesso drasticamente limitato al capitale sociale della genitorialità: i soggetti sfollati, razzializzati, impoveriti, queer e stigmatizzati di tutto il mondo.”[4]

Un ulteriore territorio di accumulazione di capitale è infatti la dispossessione della vita e del lavoro delle soggettività migranti. Nel decreto di ‘immigrazione e sicurezza’ (113/2018) emanato da Matteo Salvini – ed in diretta continuità con il precedente decreto Minniti-Orlando – sono stati infatti introdotti, in sostituzione alla protezione umanitaria, nuovi permessi di soggiorno per ‘casi speciali’, che nella maggior parte dei casi permetteranno di lavorare in Italia ma non di essere convertiti in permessi di lavoro alla loro scadenza. Attraverso questo apparente paradosso e frammentazione normativa, che provocheranno molto probabilmente una consistente transizione da lavoro legale a illegale (e dunque esposto a più rischi e ricatti) allo scadere dei permessi, sarà così possibile modulare l’ingresso d* lavoratori/trici nel mercato del lavoro in maniere che ne ottimizzino lo sfruttamento, sulla base di differenziali di ‘razza’ e classe. Congiuntamente, benché presenti forti spinte di riterritorializzazione, il presente governo non rinuncia a favorire le forme di accumulazione di capitale globale della logistica, tramite la criminalizzazione dei blocchi stradali presente nel suddetto decreto (113/2018), una delle principali forme di lotta d* lavoratori/trici del settore.

Si noti poi che lavoratori/trici migranti sono vastamente impiegati con contratti altamente precari nel settore logistico, il quale, come afferma Niccolò Cuppini, necessita di una forza lavoro deterritorializzata per massimizzare la propria capacità di sfruttamento[5]. Infatti, lungi dall’essere una neutra amministrazione di risorse, la nascita della logistica moderna viene fatta risalire da Stefano Harney e Fred Moten al commercio atlantico degli/delle schiavi/e, o più precisamente al tentativo della logistica stessa di sussumere la capacità sociale dell* schiav*[6]. Ed è questa resistenza, quello dell* schiav* a fondare la logistica ed ogni suo tentativo di bandire il tempo umano, trasformando lavoratori/trici in soggettività simili a robot[7]. L’impossibilità di appiattire il lavoro vivo sul lavoro astratto ha tuttavia creato lo spazio di resistenza che caratterizza le lotte dei lavoratori/trici di questo settore, contrassegnate dalla potenza eversiva della contingenza. Si guardi in tal senso alle numerose lotte avvenute nella valle del Po negli ultimi anni, che hanno direttamente attaccato le logiche di precarietà e flessibilità (si pensa alla stipula di contratti collettivi di prossimità che hanno invertito la restrizione delle tutele prevista dal Jobs Act e al risarcimento per mancato rinnovamento del contratto di numerosi/e lavoratori/trici) e di discriminazione di genere (ad esempio con la denuncia  – accolta in primo grado – di casi di molestie sessuali da parte di dirigenti di cooperative[8]).

L’analisi delle presenti forme di resistenza permette una comprensione delle linee di accumulazione e dispossessione e dell’epistemologia che viene ad oggi costruita a giustificazione di esse. Ad ogni modo, se ultimamente stiamo assistendo ad un aumento delle condizioni di sfruttamento parallelamente ad una contrazione del tessuto di cittadinanza e a spinte identitarie e riterritorializzanti, risulta fondamentale concludere, seguendo Federici, affermando che la presenza di lavoratori/trici sfruttati/e e non liberi/e è e rimane una condizione strutturale del capitalismo e dell’accumulazione di capitale[9].

 

Note

[1]Collettivo EuroNomade, “Dopo il voto: nella stabilizzazione reazionaria, costruire un campo sociale di contropoteri”, EuroNomade, 15 marzo, 2018, http://www.euronomade.info/?p=10430.

[2]“L’8 MARZO LA MAREA FEMMINISTA TORNA NELLE STRADE: NOI SCIOPERIAMO!”, 12 febbraio, 2018,

https://nonunadimeno.wordpress.com/2018/02/12/l8-marzo-la-marea-femminista-torna-nelle-strade-noi-scioperiamo/.

[3]Alessandra Arachi, “Lorenzo Fontana: «Le famiglie gay? Non esistono. Ora più bambini e meno aborti»”, Corriere della Sera, 2 giugno, 2018, https://www.corriere.it/politica/18_giugno_02/lorenzo-fontana-famiglie-gay-non-esistono-ora-piu-bambini-meno-aborti-abc3cae2-65d4-11e8-b063-cd4146153181.shtml.

[4]Helen Hester, Xenofemminismo, (Roma: Nero editions, 2018), 66-7.

[5]Niccolò Cuppini, Mattia Frapporti, and Maurilio Pirone “Logistics Struggles in the Po Valley Region: Territorial Transformations and Processes of Antagonistic Subjectivation,” The South Atlantic Quarterly, 114:1, (gennaio 2015): 130, DOI 10.1215/00382876-2831323.

[6]Stefano Harney and Fred Moten, The Undercommons: Fugitive Planning & Black Study, (Wivenhoe; New York; Port Watson: Minor Compositions, 2013), 92.

[7]Niccolò Cuppini, Mattia Frapporti, and Maurilio Pirone “Logistics Struggles in the Po Valley Region: Territorial Transformations and Processes of Antagonistic Subjectivation,” 122.

[8]https://www.infoaut.org/precariato-sociale/bologna-condanna-a-18-mesi-a-responsabile-mrjob/yoox

[9]Silvia Federici, “The reproduction of labour-power in the global economy, Marxist theory and the unfinished feminist revolution”, Caring Labor: an Archive, 25 ottobre, 2010, https://caringlabor.wordpress.com/2010/10/25/silvia-federici-the-reproduction-of-labour-power-in-the-global-economy-marxist-theory-and-the-unfinished-feminist-revolution/.

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