Pubblichiamo di seguito un’ampia sezione del capitolo introduttivo e l’indice del volume Resistenze ai disastri sanitari, ambientali ed economici nel Mediterraneo (DeriveApprodi, 2018), curato da Salvatore Palidda. 

Introduzione

Negli ultimi anni è notevolmente aumentata l’attenzione dell’opinione pubblica sui rischi di disastri sanitari e ambientali, e con minore intensità, su quelli economici (economie sommerse, lavoro nero, neo-schiavitù, evasione fiscale, corruzione, intrecci fra legale e criminale). Ciò è in parte dovuto alla diffusione delle informazioni sulle conseguenze dell’Antropocene

[1], ossia la nuova era geologica, a seguito della pubblicità del summit dei 195 paesi (COP21) a Parigi nel 2015 e dei cosiddetti cambiamenti climatici[2]. L’uso legittimo e soprattutto l’abuso di questo tema hanno fatto sì che le cause di tutte le diverse catastrofi e disastri in atto o imminenti siano attribuite a generici fattori “climatici” e all’intera umanità e non alle lobby del profitto a tutti i costi. Soprattutto, il discorso dominante impedisce di vedere e capire le connessioni sempre più strette e condizionanti tra fatti e aspetti spesso presentati ognuno come fenomeno a se stante. Per ciò, in questo libro cerchiamo di mostrare che, al contrario, esistono legami diretti e indiretti tra l’aumento della ricchezza e della povertà, tra la potenza delle lobby finanziarie e lo sfruttamento senza limiti di carbone, petrolio, nucleare e dei vari altri prodotti inquinanti e cancerogeni, tra la produzione di armamenti e nuove tecnologie, tra la riproduzione delle guerre permanenti, delle migrazioni «disperate» e i disastri sanitari, ambientali e il rischio di distruzione del pianeta Terra. Appare quindi opportuno chiamare tutto ciò il fatto politico totale che caratterizza l’attuale epoca storica[3].

Le autorità dei vari paesi, le lobby dominanti e l’opinione pubblica si dividono fra chi rifiuta la necessità di misure per la riduzione del rischio di catastrofi e chi invece segnala con sempre maggiore insistenza l’aggravamento del degrado dell’ecosistema del pianeta. Come vedremo, nei fatti non è solo Trump che ignora le preoccupazioni di un possibile disastro planetario; di fatto, questo leader dell’aberrante politica spazzatura e di quella parte dei ricchi parvenus che si chiudono in bunker armati con ogni sorta di gadget e sperano di poter fuggire su Marte o comunque di sopravvivere[4], guida la guerra totale contro l’umanità che considera “inutile” o usurata o “in eccesso” (in cui questi dominanti includono buona parte delle popolazioni più sfortunate anche dei paesi ricchi, quindi i poveri e i migranti); una guerra che comprende tutte le guerre, armate, finanziarie o “climatiche” (Weltzer, 2011). Mentre molti -a parole- dicono di voler “correre ai ripari”, la quasi totalità delle autorità pubbliche e i dominanti di tutti i paesi non si adoperano in alcun modo per cambiare scelte e comportamenti dannosi, ma spesso si spacciano per ecologisti pur continuando ad aggravare i rischi[5]. Si pensi fra altri alla Commissione europea che ha prorogato di altri cinque anni l’uso dei glifosati –erbicidi- persino contro il parere della maggioranza del Parlamento europeo, una decisione palesemente a favore della Bayer-Monsanto, cioè la più potente lobby che è riuscita ad ottenere anche il favore della Germania[6]).

Da oltre vent’anni –e in continuità con la riproduzione delle minacce di guerre sin dalla prima guerra mondiale, i dominanti usano sempre più la distrazione di massa, ossia il micidiale bombardamento pervasivo per terrorizzare il mondo agitando la minaccia del terrorismo o degli “stati canaglia” per legittimare le guerre permanenti e occultare le insicurezze che colpiscono la maggioranza della popolazione (quella che non ha tutele). Nei paesi ricchi, le autorità ostentano un ossessivo sistema di sicurezza “totale” … tranne che per la tutela della vita della maggioranza della popolazione di cui oltre dieci milioni l’anno muore di cancro e altre malattie da contaminazioni tossiche, incidenti sul lavoro, mancanza di cure adeguate o estenuati da condizioni di neo-schiavitù. Per queste vittime c’è tutt’al più solo la falsa pietas delle autorità per farne dei poveri disgraziati, sfortunati. Si nasconde così il fatto che solo una minoranza muore di morte naturale mentre la maggioranza muore di crimini commessi da imprese con la complicità delle autorità che innanzitutto negano la tutela dei lavoratori e della popolazione (cfr. infra).

Questo libro vuole essere soprattutto uno strumento per acquisire consapevolezza dei rischi sanitari, ambientali ed economici al fine di trovare le possibilità e capacità di agire collettivamente per tutelarsi. Siamo contrari sia a chi sostiene che non ci sia alcun pericolo per l’umanità, sia alle visioni catastrofiste e ai discorsi dell’elite della decrescita “felice” o “sostenibile”. Stiamo dalla parte delle popolazioni colpite da disastri sanitari, ambientali ed economici che cercano di opporsi, di sopravvivere e, a volte, provano a sperimentare qualche alternativa all’attuale assetto economico, sociale e politico. Come mostrano tante esperienze, è nella dinamica dell’azione collettiva delle resistenze che maturano anche i comportamenti corretti dei singoli come fatto socialmente condiviso; si ha allora il superamento degli illegalismi “di massa” tollerati dai dominanti per coprire i loro gravi crimini. Dopo una descrizione analitica dei principali rischi dei disastri prima accennati, raccogliamo qui il racconto di come una parte della popolazione e dei professionisti coinvolti cerca di resistere (per professionisti intendiamo quanti, tra ispettori ASL, ispettori del lavoro, medici, agenti della protezione civile, operatori delle forze di polizia, magistrati, scienziati della terra e di altre discipline, volontari e ONG –non a caso criminalizzati- agiscono in modo coerente nel rispetto della res publica e quindi dell’umanità). In effetti, dopo anni di ricerche sul governo della sicurezza e su diversi aspetti inerenti i vari disastri, siamo convinti che l’unica prospettiva valida sia la costruzione sociale delle possibilità e capacità di agire collettivo innanzitutto a livello locale da parte degli abitanti, dei professionisti, ricercatori e volontari. Se in diversi casi è stato possibile denunciare senza smentite le cause dei disastri sanitari, ambientali, le economie sommerse e le neo-schiavitù e si è riusciti a tutelare le vittime di tali disastri, è stato grazie a tecnici, esperti, medici, ricercatori e operatori delle agenzie di prevenzione e controllo che si sono impegnati a fondo a fianco delle vittime.

Questo impegno ricorda quello delle persone che hanno perso persino la vita nella lotta alle mafie (si pensi in primo luogo alle decine di sindacalisti assassinati dai mafiosi spesso con la copertura della parte connivente delle forze di polizie (vedi Santino 2008). I disastri sanitari, ambientali ed economici sono crimini contro l’umanità in cui sono spesso coinvolti mafie e servizi segreti deviati al servizio di poteri economici forti e dei loro referenti politici e istituzionali. La battaglia dei lavoratori contro le mafie è stata spesso brutalmente repressa e ha fatto numerosissime vittime (spesso ignote) e lo stesso avviene nelle lotte per la salute, l’ambiente e contro le economie sommerse e le neo-schiavitù (nei paesi delle delocalizzazioni come la Cambogia, ma anche in Europa e in Italia -ricordiamo i reportage di Leogrande). Fra altri, si pensi anche al poliziotto Roberto Mancini che scoprì il crimine della “terra dei fuochi” (e morì contaminato) o al capitano De Grazia assassinato –come Alpi e Hrovatin in Somalia- perché indagava sulle navi dei rifiuti tossici colate a picco attorno alla Calabria. Vittime di mafie, bande criminali e servizi segreti deviati che difendono la libertà di distruzione e devastazione. Nei fatti, ancor più che in passato, la corsa al profitto a tutti i costi passa per le guerre, le neo-schiavitù, il genocidio, cioè la necropolitica neoliberista[7].

Le Resistenze che qui vogliamo valorizzare stanno sostenendo una lotta titanica erede di quella contro il colonialismo e il razzismo, di quella per i diritti fondamentali nel XIX e XX secolo, di quella contro le guerre e i totalitarismi e ancora dopo contro le violenze e gli eco-genocidi praticati sempre dagli stessi dominanti che oggi riproducono le guerre permanenti, il terrorismo, le mafie e il crimine contro l’umanità e l’intero pianeta.

La Resistenza di oggi ha bisogno di superare la separazione dei saperi e delle professioni e la distanza fra questi e la popolazione; una separazione che è negazione dello sviluppo delle conoscenze (che nel Rinascimento praticavano i Leonardo e Galileo) e che s’è imposta con l’avvento dello stato moderno e dell’industrializzazione assoggettata al profitto. È appunto lo sviluppo della ricerca scientifica non asservita alle applicazioni per il profitto a tutti i costi che può salvare l’umanità e il pianeta, quindi un’organizzazione politica della società che rispetti la res publica intesa anche come rispetto dei diritti universali di tutti gli esseri umani.

Senza alcuna illusione, cerchiamo qui di mostrare che solo la collaborazione fra tutti i professionisti e la popolazione attiva può favorire anche il superamento degli illegalismi tollerati e della corruzione che in tanti casi alimentano i suddetti rischi[8] e la diffusione di comportamenti nocivi, vanificando l’azione delle agenzie di prevenzione e controllo. Ma va ricordato anche che la prevenzione può essere efficace solo a seguito del risanamento che fa parte della costruzione di alternative praticabili e coerenti con un assetto ecologico sano e il rispetto dei diritti fondamentali di tutti.

Proprio il mondo euro-mediterraneo è l’area del pianeta a più alto rischio. Da decenni i dati degli studi più seri sui diversi aspetti della situazione del Mediterraneo sono molto allarmanti (vedi capitolo di Torre). L’Unione europea, tuttavia, si limita a discorsi e programmi alquanto inutili o, peggio, favorevoli solo a chi ne trae profitto. Così, oltre allo smaltimento e al traffico criminale dei rifiuti tossici e non, il business del XXI secolo punta anche a una pseudo blue economy e a promuovere i diversi dispositivi e prodotti detti ecologici, dalle pale eoliche, ai pannelli fotovoltaici, dalle merci legittimate da dubbi marchi “biologici” a tanti altri progetti che sostengono di salvare il pianeta[9]. Così le lobby finanziarie che si sono «colorate di verde» in occasione del summit di Parigi del 2017, continuano a mantenere i loro investimenti nelle imprese che bruciano carbone e petrolio e in quelle del nucleare, della petrolchimica e nelle diverse attività che sono la causa della diffusione dei tumori e dei disastri del pianeta. Si pensi, per esempio, alle promesse mai mantenute dopo la catastrofe di Fukushima e alla lobby del nucleare che incentiva lo sfruttamento criminale o anche ufficialmente legittimato delle miniere di uranio in Africa, lobby che in Francia sostiene di poter garantire 250 nuove centrali nucleari[10].

Inoltre, mentre si cancellano le responsabilità delle attività che provocano cancro, il discorso dominante sponsorizza la versione alla moda di una resilienza psicologizzante che di fatto scarica sugli individui le responsabilità della cattiva gestione dei rischi («è colpa dei comportamenti malsani degli uni e degli altri»); si sabota così la dinamica dell’azione collettiva, l’agire pubblico, cioè le Resistenze.

Ma, ricordiamolo, le resistenze possono conquistare anche vittorie significative[11], sebbene a volte solo parziali, grazie alla collaborazione con operatori delle agenzie di prevenzione e controllo e con i ricercatori delle varie discipline che imparano a parlarsi e a lottare con gli abitanti. Le possibilità e capacità di agire collettivo volte a scongiurare o quantomeno ridurre la catastrofe planetaria sono ancora limitate, ma è possibile raggiungere buoni risultati anche nello spazio euro-mediterraneo (fra tanti, si prenda esempio dalla popolazione NOTAV della Val Susa). E’ però necessario superare l’eurocentrismo che influenza anche l’area cosiddetta ecologista e della decrescita. È opportuno pensare alla riconversione radicale di tante attività che producono disastri (industrie petrolchimiche, nucleari, di armamenti, e tutte quelle che provocano danni sanitari, ambientali ed economici, fra cui migrazioni forzate e neo-schiavitù); occorre elaborare progetti per uno sviluppo effettivamente ecosostenibile e rispettoso dei diritti fondamentali di tutti, cosa peraltro assolutamente indispensabile per i paesi più disastrati.

Siamo di fronte al più gigantesco fatto politico totale della storia dell’umanità e l’unica prospettiva possibile sta nel riuscire a costruire la capacità dei terrestri di condividere il terreno della vita, ossia ciò da cui tutti gli umani dipendono. Si tratta quindi di affrontare la questione geo-politica[12] (che comprende quindi l’esistenza stessa dell’umanità) con la nuova e più grande mobilitazione collettiva della storia, ancora più vasta e generalizzata di quanto furono le lotte contro il colonialismo e il razzismo, contro le guerre e i totalitarismi e per i diritti fondamentali di tutti gli esseri umani che potranno essere rispettati solo in un pianeta liberato dal dominio del profitto a tutti i costi. Non a caso le mobilitazioni contro i summit G8, G7 o G20 sono sempre ferocemente osteggiati dai dominanti che le considerano la più grave minaccia alla loro continua accumulazione di ricchezza e potere.

Sintesi del libro

Il libro propone un quadro analitico dei disastri sanitari-ambientali ed economici, in particolare in alcuni paesi dell’area euro-mediterranea (Turchia, Francia, Spagna, Tunisia e Italia) delineando così il progetto di ricerca e sperimentazione che si intende realizzare nei prossimi anni, rinnovabile anche in futuro. I testi qui riuniti si rifanno ai risultati di diversi anni di ricerca svolta dagli autori e da altri ricercatori e professionisti di diverse discipline. Questo lavoro è infatti il seguito delle ricerche critiche svolte dal 1990 su diversi aspetti del governo della sicurezza. Proprio in virtù di questa lunga esperienza ci siamo accorti di essere stati a nostra volta fuorviati dalla distrazione di massa dei discorsi dominanti (favorevoli e critici a questo governo)[13]: non avevamo compreso che la più grave conseguenza della concezione e delle pratiche della sicurezza perseguita a livello mondiale, europeo, nazionale e locale era ed è l’occultamento della proliferazione delle “insicurezze ignorate” e delle loro vittime (tema oggetto del nostro precedente libro Governance od Security and Ignored Insecurities in Contemporary Europe, 2016).

Tali insicurezze derivano appunto dai rischi di disastri sanitari-ambientali ed economici a cominciare dalla diffusione dei tumori e di altre malattie che ogni anno provocano oltre dieci milioni di morti a livello mondiale (ma le statistiche ufficiali sulla mortalità riducono le cifre e indicano cause diverse, come se non si trattasse sempre degli effetti nefasti di contaminazioni da sostanze tossiche o di invivibili condizione di lavoro e di vita –vedi capitolo III). Catastrofi industriali spesso prevedibili, disastri dovuti al mancato rispetto della sicurezza in abitazioni, luoghi di lavoro ecc. (si pensi alla tragedia della Grenfell tower), il continuo inquinamento provocato da tante attività, dalla radioattività (anche da siti militari) oltre che dell’aria, dei terreni e degli alimenti: sono tutti crimini che uccidono, cioè la necropolitica del liberismo dominante. A questo si aggiungono gli incidenti sul lavoro e le cosiddette malattie professionali non sempre riconosciute tali e le vittime delle cosiddette catastrofi naturali (alluvioni e terremoti) in assetti devastati da speculazioni immobiliari o grandi opere o diventati del tutto vulnerabili di fronte a tali eventi.

Queste insicurezze ignorate si sommano anche alle conseguenze delle economie sommerse che si alimentano di neo-schiavitù di cittadini europei e immigrati e arrecano anche notevole danno ai contributi sociali e fiscali producendo corruzione e intrecci fra legalità e criminalità. Tutti i governi sostengono di voler combattere le economie sommerse e di voler prevenire i vari disastri, ma, come vedremo in questo libro, ben poco e spesso nulla è effettivamente praticato per tale scopo. Le agenzie di prevenzione e controllo, fra le quali anche le forze di polizia e la magistratura, sono “distratte”, dirottate solo su alcune o persino su false insicurezze, o messe in condizione di non potere agire e altre volte corrotte.[14] Così, le vittime delle economie sommerse molto spesso non possono contare su alcuna tutela. I dispositivi e le forze del governo della sicurezza oggi in auge sono infatti destinati quasi unicamente alle insicurezze manipolate per produrre consenso a un potere che occulta le insicurezze che colpiscono la maggioranza della popolazione. Il governo della sicurezza che si pratica dagli anni Ottanta di fatto “esalta” solo le vittime del terrorismo e della criminalità per giustificare spese sempre più ingenti per la sicurezza di “comodo”, mentre occulta le morti per disastri provocati da attività criminogene legittimate da quasi tutti i governi perché assicurano profitti per i dominanti. Inoltre, la corruzione e persino i crimini da parte di membri della burocrazia della pubblica amministrazione e in particolare delle forze di polizia godono di fatto dell’impunità, quasi di un diritto di commettere reati[15]. Per la prevenzione sanitaria, per le bonifiche delle aree cancerogene, cioè per la sicurezza sanitaria e ambientale non solo non si allocano mai fondi sufficienti, ma si impongono tagli criminali (già nel 1998 nell’UE -allora di soli 15 paesi- furono recensiti 750 mila siti contaminati[16]).

Buona parte delle popolazioni vittime del lento ma inesorabile massacro causato dalla scelta ricattatoria fra “lavoro e salute” ha ormai compreso che di fatto si muore di lavoro e di inquinamento fuori dal lavoro. La contrapposizione tra due diritti fondamentali sanciti dallo stato di diritto democratico, ovvero il lavoro, in regola e quindi tutelato in tutti i sensi, e la salute, in quanto diritto alla vita, garantita sempre e per tutti, è un crimine provocato dai poteri economici e dalle autorità pubbliche complici. Negli ultimi decenni, tuttavia, l’opinione pubblica è stata indotta a credere che sono i lavoratori e una parte della popolazione a contrapporre questi diritti e ciò anche perché le vittime non vengono aiutate a smascherare l’occultamento di questo e tutti gli altri crimini contro l’umanità. È allora particolarmente importante valorizzare la ricerca del superamento della divisione dei saperi e delle conoscenze nonché la collaborazione attiva e costante fra tecnici, esperti, ricercatori e la popolazione in lotta per la salute, l’ambiente e condizioni di vita e di lavoro sicure e dignitose.

Questo volume non si limita a descrivere la tragedia dei disastri prima citati, ma propone anche una prospettiva che ci sembra l’unica praticabile: la resistenza come costruzione sociale a partire dal livello micro-sociologico di una gestione dei rischi a cui partecipino tutti i professionisti e ricercatori nei diversi campi della conoscenza e gli abitanti consapevoli della necessità di mobilitarsi per salvare se stessi e il futuro dell’umanità.

Indice del volume. Prima parte: La conoscenza critica per salvare il mondo mediterraneo. Capitolo I. Storia sociale e realtà dell’eco-genocidio: un fatto politico totale (Salvatore Palidda). Capitolo II. Il rischio nel mondo Mediterraneo (Salvo Torre). Capitolo III: Ipocrisie e ambiguità delle autorità sanitarie e delle statistiche epidemiologiche (Salvatore Palidda). Seconda parte: studi di caso di alcuni paesi.  Capitolo IV: Turchia: «249 contro 301». Ossessione sicuritaria e rassegnazione organizzata nell’affrontare i rischi ambientali, sanitari ed economici: il caso turco (Jean François Pérouse e Sümbül Kaya). Capitolo V. Inquinamenti, impatti sanitari e delinquenze d’imprese in Francia (Laurent Mucchielli). Capitolo VI. I rischi sanitari e ambientali in Spagna e la resistenza in diverse città.  Capitolo VII. Movimenti per la salute, l’ambiente e la dignità in Tunisia (Zoé Vernin). Capitolo VIII. I rifugiati siriani in Giordania nei campi e fuori dai campi (Kamel Doraï). Terza parte: i casi italiani emblematici del mondo mediterraneo. Capitolo IX. I Vajont: la riproduzione criminale delle stragi di stato (Lucia Vastano). Capitolo X, Cambiare aria/l’inquinamento atmosferico (Vittorio Sergi). Capitolo XI, Petrolio: croce e delizia. Parabole del capitalismo nel corridoio industriale siracusano (Mara Benadusi). Capitolo XII. Come fare di un terremoto la sperimentazione dello “stato d’emergenza o d’eccezione” e delle pratiche più funzionali al neoliberismo (Antonello Petrillo). Capitolo XIII. L’impunità della strage da amianto: tra legislazione e giurisprudenza (Stefania Ferraro). Capitolo XIV. Discariche, terre dei fuochi, business dei rifiuti e repressione per il business del XXI secolo (Anna D’Ascenzio). Capitolo XV. Un apparato militare per produrre guerre, cancro e bastonate a chi protesta (Antonio Mazzeo). Capitolo XVI. Quirra e quasi tutta la Sardegna alla mercé dei giochi militari che danno morte ed emigrazione ai sardi (Luca Manunza). Capitolo XVII. Quali insegnamenti trarre dagli studi su antropocene, capitalocene, necropolitica … per la Resistenza ai disastri ed elaborare alternative? Conclusioni (Pensare e costruire alternative con le Resistenze). 

 

Note

[1] Vedi innanzitutto Crutzen (2005); https://www.nature.com/news/anthropocene-the-human-age-1.17085; Latour (2015) e le sue conferenze in inglese e francese su youtube.

[2] La ricerca sul web della parola-chiave COP21 dà quasi 6 milioni di risultati; quella su “cambiamenti climatici”, in inglese 14 milioni e 300 mila; in cinese semplificato circa 10 milioni; in francese più di 5 milioni, in spagnolo oltre 3 milioni e 700 mila; in italiano poco più di un milione e mezzo. Sul COP21 cfr. https://350.org/. Il celebre appello Crime climatique STOP! (titolo anch’esso assai discutibile).

[3] Questo concetto è una reinterpretazione del fatto sociale totale elaborato da Marcel Mauss come superamento del meccanicismo di Durkheim (Palidda 2016).

[4] Evan Osnos, Some of the wealthiest people in America—in Silicon Valley, New York, and beyond—are getting ready for the crackup of civilization, The New Yorker, https://www.newyorker.com/magazine/2017/01/30/doomsday-pr…

[5] L’importante riflessione proposta da Sabina Loriga e altri a proposito dei “traumi storici” (https://www.politika.io/fr/notice/du-trauma-historique ) è stimolante anche per la ricerca su come le autorità e i dominanti riescano sempre a ignorare i fatti più terribili dall’inizio del XX sec. e riprodurne simili.

[6] Cfr. http://www.repubblica.it/ambiente/2017/11/27/news/glifosato_ok_stati_membri_a_rinnovo_per_5_anni-182314024/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P10-S1.6-T1. Da notare, en passant, che la Francia e l’Italia, che pure hanno espresso voto contrario sull’impiego dei glifosati, in realtà continuano ad autorizzare questi veleni cancerogeni: la Francia promette di vietarli fra tre anni e l’Italia per ora li autorizza in alcuni terreni. http://www.lemonde.fr/planete/live/2017/11/27/en-direct-l-union-europeenne-statue-sur-la-prolongation-du-glyphosate_5221023_3244.html.

[7] Come suggerisce Mbembe, 2016, riferendosi a Foucault a proposito della capacità del potere di decidere chi può vivere e chi deve morire; cfr. un estratto qui http://operaviva.info/necropolitica/.

[8] Sugli illegalismi con rif. a Foucault (1975) vedi Fischer, N. e Spire, A. (a cura di) 2009, “Etat et illégalismes”, Politix, 3, 87, http://www.cairn.info/revue- politix-2009-3.htm e il cap. XIXX e Palidda (2016 e 2017)

[9] Per le denunce del falso biologico o falso etico si veda qui.

[10] Vedi: https://www.youtube.com/watch?v=vdViAbrumT0;  Asadho/Katanga, 2009, “Mine uranifère de Shinkolobwe : D’une exploitation artisanale illicite à l’accord entre la RD Congo et le groupe nucléaire français AREVA”, http://protectionline.org/fr/2009/08/28/rapport-de-asadho-mine-uranifere-de-shinkolobwe-d%C2%92une-exploitation-artisanale-illicite-a-l%C2%92accord-entre-la-rd-congo-et-le-groupe-nucleaire-francais-areva/; M.me Lauvergeon, presidente di Areva, la seconda multinazionale del nucleare, vanta di poter assicurare la construzione di 250 nuove centrali nucleari; dopo Fukushima i contratti di sfruttamento delle miniere da parte di Areva sono presto stati rinnovati (vedi gli articoli pubblicati a tale proposito da Médiapart: https://www.mediapart.fr/search?search_word=Areva&sort=date&order=desc

[11] Vedi fra altri i molto utili volumi di Tartaglione e Balza, eds. (2015) e di M. Boato (2017), la riuscita della lotta di Vado ligure contro la Tirreno Power e tante altre lotte a volte “piccole” ma significative anche negli altri paesi europei.

[12] Le parole in corsivo sono riprese da Latour (2017); lascia perplessi la sua tesi di una soluzione che passerebbe da un superamento della contesa destra-sinistra e locale-globale in nome della presa di coscienza della posta in gioco del Terrestre.

[13] Si vedano in particolare le ricerche europee Migrinf, Elise, Remsh, Ramses, Challenge, Crimprev e altre ancora citate anche qui http://revistes.ub.edu/index.php/CriticaPenalPoder/article/download/20385/22504.

[14] In tutti i paesi c’è un evidente aumento dei reati dei “colletti bianchi”, banche, imprese, politici e burocrati dello stato: è appunto il risultato del trionfo del neoliberismo. A proposito del sabotaggio della lotta alla corruzione, si veda la clamorosa la denuncia degli operatori della polizia francese che si occupano di tali reati, sabotaggio con forte riduzione di personale e mezzi Cfr. https://www.mediapart.fr/journal/france/270317/manque-de-moyens-deconsideration-et-pressions-la-colere-inedite-de-la-police-anticorruption. In Italia l’opera dell’ANAC o della magistratura ordinaria è inevitabilmente assai poco efficace proprio perché si limita a un controllo formale e comunque non fa parte di una profonda bonifica delle diverse attività semi-illecite o criminali e quindi la loro regolarizzazione passando per l’effettiva tutela continua delle vittime in particolare quando si tratta di economie sommerse.

[15] Cfr. http://revistes.ub.edu/index.php/CriticaPenalPoder/article/download/20385/22504; https://www.academia.edu/33907505/Violenze_e_tortura_nel_frame_delle_guerre_permanenti_della_postmodernit%C3%A0_liberista

[16] Cfr. Programma della Commissione Europea dell’Ambiente e Clima, http://www.commonforum.eu/Documents/DOC/Caracas/caracas_publ1.pdf. Secondo l’agenzia Ispra del Ministero dell’Ambiente, sulla base dei criteri stabiliti dalla Comunità europea (direttiva Seveso 96/82/CE) in Italia ci sono 57 siti d’“interesse nazionale” che dovrebbero essere bonificati in priorità, ma in totale i siti contaminati sono più di 15mila e 4.300 quelli che sono già stati oggetto di analisi che ne provano la tossicità http://annuario.isprambiente.it/; vedi anche Legambiente. Una vasta rassegna dei documenti di istituzioni ufficiali internazionali e nazionali e di ONG e anche dei numerosi a volte eccellenti video-reportage sui diversi disastri e fatti salienti di questi ultimi 20 anni si trova in Palidda 2016a e 2016b.