La forza lavoro è uno scrigno che contiene una potenza ed è la facoltà più importante della vita attiva. Per il capitalismo è la “merce” più preziosa. La sua origine non è la mercificazione di una capacità, ma l’essere potenziale di una vita. La forza lavoro come espressione del corpo-mente individuale e collettivo è l’assunto iniziale per tornare a interrogare la folgorante intuizione di Karl Marx.
Esistono diverse definizioni di “forza lavoro” nell’opera di Marx. Ragiono sulla definizione presente ne Il Capitale:
“Per forza lavoro o capacità di lavoro intendiamo l’insieme delle attitudini fisiche e intellettuali che esistono nella corporeità, ossia nella personalità vivente di un uomo In questa definizione abbiamo, da un lato, la capacità di lavoro che si vende sul mercato; dall’altro lato, la facoltà che permette di produrre “valori d’uso di ogni genere”, l’insieme di capacità e facoltà che forma la “personalità vivente” collocata nella “corporeità” di ogni essere umano, indipendentemente dal suo sesso, lavoro, nazionalità, professione o ruolo sociale. Questo insieme di facoltà E capacità – la forza lavoro – è disgiunto dal Capitale. Vendendo la sua forza lavoro, il soggetto si separa dalla capacità, ma non perde la facoltà della forza lavoro che mette “in movimento”. Nella forza lavoro coesistono dunque, in maniera contraddittoria, stati diversi. Anche per questo Marx parla di duplicità della forza lavoro. La figura logica che permette di concepire questa contraddizione in atto è la sintesi disgiuntiva: Nella sintesi disgiuntiva la separazione si ricompone nell’unità, l’unità si riproduce nella disgiunzione delle parti. Si tratta di un’unità non omogenea, nel senso che si apre costantemente a concatenazioni imprevedibili. La concatenazione avviene in questo modo: la forza lavoro è questo e anche l’altro, è l’altro oltre che questo, è la rottura e il ricongiungimento, la disgiunzione e la ricongiunzione, in momenti diversi e contrapposti. E così via, all’infinito, si compongono sempre nuove sintesi. In questo rapporto disgiuntivo e congiuntivo, il soggetto, l’oggetto e il contesto in cui sono inseriti si ricombinano e si trasformano continuamente. Una facoltà politica Per comprendere questo modo di individuarsi della soggettività torna molto utile un altro elemento della filosofia della forza lavoro. Marx, infatti, dimostra la priorità politica, ontologica, etica, produttiva della forza lavoro – come facoltà di produrre tutti i valori d’uso – sulla forza lavoro intesa come forza produttiva del capitale, cioè manodopera. Nel rapporto di capitale viene prima la forza lavoro poi il capitale in un continuo rapporto di forza. Il soggetto non è solo una maschera, né solo un individuo, né solo un prodotto sociale. Va inteso anche come la forma primaria della lotta di classe. Questa lotta è politica e investe il soggetto e gli elementi corporei, morali, storici che compongono la forza lavoro. La forza lavoro è il soggetto e il prodotto di un conflitto. La forza lavoro è dunque una facoltà che sviluppa un’etica politica: Questa facoltà va considerata come la facoltà delle facoltà che mette in moto tutte le altre a disposizione del soggetto. Non è il vertice di una gerarchia tra facoltà dell’essere umano, ma è la messa in attività di tutte, contemporaneamente. Il modello è quello indicato da Spinoza: non c’è gerarchia, ma parallelismo delle facoltà del corpo e della mente che esprimono lo stesso conatus, ovvero la potenza della vita di produrre ogni valore d’uso. Questa contemporaneità è reale da quando esiste il capitalismo. Per la prima volta nella storia, tutte le facoltà dell’essere umano sono mobilitate. Purtroppo, verso un fine che è l’opposto della felicità o della beatitudine derivante dalla conoscenza di Dio, come invece vorrebbe Spinoza. Le facoltà sono espropriate e oggettivate in capacità alienate. Questo accade nelle teorie del capitale umano e, in maniera opposta, nelle teorie lavoriste del lavoro. 1) Nel primo caso, l’espropriazione delle facoltà avviene attraverso l’antropomorfosi del capitale, ovvero l’umanizzazione del capitale e la capitalizzazione dell’umano, definita da Cristina Morini. 2) Nel secondo caso, si manifesta nella contraddizione del contratto (di lavoro) che protegge la persona e, allo stesso tempo, ufficializza la sua subordinazione in un rapporto di potere. La filosofia della forza lavoro a cui sto lavorando, invece, rovescia queste forme dell’(auto)sfruttamento – che possono essere contemporanee e intrecciate. Svincola la forza lavoro dalla teleologia del lavoro e dalla totalizzazione del capitale. Afferma la possibilità di un divenire non contenuto nel lavoro che si fa o nel capitale che si è costretti ad essere. Tale possibilità è il frutto di un esercizio, di una prassi e di una disposizione etica, di una sperimentazione politica capace di sviluppare in maniera imprevedibile la potenza di essere così e altrimenti. Questo è l’obiettivo della filosofia della forza lavoro: Sesso, razza, classe La forza lavoro si manifesta in un pluriverso di rapporti di potere: i rapporti di classe, di razza e di sesso. In quanto facoltà politica della soggettività va intesa nell’intersezione delle norme giuridiche, economiche e sociali che sviluppano la soggettività in una forma subordinata. La soggettività non è riducibile ai rapporti di dominio che la compongono, per la stessa ragione per cui essa non è contenuta interamente nel lavoro e nel capitale umano. Anche quando si affronta l’analisi dei fattori che costituiscono l’identità degli oppressi, non legata direttamente allo sfruttamento economico, ma pur sempre condizionato da esso, vale sempre lo stesso ragionamento: viene prima la facoltà delle facoltà di una soggettività e poi la struttura che la mette al lavoro, la sfrutta, la violenta. Questo rovesciamento risponde a una priorità politica, etica ed economica. Senza considerare tale priorità della forza lavoro rischiamo di rappresentare lo sfruttamento come dimensione totalizzante e insuperabile e il soggetto come un individuo ridotto all’identità dell’oppresso. La soggettività è in primo luogo la manifestazione della possibilità di essere diverso da quella che è. Senza tale possibilità non si può parlare di soggettività. Tale possibilità non è un’opzione di principio, né della volontà. È una differenza. La forza lavoro è l’espressione di una differenza tra il dominante e il dominato. La differenza è ciò che mette al mondo il mondo. In quanto tale si afferma già, costitutivamente, nel dominio. Il potere è scaturigine della differenza. Così come la differenza è generatrice di chi si sottrae al potere. In generale noi diciamo che la differenza Quando il dominato comprende dentro e fuori di sé la differenza Questa rinascita politica – io, sfruttato/a sono così, e contemporaneamente, altro – si spiega con la duplicità della forza lavoro: Questa duplicità nasce quando il soggetto usa tutte le sue facoltà e entra in contatto con la forza agente incarnata nel suo corpo e nella mente, nella sua “personalità vivente”. Tale forza gli permette di rovesciare la sua alienazione e di superarla in un processo aperto di cui non conosce la fine. In altre parole, libera le sue potenzialità e diventa ciò che non è possibile prevedere all’inizio. Questo processo non è individuale, ma è collettivo. La forza lavoro, intesa come facoltà, è sociale e cooperativa. Questo significa che, quando inizia ad agire politicamente, diventa una risonanza che inizia a manifestarsi quando si inizia ad agire di concerto – non importa se in maniera consonante o dissonante. Il concerto è un agire collettivo organizzato, come l’orchestra, e può esprimersi in forme casuali e imprevedibili. Lo attesta la musica contemporanea: Stockhausen, ad esempio. Politica significa mettere in musica la potenza di essere così e altrimenti che si esprime in ogni essere umano. Epistemologie critiche del dominio La presenza di Marx nei diversificati pensieri critici del dominio – il pensiero femminista, intersezionale, quello antirazzista, il pensiero postcoloniale e quello della liberazione dei subalterni, il marxismo e le sue forme più eterodosse e meno legate all’economicismo – è legata alla teoria dello sfruttamento e a quella del capitale. Da questo punto di vista la sua centralità è indiscutibile. Il contributo principale dei saperi critici è stato quello di rendere plurale il concetto della classe di Marx eliminando la potente suggestione di un soggetto politico universale. Tuttavia, Marx non è solo il filosofo dell’alienazione, né solo quello del capitale, ma è anche quello della forza lavoro. La mia ipotesi di lavoro è che, sia pure in maniera forse poco meditata, esista nelle pieghe di questi discorsi anche l’intuizione di una dimensione raramente indagata, della filosofia marxiana: quella della liberazione politica. Gli elementi necessari per questo scopo possono essere senz’altro individuati negli scritti giovanili, quelli giornalistici e nelle lettere. E ci sono senz’altro nel Capitale e nei Grundrisse. Da una lettura matura di questi testi è possibile trarre l’ispirazione etica e politica – comune sia al marxismo che alle filosofie della liberazione che si sono poste il problema – di una vita sussunta dal capitale e che si dà nel capitale e contro di esso. Questa compresenza conflittuale della forza lavoro – il suo essere dentro e contro il capitale (umano) – non può essere compresa senza la filosofia della forza lavoro e la sua duplicità. Possiamo arrivare a una tesi generale: Il pensiero femminista ha dimostrato la simultaneità dello sfruttamento di genere, sessuale e di classe prodotto dalla divisione capitalistica della produzione e dalla divisione razziale del lavoro riproduttivo. Produzione e riproduzione della forza lavoro sono processi coordinati e molteplici che modificano le definizioni di femminilità e mascolinità, di lavoro e di non lavoro; le condizioni della vita familiare e quelle associate. È ampiamente riconoscibile il progetto di rendere praticabile una capacità di agire al di là della vita sfruttata, al lavoro o identificata con il capitale umano. In questo pensiero si cerca di superare la figura costruita socialmente della soggettività subordinata, razzializzata, etnicizzata, sfruttata per divenire un altro soggetto che lotta dentro i rapporti di potere che lo costituiscono così com’è per diventare altro da sé. È l’applicazione di quell’idea di Marx per cui Tale produzione è pensabile solo se si costituisce nell’immanenza delle sue condizioni storiche. Questo non significa rassegnarsi ad usare solo ciò che esiste. Spesso il soggetto non ha nulla a disposizione, se non la sua identità di sfruttato. Significa trovare i modi, e le forme (politiche, giuridiche, etiche) per aprire questa condizione di minorità in cui versa la forza lavoro all’imprevedibile uso di quella che Marx ha definito la “personalità vivente” della forza lavoro. Multiposizionalità Questa visione è presente anche nel femminismo contemporaneo. Ad esempio, nella critica che la femminista francese Elsa Dorlin ha rivolto all’americana Kimberle Crenshaw. Dorlin ha proposto di interpretare il concetto di intersezionalità, proposto da Crenshaw, nei termini di una multiposizionalità del soggetto rispetto a sé stesso e al mondo. La differenza tra l’intersezione e la multiposizione consisterebbe nel fatto che la prima finisce per considerare i rapporti sociali nei termini di settori di interventi isolati e fissi; la seconda considera invece le posizioni in termini storici e dinamici, in perpetua evoluzione, oggetti di continua rinegoziazione. La soggettività è il risultato di questo multiposizionamento in diversi conflitti in cui essa è inserita, e di cui essa è il prodotto. L’apporto di questa analisi alla filosofia della forza lavoro è decisivo: non esiste una contraddizione principale, o secondaria, tra classe, razza e sesso. In base all’idea della sintesi disgiuntiva possiamo rappresentare la situazione in questo modo: la contraddizione è sempre principale quando si manifesta in una specifica situazione di sfruttamento, nella violenza o nella discriminazione sessuale e razziale. Tuttavia, lo sfruttamento o la violenza sono i risultati di una molteplicità di posizioni del soggetto nei rapporti in cui è inserito, agisce, non subisce solo. Interpretare il sesso e la razza in termini di classe, e definire la classe alla luce dei rapporti sessuali e razzializzati, permette di non restare nella logica del dominio puro e ci permette di porre il problema della resistenza e della rivolta. La mia ipotesi è che la forza lavoro, intesa come facoltà, si collochi all’intersezione delle posizioni che compongono i soggetti e che esprima la possibilità di trasformarlo in direzioni molteplici e non (ancora) contenute nel sistema dello sfruttamento. Torna qui utile la descrizione della forza lavoro come sintesi disgiuntiva. Il punto di vista dell’epistemologia critica del dominio sessuale, razziale o di classe è fondato su questa La sintesi di queste contraddizioni – ciascuna vale per sé, ma prende vita rispetto alle altre, nella disgiunzione e ricomposizione con le altre – formano la soggettività multiposizionale che noi siamo. La soggettività è un campo aperto di lotta: questo è il senso politico della teoria della multiposizionalità. È sempre possibile rovesciare la posizione, superare la contraddizione e arrivare alla definizione di una nuova contraddizione. Questo è il segno che la vita si trasforma e si complica man mano che si costituisce diversamente da ciò che è ora. Una politica comune della liberazione Ciò che è in discussione nel rapporto tra le epistemologie critiche del dominio, la filosofia della forza lavoro e le politiche della liberazione è la rappresentazione dell’umano. Oggi l’umano è il campo di contesa con le teorie del capitale che lo hanno rifondato attraverso un’antropomorfosi e in direzione di una teologia economica. Nel campo della critica è, invece, possibile una rappresentazione completamente diversa. L’umano non ha fondamento, la sua natura non coincide con un essere determinato, né con un’essenza. L’essere umano si costituisce contemporaneamente al suo darsi al mondo, insieme alle norme, alle regole e alle leggi che definiscono la sua rappresentazione e indirizzano il governo della sua vita. Questa contemporaneità è la forma storica integrale in cui si esercita una potenza, mentre si strutturano i modi individuati in cui tale potenza si manifesta. In questa immanenza assoluta del fondamento e di ciò che si costruisce su di esso, della materia e delle forme che sono plasmate in esso, si manifesta anche la tensione verso il possibile e l’aperto, ovvero la potenza che non è attuale ma strettamente intrecciata con la virtualità di un evento compresente sullo stesso piano sul quale si svolge una vita. Abbiamo abbracciato con immensa fatica la nostra identità sfruttata, il nostro essere capitale umano. Possiamo essere altrimenti. Questa essere altrimenti persiste nella nostra forza lavoro ed emerge nella sua facoltà di collocarsi nel futuro. La forza lavoro è infatti la facoltà che si infutura a partire dall’ora e dall’adesso in ogni atto materiale e intellettuale, nella produzione e nella riproduzione delle merci e delle relazioni, degli usi e delle loro contraddizioni. Avere il desiderio, e maturare la capacità, di orientarsi in questo spaesamento permette di individuare un nuovo inizio nella ripetizione dello stesso. Per questa ragione la forza lavoro è di tutti, di ogni individuo e di tutti i popoli, va protetta e liberata, reinventata, curata e inclusa. Il suo diritto all’esistenza va reso effettivo attraverso il reddito di base e di autodeterminazione, la libertà di parola e espressione, la libertà dal bisogno e dalla paura, l’amore verso di sé, degli altri e per la futura umanità. Scritto in occasione del seminario “Il corpo e la polis”, organizzato da Lea Melandri all’Università delle donne di Milano con Lea Melandri, Cristina Morini e Selene Cilluffo, questo testo è la continuazione della riflessione su Karl Marx: futura umanità e spinge oltre la riflessione iniziata con i libri Forza Lavoro, il lato oscuro della rivoluzione digitale e Capitale disumano, la vita in alternanza scuola lavoro. Ringrazio Lea Melandri e Cristina Morini per questo incontro che continua, per questa intelligenza comune che si muove.