Boschi urbani e riflessioni di ecologia politica

Attraverso l’approccio dell’Ecologia Politica è possibile portare avanti una riflessione critica sulla dimensione socio-politica e di potere nella gestione dell’ambiente e decostruire politiche,  discorsi e visioni. Negli ultimi anni il discorso pubblico si è spesso orientato verso la lotta al cambiamento climatico e all’inquinamento ambientale, senza però andare a riflettere e a mettere in discussione i principi socio-economici e politici che li determinano. Ragionando ad esempio sugli spazi urbani e considerando la città come una complessa costruzione sociale, possiamo analizzare come determinati assetti socio-ambientali siano in realtà in contrapposizione con le aspettative attese sulla base di linee politiche orientate alla salvaguardia dell’ambiente. È ampiamente dimostrato ad esempio quanto il verde urbano risulti indispensabile per mitigare gli effetti del cambiamento climatico in corso, l’inquinamento atmosferico e il deterioramento ambientale

[1]. Negli ultimi anni varie ricerche transdisciplinari hanno evidenziato l’influenza positiva del verde urbano sulle comunità, sia in termini di salute fisica, che psico-cognitiva e socio-ricreativa. Tuttavia, se il dibattito pubblico sul futuro delle città e degli assetti urbani è spesso contraddistinto dalla salvaguardia del verde, dal supporto a sostenibilità, resilienza, ed adattamento ai cambiamenti climatici, le priorità politiche si orientano poi verso la realizzazione di aree commerciali, lo sviluppo di aree insediative e residenziali, proprio a discapito delle nature spontanee preesistenti. Il quadro che emerge da una prima analisi sul verde urbano necessita la considerazione di ulteriori dinamiche, forze ed interessi politico-sociali anche conflittuali che entrano in gioco nei processi di gestione e valorizzazione. Tali dinamiche difficilmente vengono discusse nell’ambito delle scienze ambientali ed ecologiche e dall’architettura urbana; diversamente invece vengono criticamente prese in esame adottando l’approccio dell’ecologia politica urbana che riflette sull’evidenza della natura socio-ambientale[2] e politica nei processi di trasformazione e gestione dell’ambiente nella città.

Gli alberi in città, i boschi e le foreste urbane sono pertanto analizzati nella loro rilevanza sociale, politica e come risultato conflittuale di diverse dinamiche di potere. Le aree verdi nel territorio urbano costituiscono, da un lato, il risultato di complessi processi fisico-biologici e dall’altro rappresentano il prodotto sociale e storico dell’azione della società umana, nonché la sintesi di dinamiche politiche, economiche, confluenze di interessi, rapporti di forza e di potere a diverse scale.

Riflettendo sulle foreste ed i boschi urbani, i processi di trasformazione socio-naturali definiti come metabolismo pongono in evidenza una realtà ambientale che non è neutrale, ma al contrario politicamente orientata e dipendente dai rapporti di forza, anche conflittuali, che si instaurano tra i diversi attori sociali all’interno della città. Lo schema concettuale del metabolismo urbano considera infatti gli spazi verdi urbani nella loro complessità socio-ambientale e come territorio di confluenza di dinamiche socio-economiche, politiche, rapporti di forza e di potere che si originano anche in luoghi molto distanti dal quello interessato dalla trasformazione. L’adozione di questo concetto rende quindi possibile ampliare il dibattito critico sui quadri più generali di organizzazione sociale, economica e politica, responsabili ultimi delle complicate trasformazioni socio-ambientali a livello globale e locale.

L’attuale paradigma politico che costruisce e influenza i sistemi urbani contemporanei, i processi globali di trasformazione economica e finanziaria, la riproduzione e l’internazionalizzazione del capitale, giocano un ruolo chiave nelle trasformazioni che anche a scala locale si ripercuotono sul destino delle aree verdi all’interno della città. Il sistema economico dominante basato sul capitale e sostenuto dalle pratiche neoliberali tenta di volgere a proprio vantaggio ogni realtà oggetto di potenziale appropriazione a scopo di creazione di valore. Tali modalità compulsive di espropriazione ed appropriazione di risorse naturali gratuite attraverso le quali opera il progetto neoliberale sono progressivamente più invasive e problematiche per le società umane e il mondo non-umano. Il sempre più compromesso equilibrio naturale-biologico della biosfera e le conflittualità socio-ambientali, anch’esse sempre più ricorrenti, ne rappresentano il risultato. Il bosco urbano ai Prati di Caprara di Bologna di seguito analizzato rappresenta un caso di studio estremamente rilevante per contribuire al dibattito dell’Ecologia Politica applicata allo studio di realtà urbane conflittuali. L’analisi della conflittualità in particolare conduce verso un modello che prende in considerazione una molteplicità di variabili, situazioni ed attori. Il fine è quello di decostruire un’intricata struttura socio-ambientale ed economico-politica per identificare gli interessi, la posta in gioco, chi si avvantaggia da determinate decisioni pubbliche e chi al contrario ne subisce le conseguenze.

 

Bologna e il bosco della discordia

Il dibattito intorno al bosco ai Prati di Caprara nella città di Bologna è un caso attuale ed emblematico nel trattamento problematico di aree forestali urbane in quanto prodotto metabolico socio-ambientale e storico in cui confluiscono interessi e dinamiche conflittuali con dimensione tran-scalare.

Da più di un anno la vicenda è al centro del discorso politico bolognese ed è nel frattempo diventata un caso di interesse mediatico locale e nazionale. L’origine del conflitto socio-ambientale[3], che vede la contrapposizione delle opposte visioni dell’amministrazione comunale e di un importante segmento della cittadinanza bolognese, ha inizio il 6 aprile 2016 quando il Comune di Bologna mette in vigore il Piano Operativo Comunale (POC) per la Rigenerazione dei Patrimoni Pubblici. Lo strumento di pianificazione urbana comunale prevede la realizzazione di un nuovo quartiere nell’area del Bosco ai Prati di Caprara, un territorio costituito da una ex zona militare – 47 ettari in totale – abbandonata progressivamente dagli anni Settanta. Trattasi di un grande areale abbandonato, oggetto nel corso del tempo di processi di ri-naturalizzazione tali da sviluppare, negli ultimi decenni, un vero e proprio bosco urbano per la città di Bologna.

Il POC prevede la trasformazione anche di altre aree abbandonate della città, ma le pianificazioni per la parte nord-ovest di Bologna, dove si localizza il bosco ai Prati di Caprara, hanno un impatto rilevante in termini di mutamenti urbani e pesanti conseguenze per la condizione ecologica e climatica della città. Le dinamiche che si strutturano intorno alla vicenda del bosco, gli attori, gli interessi, le forze in gioco ne definiscono un quadro di matrice neoliberale: sebbene la politica comunale reclami a gran voce processi di rigenerazione urbana in un contesto «di città sostenibile, vivibile e resiliente», essa sostiene in realtà interessi e poteri privati, escludendo la cittadinanza dalla reale dimensione politica del dibattito e del confronto.

In linea con le teorizzazioni verso l’evoluzione post-politica contemporanea[4] anche la compagine governativa bolognese opera per populismo consensuale, catalizzando consensi su discorsi che di fatto sono lontani dalle reali decisioni fondamentali per la città, de-politicizzazione delle cause, ovvero nascondendo la reale dimensione politica e di potere sottostante, e vacua democrazia partecipativa.

 

Il conflitto socio-ambientale: attori, visioni e interessi

Volendo ripercorrere l’evoluzione del quadro in termini di conflittualità socio-ambientale intorno al bosco ai Prati di Caprara è possibile identificare attori, forze e posta in gioco nel processo di pianificazione urbana conflittuale. Gli attori in campo sono il Comune di Bologna, Invimit Sgr, società pubblica proprietaria dell’area dove sorge il bosco, e tre attori economici internazionali: la proprietà del Bologna Football Club, la multinazionale Seci del gruppo Maccaferri, ed il colosso tedesco ECE. Questi operatori sono tutti contestualizzabili all’interno di un’operazione esterna ma fortemente connessa con le trasformazioni urbane e ambientali pianificate per i Prati di Caprara.

Essi entrano in scena infatti con l’operazione di ristrutturazione dello stadio comunale Renato Dall’Ara da parte della proprietà del Bologna FC. Il comune di Bologna infatti come compartecipazione alla spesa di risistemazione del plesso sportivo ha previsto la concessione di aree opportunamente individuate per il loro sfruttamento economico-finanziario. Tra le aree compensative indicate rientra anche il bosco urbano ai Prati di Caprara. In particolare nella parte ovest ECE dovrebbe progettare la costruzione di un grande outlet della moda attraverso il supporto operativo di Seci. Ad opporvisi a quello che sembra uno scacchiere già delineato con progetti e soggetti già decisi vi è una parte della cittadinanza di Bologna costituitasi nel comitato dal nome Rigenerazione No Speculazione.

Entrando ora nell’analisi del processo di rigenerazione urbana e relative dinamiche di conflittualità, la società di investimenti immobiliari INVIMIT, proprietaria dell’area dei Prati, ha per missione la valorizzazione dell’area attraverso la costituzione di fondi in riduzione del debito pubblico italiano. I tre attori economici precedentemente presentati hanno chiaramente come obiettivo la trasformazione e la messa a valore, economico-finanziaria, dell’area boschiva. Sono soggetti molto rilevanti sul piano internazionale in termini di movimenti di capitali e risiede nel loro ‘essere sociale’ l’opera di continua estrazione di surplus, trasformazione e accumulazione. La visione dell’amministrazione comunale di Bologna prevede la riqualificazione e la valorizzazione dell’area attraverso la realizzazione di un nuovo quartiere residenziale e commerciale. Sebbene il dibattito pubblico abbia messo in discussione anche le reali esigenze insediativo-abitative per la città, l’amministrazione pubblica sostiene invece l’idea di una visione strategica di città e la previsione di una crescita immobiliare ed economica come motore di sviluppo sostenibile in grado di guidare Bologna verso un ruolo da protagonista nel panorama italiano ed europeo.

Le narrative che sostengono la visione della politica cittadina sono la necessità di una bonifica ambientale e bellica e l’obiettivo di rendere fruibile alla città un territorio soggetto a degrado ambientale e sociale. Il bosco è infatti potenzialmente inquinato a causa dei residuati bellici dovuti al passato militare dell’area. Sono presenti inoltre cumuli di materiali e spazzatura abbandonati da parte di  senzatetto che vivono nell’area, per lo più in determinati periodi dell’anno.

Il Comitato Rigenerazione No Speculazione si costituisce come gruppo di cittadine e cittadini un anno dopo l’entrata in vigore del POC per sostenere l’importanza della preservazione del bosco nella sua interezza, sottolineando come esso costituisca un patrimonio sociale e storico della città di Bologna. I Prati di Caprara, questa la visione del Comitato, non sono un’entità territoriale a disposizione dei privati ma costituiscono un bene comune fondamentale per la qualità di vita e di salute di tutti i cittadini e cittadine di Bologna.

L’amministrazione comunale, nonostante una parte considerevole della cittadinanza sostenga le ragioni della conservazione del bosco insieme al Comitato, è proceduta col primo tassello nell’ambito del processo di rigenerazione pianificato. Così nel maggio scorso ha fatto operare per il disboscamento di due ettari di bosco spontaneo secondo le necessità della bonifica bellica. Nell’area bonificata è prevista la realizzazione di un nuovo plesso scolastico indispensabile secondo le politiche sociali del quartiere interessato. Nel frattempo, dalla data della sua costituzione, il Comitato Rigenerazione No Speculazione ha messo in campo, oltre ad un forum informativo di democrazia deliberativa rivolto alla cittadinanza, una serie di attività tecniche, scientifiche e di sensibilizzazione. Ha poi costituito una rete civica con l’obbiettivo di farsi portatore insieme ad altre realtà sociali cittadine di un’idea nuova di città e ha misurato la qualità dell’aria di Bologna producendo la prima mappa partecipata di rilevamento dell’inquinamento atmosferico. Il Comitato ha inoltre raccolto più di 10.000 firme a sostegno di proposte alternative per la valorizzazione del bosco e ha candidato il bosco ai Prati di Caprara per la campagna nazionale “I Luoghi del Cuore” del Fondo Ambiente Italiano orientata alla valorizzazione di luoghi naturali, raccogliendo oltre 16.000 preferenze. Lo scorso ottobre il Comitato e altre associazioni sono riusciti a coinvolgere quasi duemila cittadini in un grande girotondo intorno al Bosco; un abbraccio simbolico di protezione verso l’area verde.

Passo fondamentale nel processo è stata la richiesta da parte di Rigenerazione No Speculazione, raccogliendo le firme di 2500 cittadini e cittadine di Bologna, di un’istruttoria pubblica per la revisione delle previsioni urbanistiche riguardante il bosco ed altre aree interessate dal POC. L’istruttoria pubblica è di fatto un consiglio comunale aperto dove, nella discussione politica di un particolare tema rilevante per la città, possono intervenire cittadini portatori di un interesse collettivo e al quale ogni interessato può assistere.

Il crescente consenso intorno alle proposte del Comitato, unito a vincoli ambientali potenziali e alle proposte alternative di una forza politica in seno al Consiglio comunale, sono tutti elementi che hanno portato lo scorso agosto il sindaco Virginio Merola ad annunciare la decadenza della logica delle aree compensative e l’abbandono dell’idea della realizzazione dell’outlet della moda nella parte ovest dei Prati di Caprara. Il sindaco annuncia che per la ristrutturazione dello stadio comunale la soluzione auspicata sarà una compartecipazione pubblico-privato, ed il Comune di Bologna parteciperà con finanze pubbliche per circa metà della spesa totale di 70 milioni di euro.

Caduta la logica delle aree di compensazione e la realizzazione della ‘cittadella della moda’ rimane tuttavia in essere il POC. Questo prevede in ogni caso l’abbattimento di gran parte del Bosco. In realtà, nella progettazione del nuovo quartiere è contemplata anche la realizzazione di un parco urbano di 20 ettari, ma è evidente che tale parco di nuovo impianto costituisca un’entità ben diversa da un bosco maturo spontaneo e selvatico, sia in termini di risultati ecologico-climatici – effetto isola di calore e drenante di inquinanti – sia in termini di differenziale di valore economico. Quest’ultimo in particolare è ciò che sembra ispirare tante politiche contemporanee. Paradossalmente, andrebbe dunque distrutto ciò che al momento è l’unico valore economico certo.

L’amministrazione comunale sostiene con veemenza le retoriche di crescita per lo sviluppo e la necessità imprescindibile di una bonifica bellica che implicherebbe la completa distruzione del bosco, la governancee la compartecipazione di pubblico-privato per la realizzazione di opere pubbliche. Intanto, per il momento, l’unica politica messa in campo dal Comune, al di là di quella a sostegno dei processi economici dominanti, è stata quella di programmare un incontro informativo rivolto alla cittadinanza per il destino del bosco e delle aree limitrofe. Di fatto, quest’ultimo si è risolto in un’unica seduta dove chi doveva informare non è stato in grado neanche di sostenere le ragioni minime del progetto per il futuro del luogo e per il nuovo quartiere.

L’ultimo avvenimento nella cronologia del conflitto socio-ambientale è l’istruttoria pubblica attraverso la quale le ragioni dei cittadini sono ufficialmente entrate nella sala del consiglio comunale. Nell’arco di tre giornate nella prima decade di novembre, 36 associazioni, esperti tecnici e scientifici e gruppi consiliari hanno esposto le ragioni per la preservazione del bosco. I risultati dell’istruttoria appena discussi dal Consiglio comunale hanno portato la politica comunale a rivedere le posizioni sostenute negli ultimi due anni. L’Amministrazione comunale infatti propone oggi una bonifica bellica selettiva, una riduzione degli indici di edificabilità e la valorizzazione ad opera pubblica e privata di 30 ettari dell’attuale bosco urbano da pensare e progettare con un architetto paesaggista e attraverso la mediazione della cittadinanza. In realtà la nuova linea politica, osservata in maniera critica, più che raccogliere e realizzare le istanze dei cittadini e cittadine e condurre verso reali cambiamenti per la città – tutti da dimostrare tra l’altro – sembra rispondere più a esigenze di contrattazione e di ricerca del consenso. Tuttavia le tante azioni messe in campo dal Comitato Rigenerazione No Speculazione hanno portato a una continua evoluzione in una storia dall’esito apparentemente già scritto.

 

Prospettive socio-ambientali e politiche

Se la politica diventa post-politica, la società civile può dimostrare la sua grande forza di ri-politicizzazione dei processi di trasformazione e gestione dell’ambiente. L’auspicio è che l’attivismo, integrato e rafforzato dall’approccio e dalle conoscenze teoriche e concettuali dell’ecologia politica riescano a volgere problematiche realtà ambientali verso situazioni socio-ambientali migliori.

Il caso esemplificato può essere considerato un contributo originale e importante nel dibattito politico, tecnico e scientifico intorno al trattamento delle aree verdi urbane ed alla strategicità delle aree non edificate che sono sempre più sottoposte a logiche di valorizzazione contestualizzabili nell’ambito di un quadro di politiche pubbliche di stampo neoliberale. L’analisi della conflittualità socio-ambientale in termini di ecologia politica urbana ci permette di considerare una dimensione molto più ampia di quella ecologica e bio-fisica, di operare verso la decostruzione di un sistema complesso non neutrale ma invece orientato al servizio dei poteri ed interessi particolari di determinati gruppi sociali a scapito di altri. Questo approccio ci consente di spostare l’analisi su un livello più generale e di riflettere sulle implicazioni della vicenda in termini di democrazia e giustizia ambientale, di diritto alla città, di trattamento dei beni comuni. Le problematiche di democrazia e giustizia ambientale fanno emergere come la crisi ecologica contemporanea sia in qualche maniera correlata con la crisi politica e democratica. La democrazia è diventata lo schema istituzionale di supporto al sistema economico dominante mentre la politica è conseguente alle istanze della finanza e dell’economia. Il diritto alla città, la prerogativa di costruire e ricostruire il mondo dove viviamo secondo le nostre aspirazioni, le necessità di libertà, socialità e convivialità, di fruizione del tempo e dello spazio urbano, ci conducono a considerare con spirito critico le trasformazioni che vengono continuamente imposte dai meccanismi economici del capitale globale. I beni comuni, per i quali da tempo si invocano modalità di accesso e di gestione in grado di allontanare pratiche predatorie, di mercificazione e trasformazione in profitti privati, richiedono invece sistemi di controllo comunitario in grado di garantirne il valore per tutte le società umane presenti e future. L’analisi della conflittualità socio-ambientale conferma infine la sua potenzialità in termini sociali e politici; all’interno di processi di trasformazione e gestione dell’ambiente nuove vie per realtà socio-ambientali migliori possono essere intraprese proprio dai gruppi sociali che vengono esclusi. L’aderenza al territorio, saperi locali, la difesa di ambienti socio-naturali come di valori sociali e comunitari contro le prevaricazioni operate dai gruppi di potere dominanti sono tutti elementi alla base dei nuovi comitati cittadini, movimenti urbani e di giustizia ambientale.

 

Note

[1] A Novembre 2018 si è tenuto a Mantova il primo World Forum on Urban Forests promosso da istituzioni nazionali e internazionali tra le quali la Food and Agriculture Organization (FAO). Il convegno si è focalizzato sull’importanza delle aree boschive e forestali all’interno delle città, un discorso, questo, sempre più importante dal momento che la maggioranza della popolazione globale risiede oggi in aree urbane.

[2] La riconsiderazione delle relazioni tra società umana e mondo naturale è un punto di partenza per l’analisi in ecologia politica. Si sostiene che la società umana vive attraverso la natura e i suoi processi fisico-biologici che ne rendono possibile la vita, dunque non esistono relazioni sociali da un lato e ambientali dall’altro ma esclusivamente relazioni socio-ambientali. Si veda in proposito Robbins, P. (2012), Political Ecology: A Critical Introduction. 2nd edn, Oxford, John Wiley & Son.

[3] La conflittualità socio-ambientale è una questione di estrema rilevanza in ecologia politica. Innanzitutto il conflitto socio-ambientale è definito come scontro tra visioni, politiche ed approcci nei processi di gestione e trasformazione del territorio. Inoltre è un momento centrale perché potenzialmente produttivo in termini sociali e politici. Dalla contrapposizione di idee e visioni possono infatti scaturire, secondo l’ecologia politica, nuovi paradigmi, diversi e migliori, per la gestione delle realtà socio-ambientali. A tal proposito una letteratura di riferimento può essere il contributo di Philippe Le Billon (2015), Enviromental conflict. In T. Perrault, K. Bridge e J. McCarthy (eds.), The routledge handbook of political ecology. Routledge London and New York, pp 598-608.

[4]  Per la teoria sulla post-politica una raccolta di contributi è stata operata da Erik Swyngedouw e Jaipy Wilson (2014), (eds.). The post-political and its discontents. Edinburgh University Press.

 

Immagine di copertina: RigenerazioneNoSpeculazione 

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