Lotta alla supremazia della bianchezza sul terreno della riproduzione

****

Ha raccolto molti consensi tra esponenti di polizia e organi d’informazione il gesto di quella mamma che è scesa in strada per prendere a schiaffi il figlio che fronteggiava la polizia a Baltimora. “Ogni genitore dovrebbe fare così” ha dichiarato il commissario della locale polizia con il plauso dei detrattori della protesa, affrettandosi cioè a riproporre la narrazione della supremazia della bianchezza che vorrebbe comunità nere e lations docili e sottomesse. Altri, invece, quei leoni da testiera che stanno dalla parte dei riot, non si sono fatti sfuggire l’occasione per apostrofarla come “sbirra”, “pompiere” o “negra da cortile”. Al di là delle posizioni contrapposte, tuttavia, quel gesto ci parla di qualcosa di più specifico che ha a che fare con l’essere donna, e quindi una mamma, nelle comunità black e latinos in America. Una questione che interroga direttamente il tema della riproduzione nel “neoliberismo post-razziale” di Obama.

“Non voglio che mio figlio faccia la fine di Freddi Gray” è stata la dichiarazione della donna –madre single di 6 figli etichettata, come spesso accade alle donne afroamericane e latine a quelle latitudini, come una “poco di buono”. Una welfar queen avrebbe detto Ronald Regan che ai poveri in America aveva dichiarato guerra già negli anni Ottanata.

In quella dichiarazione c’è senz’altro qualcosa di più di una semplice apprensione genitoriale. In quelle parole c’è tutta la rabbia delle donne afro e latine per l’impossibilità di crescere tranquillamente i propri figli, di vederli diventare grandi senza il continuo timore che non facciano ritorno a casa perché rimasti impigliati nelle maglie strette di uno stato vendicativo che ha fatto della violenza di polizia un dispositivo di controllo e disciplinamento delle minoranze, sin dalla fine della guerra civile e dell’abolizione della schiavitù. Un timore, che ha solide basi di realtà. In America un terzo dei giovani afroamericani o latini di età compresa tra i 18 e 35 anni è  statisticamente destinato al sistema carcerario. La stragrande maggioranza dei fermi di polizia nel paese riguarda proprio giovani black o latinos, mentre il lungo elenco di giovani “di colore” uccisi per mano della polizia bianca è, come purtroppo sappiamo, in continuo aggiornamento.

Quella mamma è insomma  fin troppo consapevole di quanto poco valga la vita del suo ragazzo per la polizia schierata a Baltimora. È per questo che reagisce con rabbia. Una rabbia tutt’altro che individuale. Una rabbia collettiva che circola largamente nelle comunità e rimbalza attraverso i social media. @AngryBlackLady, all’indomani dell’uccisione di Mick Brown a Fergusono, aveva twittato: “I dont’ want/have raise black children in this coutry”.

Se, come è stato da più parti evidenziato, il terreno della riproduzione sociale diventa nel neoliberismo in crisi un campo di battaglia tra processi di valorizzazione che interessano l’intera vita e la tensione del lavoro vivo all’autonomia, tra smantellamento sistematico del welfare e lotte per un commonfare, nel neoliberismo post-razziale dell’America di Obama l’assalto alla riproduzione sociale condotto dal capitale finanziario colpisce in modo diretto e specifico le comunità nere e brown del paese. I giovani e giovanissimi neri e latinos che riempiono in questi giorni le strade di Baltimora sono, con tutta evidenza, la posta in palio di questa battaglia.

La radicalità delle azioni, i fuochi e i saccheggi di cui questi giovani uomini e donne si sono resi protagonisti, sono in questo senso una forma e pratica di riappropriazione di una ricchezza sociale dalla quale sono sistematicamente esclusi. Il quartiere dove Freddi Gray era nato e cresciuto, come i quartieri della East and West Baltimore da dove provengono gran parte dei giovani che con rabbia si sono riversati nelle strade, sono quartieri estremamente poveri e degradati, dove un edificio su due è in stato di abandono, dove non esistono centri per l’aggregazione giovanile e dove la scuola è spesso l’unico ambito dove poter fare un pasto completo. Per questo le giornate di coprifuoco e la chiusura delle scuole stanno ponendo un problema che interroga, ancora una volta, il terreno della riproduzione, in particolare il piano dell’alimentazione e del sostentamento.

Piuttosto dunque che leggere, attraverso le lenti della narrazione della supremazia della bianchezza il gesto di quella mamma come inclinazione alla sottomissione, bisognerebbe saper cogliere anche in quel gesto la radicalità e la determinazione di una donna in lotta contro la supremazia della bianchezza sul terreno, oggi cruciale, della riproduzione sociale.

Pubblicato congiuntamente a Commonware

Print Friendly, PDF & Email