In questi giorni, la Francia è stata al centro di molti commenti giornalistici e di governanti (vedi Letta) come esempio eclatante di crescita del populismo di destra. Una preoccupazione che per la governance europea fondata sull’austerity rischia di portare ad un voto anti-europeo alle prossime elezione europee del 2014. In questo articolo, si cerca di spiegare il perchè di questo trend, alla luce della situazione economico-sociale della Francia. Situazione che spesso è volutamente non considerata dai media mainstream, che preferiscono gridare ipocritamente “al lupo” senza prendere coscienza che sono proprio le politiche di austerity a generare questo fenomeno. E la sinistra (quella che si definisce tale) che fa? Qui la versione in inglese.

* * * *

Ispirato dalle  discussioni effimere con Carlo, Jason e Simona

LA FINE DI UN’EPOCA EUROPEA

Dal dopoguerra la Francia è stata tradizionalmente l’ago della bilancia in Europa , il paese di mediazione fra Nord e Sud del continente. Questo equilibrio è basato sul binomio con la Germania (le couple franco –allemand nel gergo dei media mainstream). Dopo la tragedia nazista la Germania occupata non ha alcun peso politico in seno all’Europa mentre la sua economia ridiviene rapidamente forte. La Francia, potenza vittoriosa e nella situazione geopolitica privilegiata di grande paese europeo ponte fra il nord e il sud ne assume quindi la direzione politica. Le stesse caratteristiche di paese latino ma ibrido sotto molti aspetti, culturale, etnico etc la portano naturalmente ad assumere questo ruolo nella nascente Comunità Europea. C’è un’epoca in cui De Gaulle può addirittura permettersi delle prese di posizione autonome dal Grande Fratello USA ad anni luce dal vassallaggio italiano. Basti pensare che in seno alla Nato la Francia non integra il comando unificato sino alla recente e significativa decisione di Sarkozy . L’equilibrio comincia ad incrinarsi con la riunificazione della Germania e l’allargamento dell’Europa, per poi entrare in fibrillazione quando il terremoto finanziario del 2008 provoca lo tsunami che si abbatte sul continente.

LA SITUAZIONE OGGI.

Pochi giorni fa i Prefetti delle regioni francesi hanno mandato al ministro degli interni Manuel Valls un allarmante documento confidenziale che trapela sui media mainstream. Tra l’altro si parla di un clima di tensione sociale generalizzata che va al di là dei singoli episodi che si inanellano una settimana dopo l’altra.
I primi segni forti cominciano al tempo delle manifestazioni durante il dibattito sul mariage pour tous la legge che introduce il matrimonio omosessuale in seguito approvata ed ora in vigore.
La mobilitazione contro la legge è sorprendente e massiccia. Certe manifestazioni convocate in poche ore riuniscono 70 o 100 mila persone a Parigi. Evidentemente la composizione non è limitata alla borghesia cattolica tradizionale dei quartieri alti, ma si estende ben oltre e la banlieue, nella sua componente sotto influenza islamica scende largamente in piazza.

Questo è anche il risultato della disgregazione del tessuto sociale di questi territori, dove fenomeni di decomposizione dei rapporti familiari hanno determinato prima diffidenza ed incomunicabilità fra generazioni e poi un’accelerazione e rottura nei rapporti interpersonali. Da qui nasce la reazione primitiva d’ una parte di questa popolazione attraverso il ritorno alle tradizioni e alla morale arcaica della religione in risposta alla diffusione dei comportamenti generalizzati d’individualismo e cinismo veicolati dalle sottoculture del Capitalismo cognitivo. Comportamenti che penetrano i quartieri attraverso i rapporti mafiosi dell’economia della droga, une delle poche fonti di reddito non miserabile di queste zone. Dopo la grande rivolta delle banlieue del 2005, il potere, soprattutto durante la presidenza Sarkozy, sceglie una politica che spinge una parte di questi giovani istruiti verso l’economia mafiosa tentando cosi di distruggerne le potenzialità di rivolta anti-sistema.

Oggi i segni di rivolta populista si moltiplicano, il più clamoroso è quello dei bonnets rouges (berretti rossi) ispirati ad una sommossa antifiscale bretone del 1675 contro Luigi XIV. Questo movimento nasce in Bretagna nel retrobottega dei sindacati padronali (Medef e CGPME) e del sindacato maggioritario degli agricoltori, la FNSEA. Quest’ultimo rappresenta le medie e grandi industrie agricole e di allevamento che praticano produzioni intensive di bassa qualità e profondamente inquinanti. I padroni di queste imprese dopo essersi ingrassati per decenni con le cospicue sovvenzioni europee della PAC (Politica Agricola Comune) decidono semplicemente di chiudere i battenti licenziando migliaia di lavoratori quando Bruxelles sotto la spinta dell’austerità neoliberista decide il taglio dei fondi; inoltre, per liberarsi di qualsiasi responsabilità, fomentano la rivolta aiutati dai servizi d’ordine del FNSEA che hanno una lunga tradizione ed un consolidato savoir-faire di provocatori di sommosse corporative e di jacquerie violente.

Il movimento ottiene rapidamente l’adesione di agricoltori, piccoli imprese fra cui spiccano i trasportatori , commercianti e grande distribuzione (che decide una serrata degli ipermercati) contro l’instaurazione dell’écotaxe una tassa sui trasporti su gomma da applicare in tutta la Francia dall’inizio 2014 e già in vigore in certi paesi europei fra cui Austria e Germania.

Decine di portici costruiti per la raccolta automatica delle tasse sulle autostrade e facenti parte di un progetto costato circa ottanta milioni di euro di denaro pubblico, vengono distrutti prima che il governo decida di rimandarne l’applicazione a giorni “migliori”, senza peraltro riuscire a disinnescare completamente la protesta. I rivoltosi marciano a più riprese su Parigi con trattori e autotreni bloccando le entrate della Capitale (1 morto).

Il movimento ha dei punti in comune con quello dei forconi siciliani se non altro perché nasce in una regione, la Bretagna, che si considera lontana e penalizzata dal potere centrale ed anche per le sue caratteristiche insurrezionali e populiste di destra.

A fianco dei bonnets rouges una miriade di altre manifestazioni di protesta emergono con flusso continuo. Tutte quelle legate alle chiusure di grandi e medie aziende, di fabbriche in una Francia in cui la disindustrializzazione ha il vento in poppa. Il movimento contro la riforma dei ritmi scolastici, quello di precari, imprenditori e clienti uniti (si, avete letto bene..) per ottenere l’apertura domenicale dei supermercati di bricolage e poi quelle di tante categorie professionali scontente per gli aumenti dell’IVA che entrano in vigore col 1° gennaio: gli artigiani del settore edile e, ultime della lista e senz’altro le più pittoresche, le sfilate nel centro Parigi e sulla Promenade des Anglais a Nizza di migliaia di cavalieri e centinaia di cavalli e pony dei centri equestri.

Sotto altro segno va posta invece la protesta dei liceali contro l’espulsione di Leonarda, una giovane studentessa Kosovara che si chiude con la tragicomica ed irrisoria dichiarazione conclusiva di Hollande. Leonarda sì, la sua famiglia no.

MARINE LE PEN E IL FRONT NATIONAL

Marine Le Pen e il suo staff stanno cercando di trasformare il Front National (FN) da formazione neofascista di vecchio stampo, in un movimento politico che ha l’ambizione di cavalcare la tigre.

Da ormai un paio d’anni la defascistizzazione del partito è stata intrapresa. Questo termine va inteso nel senso di abbandono dei riferimenti storici e politici del vecchio nazifascismo, tanto amati da Jean Marie Le Pen – torturatore della guerra d’Algeria – di cui, in primis l’antisemitismo, e non nel senso della definizione reichiana di fascismo come movimento politico d’estrema destra con un largo seguito popolare .
In quest’ultima accezione il FN sta progredendo in modo spettacolare. Oltre ai bastioni tradizionali del SUD, che comprendono la grande regione PACA (Provenza, Alpi marittime e Costa Azzurra ) e le città di Marsiglia e Nizza , oltre alla conquista delle vecchie roccaforti operaie comuniste delle province del Nord in preda alla disoccupazione , penetra ora vasti strati sociali della destra tradizionale, del centro e della sinistra.

Dopo aver conquistato quel che resta della componente industriale operaia in declino diventando il PRIMO PARTITO OPERAIO il FN si concentra sulle fasce medie e medio-basse dei salariati e delle imprese individuali, piccole o medie a basso valore aggiunto.

La sua base sociale assomiglia a quelle di tante manifestazioni populiste o corporative: operai sotto-qualificati minacciati o già espulsi dal circuito produttivo, commercianti, padroncini, artigiani, contadini e pensionati che vivono di stenti, oltre a settori crescenti di piccola borghesia in declino e ad un fondo di magazzino più genuinamente fascista, come i mazzieri del Bloc identitaire e le bande di skinhead capaci di assassinare in piena Parigi il 6 giugno 2013 Clément Meric, studente di Science Po militante antifascista.

E’ su questa base che il FN tenta d’organizzare il malcontento, prendendo la piazza e tentando d’infiltrare e fomentare movimenti populisti che affiorano qua e là di fronte ad una situazione economica che si degrada a vista d’occhio. C’è il Front National dietro il gruppuscolo le printemps français che, formatosi nel movimento contro la legge per il matrimonio omosessuale, pilota azioni di disturbo e scontri durante le ultime uscite pubbliche di Hollande.

Marine Le Pen e la direzione del FN sfruttano in pieno, e con molta più efficacia della destra tradizionale dell’UMP, la debolezza intrinseca d’un governo e che si è messo sin dall’inizio nell’impossibilità di rilanciare una politica d’espansione e d’innovazione applicando scrupolosamente la ricetta dell’austerità. Riesce nel suo intento d’orientare la rivolta contro la crisi soprattutto sui temi dell’immigrazione e della sicurezza. Pur essendo e restando un partito completamente capitalista il FN si pone e viene percepito come forza anti-globalizzazione ed anti-Bruxelles. Pur appartenendo ad una famiglia ricchissima, grazie tra l’altro ai beni carpiti da suo padre ad un vecchio miliardario da lui plagiato, Marine fustiga le élites in difesa dei ceti deboli dei petits blancs e si proclama al di sopra di destra e sinistra. Certo questo posizionamento è molto facilitato dal fatto che oggi in Europa dieci paesi, Italia inclusa, sono governati da “larghe intese” al servizio della governance finanziaria.
La strategia di medio periodo è di costituire un polo di destra dura, portando via fette di elettorato e di militanti all’UMP. Non a caso infatti Sarkozy nella fase finale della campagna presidenziale accentua l’enfasi sui temi classici dell’estrema destra, fino ad arrivare ad accenti xenofobi, nel disperato tentativo di recuperare terreno e sfiorando la sorpresa. Non a caso l’ispiratore ed organizzatore di questa campagna è un certo Patrick Buisson, influente comunicatore e transfuga dell’estrema destra.

Anche Jean Luc Melanchon uscito dal Parti Socialiste (PS) tenta un’operazione con venature populiste a sinistra costruendo, con il decrepito PCF il Front de Gauche, ma una mummia di solito non brilla per vitalità … ed il PCF, che sopravvive solo grazie alla rete clientelista basata su qualche feudo rimasto, non può fare a meno di alleanze elettorali col PS per sopravvivere.

Melanchon è comunque l’unico che cerca d’attaccare la politica del pagamento del debito attraverso un’azione di sinistra radical-parlamentare . Va notato che in qualche occasione, come per esempio durante le elezioni, il Front de Gauche, grazie anche alla verve del suo candidato e tribuno, riesce a portare in piazza grandi masse ed in particolare i lavoratori delle imprese pubbliche i funzionari e insegnanti e una parte dei movimenti del 2011- indignados etc..

Il nuovo corso di Marine mira anche alla costruzione d’un gruppo di destre dure anti-immigrazione e non fasciste al Parlamento Europeo e lo fa guardando innanzitutto a nord. La prima preda consistente è l’olandese Geert Wilder, capo del partito nazionalista PVV, ma presto i partiti anti-immigrazione danese e svedese si uniranno, nello stesso tempo Marine ha sciolto l’alleanza dell’ultradestra nazifascista di cui suo padre era dirigente ( in Italia con Fiamma tricolore) e rotto ogni rapporto con Alba dorata e consimili. Domani potrebbe trovare anche al Sud alleati preziosi nella Lega, Forza Italia e forse nel PP spagnolo.

L’avanzata del FN nelle zone proletarie e disgregate della sociétà francese funziona anche attraverso la riappropriazione dei temi della critica e le rivendicazioni sociali della sinistra, come nel caso del dibattito di Marine con l’intellettuale di sinistra Emmanuel Todd rimasto a corto d’argomenti nel differenziarsi dal Front National salvo su quello dell’immigrazione .

Nei territori in disfacimento, come gli ex bacini della siderurgia dell’Alsazia Lorena, la destra interviene facendo leva sulle difficoltà e sul malessere che impregna le popolazioni. Il controllo delle paure dell’individuo isolato” è uno degli elementi centrali del metodo politico della reazione ieri e oggi.

Certo il FN, salvo crisi maggiore, non può sperare d’arrivare al potere da solo. Il suo programma economico, che fa perno sull’uscita dall’Euro ( ma sempre meno decisamente ) è criticato come una chiusura su se stessi, un tentativo volontarista di tornare con una bacchetta magica alla situazione geopolitica della stagione d’oro del capitalismo industriale. Un programma pervaso d’arcaismi come il ripristino della sovranità della Banque de France sul franco, la creazione di barriere protezionistiche generalizzate , la chiusura delle frontiere ma anche marcato da misure sociali massicce in favore del nucleo della sua base popolare a cui abbiamo accennato.
Curiosamente il programma sulla moneta sembra ispirarsi in parte, perlomeno sul piano tecnico, ai suggerimenti che un noto economista di sinistra , F. Lordon, esponeva recentemente su le Monde Diplomatique per regolare la fuoriuscita dall’euro : ammortizzare la fine dell’euro come moneta unica mantenendolo come moneta comune e, nello stesso tempo rilanciare le vecchie monete nazionali. Un progetto nazionalista che assomiglia molto ad un ritorno al serpente monetario di buona memoria, secondo una logica insostenibile e destinata a morire sul nascere a fronte della prima vera ondate speculativa.

Forse facendo concessioni il FN tenta di preparare l’uscita dal ghetto (!) in cui ha sempre vissuto e di aprire dei varchi che gli permettano di stringere alleanze con altri settori della destra proprio mentre i partiti dell’establishment che siano di destra moderata o socialdemocratici perdono colpi e rappresentatività.
L’altro punto critico del FN è nella qualità del personale politico che compone la sua struttura, debole in generale ed ancora nell’isolamento rispetto alle élites economiche, politiche e intellettuali mainstream. Nella capitale inoltre il partito non ha praticamente base elettorale e, com’è noto, non si può governare la Francia senza prendere Parigi, in un modo o in un altro.

Il FN inoltre si porta dietro un’immagine di difensore di “forme di produzione arcaiche” e di nemico della globalizzazione il che sembra a prima vista incompatibile con l’egemonia produttiva immateriale del Capitalismo cognitivo. Ma anche in questo campo le cose si muovono e nella rotta di collisione che potrebbe portare alla fine dell’euro ci sono spazi per l’emergere d’una destra dura anti-immigrazione e non fascista che tenterà la presa di potere dopo la prevedibile debacle elettorale socialdemocratica.

HOLLANDE E IL PS : ACCELERAZIONE DEL DECLINO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA FRANCESE

Difficile pensare ad una politica più disastrosa di quella dell’amministrazione Hollande eletto grazie a due fattori principali: l’antipatica ed invadente arroganza del suo predecessore che aveva generato un’insofferenza diffusa e di pelle e la sua presa di posizione contro il dominio della finanza nel grande comizio iniziale della campagna con lo slogan le changement c’est maintenant .

Lo slogan è stato clamorosamente smentito una settimana dopo l’entrata in funzione quando Hollande firma , senza batter ciglio, il patto di stabilità nei termini esatti con cui era stato redatto dal suo predecessore Sarkozy: la sudditanza alla Germania viene così subito sancita.

Con quest’atto ed una postura di vassallaggio alla politica finanziaria ordoliberista tedesca, il governo “socialista” si mette in una trappola mortale dove deve aumentare le entrate per evitare lo sfascio totale d’un sistema di welfare e di protezione sociale costoso ma di buon livello , sperando in una ripresa che freni l’aumento ininterrotto dal 2008 della disoccupazione. Ovviamente sta fallendo su tutti i piani.

Un tracollo che è conseguenza diretta dell’incapacità dei socialisti di cogliere l’occasione storica che si presentava loro una volta arrivati al potere. Quella di prendere la testa dei paesi del Sud Europa per rinegoziare il pagamento del “debito” e l’assurdo patto di stabilità. Al posto di tentare di ristabilire un equilibrio europeo il governo Hollande si è piegato al proseguimento della politica sarkozista con un’accettazione sottomessa delle politiche di contenimento della spesa pubblica, col blocco dei salari degli statali e del salario minimo (SMIC) mentre aumenta le imposte.

Hollande porterà probabilmente la responsabilità storica di essere il presidente francese che, per mancanza di coraggio politico, ha sancito la fine dell’equilibrio che aveva retto l’Europa per sessant’anni. E forse anche come l’affossatore del PS come forza socialdemocratica.

Si vocifera che i dirigenti del PS, coscienti della loro debacle attuale, sperino che al secondo turno delle prossime presidenziali il loro rappresentate, che potrebbe essere Manuel Valls (il socialista che si vuole anche nazionale, cosi popolare nei sondaggi per la sua politica anti-immigrazione, il che la dice lunga sulla penetrazione profonda dei temi del FN nella società) si trovi in finale con Marine e vinca.

Una tattica pericolosa d’utilizzo dell’estrema destra come elemento di divisione o spauracchio che aveva ben funzionato per Mitterrand e Chirac rispettivamente, ma che nel futuro prossimo rischia di fallire.

Non si considera infatti l’effetto di soglia d’un FN che arriva nella corte dei grandi partiti e dell’attrazione che può esercitare su una destra tradizionale senza capo, o per meglio dire con tre capi falsi ed uno vero (Sarkozy) tra purgatorio ed inferno giuridico. Se pensiamo nei termini di proiezioni fantapolitiche ed ammettendo che nessuna esplosione sociale generalizzata avvenga prima delle prossime presidenziali, non è impossibile una ricomposizione del FN con frange dell’UMP che porti se non alla presidenza perlomeno al governo i lepenisti. Un compromesso nel quale il FN potrebbe rinunciare, in un primo tempo, al progetto d’uscita forzata dall’euro, a meno che questa non sia avvenuta prima per disfacimento “naturale”.

Salvo clamorosi imprevisti la sinistra rappresentativa francese, PS in testa, è destinata ad un ridimensionamento storico ed a uno spostamento verso il centro.
Certo il problema di un FN al governo può essere Parigi che già si era ribellata a questa prospettiva quando Le Pen padre era arrivato al secondo turno della presidenziale contro Chirac. Ma non siamo più nel 2002 e certe posizioni “postmoderne” di Marine, che ormai cerca di accattivarsi le comunità alternative, sono significative della sua strategia.

Una Francia con un PS ridotto a semplice partito di centro sembra essere un paradosso considerando la storia del paese, ma non è questo che sta succedendo agli altri partiti socialdemocratici europei: l’SPD tedesco, il PSOE spagnolo per non parlare del PD In Italia? E ciò non corrisponde a quanto previsto già tempo come traiettoria del “socialismo”? Dopo aver tolto le castagne dal fuoco alla destra per qualche decennio, procedendo alle correzioni più dure del capitalismo industriale, basti pensare alla liquidazione dei bacini siderurgici dell’est francese operata da Mitterrand negli anni ottanta, la socialdemocrazia europea in piena crisi di rappresentatività sembra voler assicurare il servizio finale della liquidazione del welfare prima di tirare la sua riverenza finale …

IL CAMBIAMENTO QUANDO?

Diversi fattori contribuiscono al quasi silenzio in Francia dei movimenti dell’intelligenza collettiva, che nel 2011 facevano eco a quelli ispirati a Democracia Real Ya (DRY) in Spagna. Un eco spento sul nascere con grande violenza dalla polizia di Sarkozy e diventata in ultimo più intimidante sotto gli ordini di Valls, che innova ed esperimenta sulle manifestazioni indignate il kettling, la tattica nord-europee di contenimento e minaccia dei manifestanti. Cosa che evidentemente si guarda dal fare nelle manifestazioni populiste odierne che possono quasi impunemente distruggere beni pubblici di grande costo etc.

Nonostante crisi e riduzione del welfare certi dispositivi di base di reddito sociale sono per il momento conservati anche se ridotti e continuamente minacciati. La famosa promessa di Hollande d’arrestare la continua crescita della disoccupazione (ufficialmente di più di 3,3 milioni di persone cioè 11,2% della popolazione attiva) a fine del 2013 viene artificialmente e temporaneamente mantenuta in ottobre, tramite la creazione d’un centinaio di migliaia (100.000) d’emploi d’avenir . Un contratto di lavoro fortemente sovvenzionato che permette di ridistribuire un po’ di reddito in favore dei giovani occupandoli in qualche modo in strutture locali ed associazioni.
E’ inoltre probabile che l’elezione d’un presidente di “sinistra” abbia, nonostante tutto, smorzato i movimenti moltitudinari lasciando spazio, in una situazione di forte tensione e di relativo vuoto di potere, all’emergere delle tendenze populiste.

Siamo comunque sul filo d’un rasoio e nello stesso tempo bisogna pensare al medio termine. Nella metropoli si muovono strati sempre più densi di giovani lavoratori cognitivi, che sembrano politicamente inerti o indifferenti ma non lo sono in quanto manifestano una vivacità culturale che può’ trasformarsi in azione se la situazione lo esige . Non sappiamo se e quando questo possa avvenire anche se le probabilità sono alte, quello che invece resta abbastanza oscuro è il modo d’organizzazione che possa emergere dopo il fallimento dei partiti pirata per battere il tecnobiopotere della governance finanziaria di cui i politici summenzionati assomigliano a personaggi-cyborg che recitano a soggetto.

Print Friendly, PDF & Email