Pubblichiamo il video (qui sotto) di una intensa intervista di Ed Emery a Toni Negri in occasione del lancio del suo ultimo libro, Marx in Movement: Operaismo in Context (Polity Press, Cambridge, traduzione di Ed Emery), uscito nel dicembre del 2021.

Negli anni Sessanta, Settanta, dice Negri, le riflessioni teoriche erano parte integrante delle lotte operaie. “L’operaismo è stata una pratica di studio, di intervento – meglio di intervento e di studio – che noi, io e tanti altri compagni, soprattutto in Italia nelle grandi fabbriche della piana del Po, utilizzammo in quegli anni. Noi intervenivamo, accompagnando gruppi di operai con i quali vivevamo […] Si studiava insieme che cosa avveniva dentro la fabbrica, quali erano i rapporti di comando che venivano subiti per comprendere bene quali erano i momenti in cui sarebbe stato possibile ribellarsi, insieme a chi lavorava sulle catene di montaggio o sulle grandi linee delle industrie chimiche”.

Una stagione di scioperi clamorosi e di analisi straordinarie che hanno consentito grandi avanzamenti, nella società e nel welfare. Analisi che si sono mosse dal lavoro di fabbrica al nuovo profilo dell’operaio sociale. 

Conclude Negri, emozionando: “Oggi sono qui ancora perché anche da vecchi possiamo ancora dire: “Forza compagni, andiamo avanti!”. E se qualcuno dovesse chiedermi che cosa consiglierebbe un Toni Negri vecchio a un Toni Negri giovane, ebbene io credo che gli consiglierebbe di fare ciò che hanno fatto i vecchi: ricomincia ad andare in mezzo ai compagni, ricomincia a studiare a scuola, all’università, ricomincia ad andare a vedere dove c’è il lavoro come è fatto, in termini di inchiesta innanzitutto, cioè di sapere, di conoscenza e poi di lotta, insieme a tutti i compagni. Poiché la lotta di liberazione si fa insieme alla gente che soffre di più. E noi siamo la gente che soffre di più . E si fa nel lavoro e si fa per liberarsi dalle catene. Sempre, ieri come oggi. E oggi, scusatemi se aggiungo questa ultima cosa, liberandoci anche dalle catene della guerra. Perché la guerra è l’ultima cosa che il capitale è capace di fare. È capace di distruggere anche se stesso per tenerci sotto il suo tallone. Dunque inchiesta per liberaci dal lavoro ma soprattutto, anche e sempre, per conquistare la pace”. 

Parigi, 7 marzo 2022

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