Pubblichiamo la recensione di Giorgio Griziotti a Guerra o rivoluzione. Perché la pace non è un’alternativa di Maurizio Lazzarato, DeriveApprodi, Roma 2022

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I due  precedenti lavori di  Maurizio Lazzarato,  Il Capitale odia tutti e L’intollerabile  presente, costituivano un dittico di consistente spessore teorico oltre che cartaceo[1] che in una vasta analisi arriva a tracciare un quadro coerente  della controrivoluzione neoliberista e delle impasse del pensiero post-68, un’epoca che va dalla fine degli anni Settanta sino ad oggi.

Guerra e Rivoluzione che esce a pochi mesi dall’Intollerabile presente si pone in relazione più diretta con un “presente” che sembra pienamente convalidare le ipotesi teoriche dell’autore e che non è più solo o semplicemente “intollerabile”.  Il concatenarsi e compenetrarsi di pandemia, catastrofe climatica e guerra sembra di colpo accelerare la sequenza di trasformazione della realtà in un’angosciante fantascienza distopica.

La guerra in corso, che è già mondiale per interposto Paese martire, è quasi una dimostrazione di quanto l’autore aveva precedentemente teorizzato con grande chiarezza: “il capitalismo non elimina la guerra ma la intensifica come nessun altro sistema economico e politico ha mai fatto, e la diffonde su tutta la società” p. 12.

Lazzarato afferma che certi errori d’analisi hanno parzialmente convalidato, com’è successo secondo lui col famoso libro Impero di Hardt e Negri, l’ingenua ipotesi Usa che “una volta sparita l’Urss, non ci sarebbe che una sola potenza”.

Ed infatti in seguito “svegliandosi dal sonno trasognato durato anni, gli Usa dichiarano la Cina nemico principale assieme a tutti gli Stati (Russia, Iran ecc.) che non fanno opera di sottomissione a questo Impero in bancarotta”. p. 23.  Ed è in questo senso che bisogna leggere la guerra in corso “spiazzando il discorso ripetuto ossessivamente dell’aggressore e dell’aggredito” mentre “credere che la Russia sia la causa della possibile Terza guerra mondiale è come credere che l’attentato di Sarajevo lo sia stato della Prima” p. 46.

Questa visione di un capitalismo che non può fare a meno della guerra è corroborato da riflessioni, talvolta già presenti nei suoi scritti precedenti e qui ulteriormente sviluppate: la Prima Guerra mondiale realizza una svolta fondamentale dove inizia “il rapporto di identità e reversibilità tra produzione e distruzione …e che prosegue fino ad oggi” (p. 11), così com’è sempre più certo che “l’industria bellica costituisc[a] un investimento imprescindibile per l’accumulazione” indispensabile alla sopravvivenza del capitalismo.

Ed è sempre a partire dalla Prima Guerra mondiale che l’integrazione di Stato e capitale subisce un’accelerazione. Infatti una tesi centrale del discorso di Lazzarato è che Stato e capitale non siano entità separate ma che “insieme costituiscano un unico dispositivo bicefalo che produce, governa, fa la guerra, anche se con tensioni interne, poiché potenza sovrana e profitto non coincidono”. Stato e capitale si integrano gradualmente, ma non si identificano mai.

Un’effimera belle epoque

Lazzarato riprende anche qui la sua critica a Foucault ed al pensiero post-68 che secondo lui aveva sostituito le lotte di classe e la rivoluzione con i concetti di biopolitica e governamentalità lasciando via libera alla controrivoluzione neoliberista.

La sua tesi sembra effettivamente corroborata dal corso della storia recente. La sola osservazione che forse può attenuare questo giudizio un po’ tranchant è che il pensiero post-68 abbia preso posizioni meno radicali perché, reduce dalla sconfitta epocale dei movimenti mondiali degli anni 60-70, vedeva allontanarsi le prospettive di una rivoluzione modellata su quelle del Novecento.

Secondo l’autore quando la controrivoluzione trionfa a partire da Reagan e Thatcher il “potere dei vincitori si è stabilizzato diventando Stato amministrativo, governamentalità, lavoro e consumo. Potremmo definire questa fase … la belle époque, in cui, come in quella precedente che aveva condotto alla Grande guerra, l’espansione della produzione … sembra procedere «pacificamente» come se si fossero superate e risolte tutte le contraddizioni dell’accumu­lazione capitalista.” p. 60

Un capitalismo “pacificato” in cui l’incitazione pressante ad un consumo senza limiti ribalta i sensi di colpa della “morale” weberiana protestante e dà vita alla fabbrica dell’uomo indebitato[2] … Anche qui secondo Lazzarato il pensiero post-68 sembra cadere nel tranello.

“Un «potere tollerante» (il neoliberalismo versione Pasolini, ma anche Foucault che lo definisce letteral­mente in questo modo) che «incita, induce e sollecita» invece che soltanto «sorvegliare e punire», è un’illu­sione tipica della belle époque perché è temporaneo e selettivo e riguarda il Nord piuttosto che il Sud” p. 62.

Ma dopo questi corti periodi di euforia “durante i quali il capitalismo sembra trionfare sulle sue contraddizioni, non gli resta che la guerra e il fascismo per uscire dalle sue impasse.” p. 49

Critica alla filosofia ecologista

Un altro passaggio importante è quello della critica rivolta alla filosofia ecologista, ed in particolare ad uno dei suoi più conosciuti rappresentanti, il filosofo francese Bruno Latour da poco scomparso.

A un “Latour smarrito, sopraffatto dagli eventi [che si lamenta dicendo]: «Non so come tenere insieme le due tragedie», l’Ucraina e la tragedia del riscaldamento globale” (p. 37) Lazzarato risponde con le parole di Keynes: la violenza che i capitalisti e lo Stato possono scatenare contiene già la catastrofe ecologica perché pur di non perdere profitti, proprietà, potere sono «capaci di spegnere il sole e le stelle».

Lazzarato afferma che il compianto Latour per capirci qualcosa sulla guerra avrebbe dovuto prima ammettere l’esistenza del capitalismo – e questo è innegabile –  ma nel suo libro la catastrofe ecologica forse non occupa il posto che dovrebbe.

Bisogna, se non altro, riconoscere a Latour di aver intuito che siamo tutti confusi “perché si tratta di un cambiamento troppo grande…  che è in gran parte dovuto al fatto che continuiamo a essere nel mondo di prima”[3].

Mi sembra infatti problematico continuare a situare il degrado dello stato di salute di Gaia, a cui apparteniamo come tutte le altre specie, sullo stesso piano delle altre catastrofi che siano belliche, economiche, sociali etc…

Se è chiaro che il ruolo del capitalismo è stato determinante per arrivare a questa situazione estrema mi sembra altrettanto evidente che esso non sia stato l’unico fattore.  Il sottinteso, presente qui come in tanti scritti sul Capitalocene, che una tanto desiderabile quanto teorica sconfitta globale del capitalismo sarebbe l’indispensabile presupposto per fronteggiare la sfida della sopravvivenza ecologica forse non ci aiuta a capire di quale rivoluzione abbiamo bisogno. Anche se Lenin, spesso citato dall’autore, era magistralmente riuscito “a trasformare la guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria” non sarà la sua rivoluzione che ci salverà. Quindi se la guerra c’è già, l’auspicata rivoluzione resta un’incognita misteriosa.

Nonostante questa incognita irrisolta il libro di Lazzarato ha il merito di portarci a riflettere e, speriamo, ad andare oltre al passaggio odierno, peraltro significativo e globale, della “great resignation” che è una forma di rifiuto tanto dello sfruttamento che della guerra. Il suo principale merito è di contenere una delle più complete, coerenti e plausibili analisi geopolitiche del caos verso cui ci stiamo dirigendo ad alta velocità.  A meno che una forte spinta dal basso non riesca a deviarne la traiettoria.  Ma, per restare nella metafora aereospaziale, purtroppo si tratta di qualcosa di ben più complesso dell’asteroide Dimorphos[4], che come dice il suo nome ha solo due forme, e il dispositivo per impattarlo non è sulla rampa di lancio.

 

NOTE

[1] Il Capitale odia tutti. Fascismo e rivoluzione, DeriveApprodi, Roma 2019 e  L’intollerabile  presente  l’urgenza della rivoluzione, Ombre Corte, Verona 2022

[2] Maurizio Lazzarato, La fabbrica dell’uomo indebitato. Saggio sulla condizione neoliberista, DeriveApprodi, Roma 2012

[3] Da una serie di interviste televisive di B. Latour  disponibili su Arte TV. 2022; https://www.arte.tv/fr/videos/RC-022018/entretien-avec-bruno-latour/

[4] Asteroide deviato dalla sua traiettoria dalla sonda Dart della NASA che si è schiantata su di lui il 27/9/2022.

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