Come noto la nave di Mediterranea, la Mare Jonio, mentre prestava soccorso, in acque internazionali, ad una barca zeppa di migranti in procinto di affondare, è stata oggetto di un duro attacco da parte di una motovedetta libica che ha anche sparato molti colpi di mitraglia. La stampa italiana ha minimizzato la vicenda, in realtà molto grave. Per giunta la Mare Jonio, dopo aver raggiunto il porto di Pozzallo (Ragusa) ha subito sanzioni severe, una sostanziosa multa di diecimila euro e il fermo. Ovviamente Mediterranea ha impugnato i provvedimenti con un ricorso d’urgenza che sarà discusso a breve davanti al Tribunale di Ragusa, il 23 aprile. Mediterranea ha bisogno di essere sostenuta, tecnicamente e politicamente, specie in questo tempo di guerra (ma anche economicamente: sotto trovate il link per contribuire). Abbiamo parlato di questa vicenda con Lucia Gennari, avvocata che da tempo assiste i migranti, anche davanti alle Corti internazionali, insieme a tutta l’equipe dello studio romano Antartide, logo scelto proprio perché in quel gelato territorio vige il divieto di insediare basi militari. Lucia ha accettato volentieri di rispondere alle domande poste dalla redazione di Effimera. Ci scusiamo per alcuni difetti di trascrizione dal vocale, abbiamo lacune legate ai nostri mezzi alquanto artigianali. Le domande della redazione (R) sono in corsivo; le risposte di Lucia (LG) in carattere normale.

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R) Ci puoi spiegare, Lucia, quel che è accaduto fra la cosiddetta Guardia Costiera Libica e la Mare Jonio? Lo scontro è avvenuto in acque internazionali?

LG) Questi sono i fatti. La Mare Jonio e il suo equipaggio stavano procedendo alle operazioni soccorso, dopo aver avvistato i migranti in difficoltà. L’equipaggio della Mare Jonio si è mosso come fa sempre. Si mettono in acqua dei piccoli gommoni veloci (detti Rhib), uno o più, per avvicinarsi all’imbarcazione da soccorrere, distribuire giubbotti di salvataggio, iniziando le operazioni di soccorso, con prudenza, per evitare collusioni e rischio di affondamento. Mentre le operazioni di salvataggio erano in corso è sopraggiunta una motovedetta libica, la Fezzan, con a bordo anche alcuni migranti catturati da loro con intervento in altro segmento marino. Erano, diciamo noi “intercettati”, perché li portano in Libia! I guardacoste libici hanno intimato di smettere il soccorso e di allontanarsi e anche sparato alcuni colpi in aria. Questo ha provocato il panico sia sul barcone dei migranti sia sulla stessa motovedetta, e nella confusione i miliziani libici hanno sparato delle raffiche dirette versi i due Rhib della Mare Jonio e della stessa nave. A questo punto alcuni migranti a bordo della loro motovedetta (la Fezzan) si sono buttati in acqua per sfuggire; i libici picchiavano con dei bastoni e frustavano i migranti rimasti a bordo, forse per scoraggiarli e impedire loro di buttarsi in mare, manganellavano tutti quanti. C’erano tante persone in acqua e in mare aperto, il che è ovviamente molto pericoloso, e la Mare Jonio ha cercato di salvarli, riuscendo poi a recuperare tutti, anche quelli sfuggiti alla cattura libica gettandosi in acqua, hanno usato i due Rhib, accogliendoli infine nella Mare Jonio per condurli in un porto sicuro. La cosiddetta guardia costiera libica, invece di recuperare i naufraghi, continuava a minacciare, trattenendo i sequestrati rimasti a bordo per portarli verso una destinazione certamente non definibile come “sicura”. Tutto questo è avvenuto in acque internazionali; al limite fra la zona SAR libica e quella maltese, in cui Libia e Malta hanno la responsabilità dei soccorsi ai naufraghi, ma comunque in acque internazionali.

 

R) Si sa se ci siano stati morti, feriti o dispersi? Che tu sappia esiste un rapporto ufficiale fornito dalle autorità libiche? E poi: dove hanno sbarcato i migranti? Da dove vengono e dove si trovano ora? E quelli rimasti nelle mani dei libici?

LG) Non è stato possibile per loro verificare nell’immediatezza che tutti siano stati davvero tratti in salvo. Tutte le persone che individuate in acqua sono state recuperate dall’equipaggio della Mare Jonio. Rimangono tuttavia quelli trattenuti a bordo della motovedetta libica Fezzan, certamente saranno stati portati in un porto libico, con tutto quello che ne consegue.

Non sappiano se ci sia un rapporto ufficiale dei libici. Lo abbiamo comunque richiesto. È già la terza volta che le autorità italiane contestano alle ONG di avere tenuto comportamenti in qualche maniera sanzionabili, solo sulla base di informazioni che avrebbero ricevuto dal cosiddetto “Centro di coordinamento libico”; in realtà questo “centro” non esiste, ci sono solo indirizzi mail, o alcuni numeri di telefono che poi in concreto danno un segno di vita grazie sostanzialmente al supporto logistico italiano. Diverse ONG hanno subito sanzioni per fatti riferiti e descritti (secondo quel che affermano le autorità italiane) dalle autorità libiche, maltesi e soprattutto da Frontex. Le autorità sanzionano le ONG però non ti danno il rapporto e la documentazione invocata, devi chiederla in giudizio e solo allora poi te la forniscono. Sono atti e documenti impossibili da ottenere altrimenti perché Frontex e Guardia Costiera italiana sono molto reticenti nel fornire informazioni e documenti su fatti che hanno a che fare con il soccorso in mare.

Le persone soccorse dalla Mare Jonio sono state fatte sbarcare nel porto di Pozzallo. Non so però dove siano ora. Immagino che abbiano trascorso qualche tempo nell’hotspot di Pozzallo, dove vengono identificate e dovrebbero avuto la possibilità di chiedere asilo, come di solito accade. So che alcuni membri dell’equipaggio della Mare Jonio avevano contatti con loro, bisognerebbe chiedere informazioni. Io so che le persone soccorse dalla Mare Jonio provenivano da paesi diversi tra cui Bangladesh, Pakistan, Siria e Camerun.

Dei libici non so dire. Stiamo provando a capire se sia possibile ricostruire, bisognerebbe avere accesso alle informazioni che riguardano questo caso. Quando ci sono le condizioni che lo consentono proviamo a fare altre azioni a tutela delle vittime di respingimento, ovviamente solo se riusciamo a entrarci in contatto, magari attraverso associazioni o giornalisti sul campo.

 

R) Ma ci sono state violazioni della normativa internazionale da parte della cosiddetta guardia costiera libica? Quali regole hanno violato? È vero che i libici sono intervenuti usando una motovedetta fornita dall’Italia? Hanno usato armi italiane?

Esiste un obbligo di soccorso quando c’è pericolo, in mare aperto, per un’imbarcazione che ha bisogno di assistenza. Lo prevedono diverse convenzioni, ad esempio la Convenzione di Amburgo del 1979. Si tratta magari solo di un problema al motore, oppure di mezzi senza il carburante necessario per raggiungere un porto sicuro, o ancora di mancanza d’acqua e viveri, di mancata presenza a bordo di persone con competenze nautiche, di carenza di strumentazione per consentire la navigazione in porto, di concreto rischio di naufragio. Ci sono molte ipotesi, sempre tuttavia c’è l’obbligo per tutte le navi (pubbliche o private) di prestare assistenza, nell’immediato, per scongiurare la possibilità che affoghino, ma anche, poi, l’obbligo di consentire loro un sbarco a terra, in un porto sicuro.

Nell’ambito della migrazione via mare si tengono in considerazione sia le norme di diritto internazionale del mare (che non definiscono strettamente il concetto di luogo sicuro, il c.d. POS, place of safety) sia ancora quelle sui diritti umani, sul diritto di asilo. In particolare vige il principio di non refoulment per cui non si può respingere verso (o condurre qualcuno in) un luogo dove rischia di subire forme di tortura, trattamenti disumani e degradanti, persecuzioni.

Quindi il semplice fatto che i libici riportino le persone in Libia, che è un luogo pacificamente e oggettivamente “non sicuro”, specie per questa categoria di persone, quelle che scappano dalla Libia ove già hanno subito privazione arbitraria di libertà personale, forme differenti di sfruttamento, violenze e abusi … ecco tutto questo è di per sé una evidente violazione.

Creare panico, poi, sparare contro un’imbarcazione civile, picchiare le persone soccorse, tutte queste sono gravi violazioni di tutti questi principi, oltre ad essere con ogni probabilità anche condotte riconducibili a ipotesi di reato. La motovedetta è una di quelle che l’Italia ha fornito gratuitamente alla Libia nell’ambito del memorandum Italia-Libia, firmato inizialmente nel febbraio 2017 dall’allora ministro dell’Interno Minniti, e che da allora si rinnova ogni 2 anni. Il memorandum prevede la collaborazione tra Italia e Libia per il controllo (e la limitazione) delle migrazioni. L’Italia si è impegnata a fornire supporto tecnico, logistico, militare (armi) e finanziario affinché la Libia contribuisca al contrasto delle partenze e a controllare i flussi migratori. Non so che armi abbiano usato per sparare; la motovedetta Fezzan era prima in dotazione alla Guardia di Finanza italiana.

 

R) Abbiamo letto che la Mare Jonio è stata posta in fermo e anche multata dalle autorità italiane. Ci puoi spiegare di che si tratta?

LG) Il comandante e l’armatore della Mare Jonio hanno ricevuto una doppia sanzione: quella principale è la multa fino a diecimila euro, quella accessoria è il fermo. Le sanzioni sono state introdotte dal decreto Piantedosi (poi convertito in legge), nel gennaio 2023. La norma prevede innanzitutto il potere discrezionale, in capo ai ministri dell’Interno, Difesa e Trasporti, di emettere un decreto che disponga il fermo o limiti la possibilità per una nave di entrare o sostare nelle acque italiane (parte che ovviamente non vale per la Mare Jonio, in quanto batte bandiera italiana, ci avevano provato ma non funziona).

Questo decreto di limitazione non può essere emesso, però, se la barca ha compiuto un’azione di soccorso in determinate condizioni, e la legge individua varie condizioni. La violazione del decreto interministeriale comporta una multa da 10 a 50.000 euro e il fermo di 2 mesi, in caso di reiterazione anche la confisca della nave.

Sono previste inoltre sanzioni anche per la violazione delle singole condizioni. Questo è il caso che riguarda oggi la Mare Jonio e, in precedenza, tutte le altre ONG sanzionate dal 2023. La multa è più bassa (da 2 a 10.000 euro) e il fermo è di 20 gg, due mesi in caso di reiterazione, e confisca alla terza volta. Nel nostro caso ci viene contestata la violazione di una di queste sei condizioni: quella che riguarda l’obbligo, durante le operazioni di salvataggio, di non contribuire a creare una situazione di pericolo. Danno un’interpretazione assai estensiva di questa norma, per cui da circa 6 mesi le autorità governative italiane contestano alle ONG soprattutto la mancata collaborazione con le autorità straniere (in concreto: libica o tunisina). Dicono che abbiamo messo in pericolo le persone che stavamo soccorrendo. Questa contestazione è del tutto falsa.

Le autorità governative italiane sostengono che la Mare Jonio e i sui RHIB si sarebbero avvicinati al pattugliatore libico e che l’equipaggio avrebbe incitato le persone a buttarsi in acqua. Tutto inventato, ma loro continuano a ripetere queste cose, che fanno da supporto alle contestazioni dopo lo sbarco delle persone soccorse. È ormai la terza o quarta volta che narrano la medesima storia, affermando che questa è la ricostruzione libica, oppure di Frontex. Sono provvedimenti impugnabili. La multa non subito, bisogna aspettare l’ordinanza-ingiunzione, come avviene per le automobili. Contro la multa è possibile il ricorso al prefetto, ma non arriva mai di fatto una risposta e questo sposta i tempi di opposizione molto in avanti; quando arriva la risposta è di rigetto, per capirci io ho un caso in cui la risposta del prefetto  è pervenuta un anno dopo.  Ma in concreto il fermo del decreto Piantedosi tenta di limitare i rimedi nei confronti di questa misura, introducendo una sorta di ricorso al prefetto, che ha tempi lunghissimi. Di fatto questi provvedimenti sono stati impugnati per via giudiziaria; i magistrati hanno avuto una forte incertezza iniziale sulla procedura (chi diceva fosse competenza del Tribunale, chi del Giudice di Pace), il che ha creato una certa confusione. Poi si sono quasi tutti orientati sulla competenza del Tribunale Civile Ordinario. Trattando di fermi che hanno durata breve (20 giorni nel nostro caso) quello che conta è ottenere una sospensione urgente, e prima una fissazione urgente della trattazione. Il che non è facile; in concreto su 18/19 casi la sospensione è stata ottenuta solo 3  volte.

 

R) Il fermo della Mare Jonio è ancora in vigore o è operativo? Ci sono concrete possibilità che possa riprendere l’attività di soccorso in mare?

 LG) Il fermo è effettivo fino al 25 aprile, la data della Liberazione! A meno che il Tribunale di Ragusa non accolga la nostra istanza cautelare. L’avevamo chiesta immediata (tecnicamente si dice: “inaudita altera parte”), ma non l’hanno concessa, la concedono assai di rado. Il Tribunale ha fissato udienza per il 23, a 2 giorni dalla scadenza, ma, va detto, in un caso simile il Tribunale di Ragusa, però con un altro giudice, ha sospeso, proprio il ventesimo giorno, dunque in concreto il provvedimento era quasi inutile. Ma, anche se giunta all’ultimo, questa cosa ha comunque un valore simbolico epolitico molto forte. Soprattutto viene rimproverato alle autorità italiane di non aver prodotto prove a sostegno della ricostruzione dei fatti di causa, è un precedente importante.

 

R) Ci sono iniziative, individuali o collettive, per sanzionare questi comportamenti delle guardie costiere libiche? In generale esistono strade percorribili per far valere le ragioni dei migranti, sia quelli raccolti a bordo di Mare Jonio sia quelli prelevati dai libici?

LG) Con degli avvocati penalisti che li seguono in tutte le loro vicende si sta preparando un esposto per aver subito questo attacco dalla motovedetta libica. Quello che noi facciamo di solito, e che stiamo provando a fare anche questa volta, è dì capire che tipo di azioni possiamo mettere in atto a tutela dei respinti, o se ci sono familiari già arrivati in Italia che hanno invece parenti rimasti a bordo della motovedetta libica. Noi lo facciamo sostanzialmente in due modi. Il primo (in questa fase davvero difficile) è la richiesta di un visto umanitario per la persona respinta, quando è possibile sostenere che c’è stata responsabilità anche delle autorità italiane, ad esempio perché la persona non ha potuto accedere al territorio italiano dove avrebbe chiesto asilo o protezione. La seconda è un’azione di risarcimento del danno per lo stesso motivo alle autorità italiane o a privati (non è questo il caso). Cerchiamo di capire se possiamo immaginarci un’azione a tutela dei diritti delle persone respinte o dei loro famigliari che si trovano in Italia e che sono stati separati.

 

R) Proseguono i viaggi per mare e gli sbarchi? Quale è, per larghe linee, la situazione attuale degli arrivi e degli arrivati?

LG) Ad oggi prosegue tutto, proseguono le partenze e proseguono gli sbarchi. Nell’ultimo periodo a Lampedusa c’è stato un picco di arrivi che non si vedeva dal 2016, si è aperta da un anno e mezzo la rotta dalla Tunisia. In passato non era così aperta. Dalla Tunisia prima partivano solo i tunisini, perché gli stranieri che stavano lì non riuscivano ad organizzarsi, ora però la svolta autoritaria e razzista del regime tunisino ha cambiato il quadro, molte persone si sentono costrette a lasciare il paese. Nell’autunno scorso l’esodo è rallentato molto, in inverno pure. Ora tuttavia i viaggi stanno riprendendo con il bel tempo, credo anche dalla Tunisia, comunque sempre dalla Libia. Sono anni di apertura sostanziale del confine marittimo nonostante il dispositivo pazzesco di controllo, nonostante le risorse clamorose destinate a Libia e Tunisia dall’Italia, nonostante il comportamento della guardia costiera e delle altre autorità che sanzionano le ONG; queste azioni di contrasto non spostano poi grandi numeri (a parte forse il record di arrivi del 2015/16).

 

Per sostenere Mediterranea in questa fase complessa, per sostenere chi salva le vite di coloro che fuggono da guerre, miseria, persecuzioni, dittature, disastri ambientali: https://donate.mediterranearescue.it/rescuemed/~mia-donazione

 

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