La crisi messa a valore: i luoghi, i soggetti e la riconfigurazione globale del lavoro, del potere e delle lotte

Centro sociale Cantiere- Via Monte Rosa, 84, Milano

PROGRAMMA

Sabato 29 novembre 2014

L’analisi della prima giornata verterà sulle modificazioni assunte dalla crisi economico-finanziaria nel suo svilupparsi nel tempo all’interno dei diversi territori, a livello globale. Quali sono le forme assunte dalla governance imperiale in Europa, nei Brics?

Le domande dalle quali vogliamo partire per discutere, in estrema sintesi sono le seguenti:

  1. È possibile, in un arco di medio periodo (2007-2014), proporre una periodizzazione della crisi?
  2. Dopo 7 anni di crisi, i paesi cosiddetti occidentali (Nord America, Europa e Giappone) si trovano ancora in una situazione di forte instabilità. Perché, nel capitalismo finanziarizzato, la creazione di liquidità non è di per sé sufficiente a uscire dalla recessione?
  3. I rapporti economici con i Brics si sono evoluti a vantaggio di quest’ultimi. Ciò significa che la crisi del 2007-2008 ha avuto un impatto diverso. Ciò dipende anche dal fatto che sono in atto processi di valorizzazione del capitale diversi?
  4. La Cina ha avuto un’evoluzione molto rapida verso forme di organizzazione della produzione via via sempre più cognitivizzata. Contemporaneamente, è stata teatro di una elevatissima conflittualità operaia. Sono ravvisabili contraddizioni?
  5. L’organizzazione dell’impresa multinazionale si è modificata verso forme ibride di management e finanziarizzazione che ne hanno mutato la struttura di comando. È ravvisabile un modello generale di organizzazione di impresa, essenzialmente basato su una composizione algoritmica del capitale, pur di fronte a strutture policentriche di comando economico e politico?

Ore 11.30: Apertura lavori

  • Andrea Fumagalli: “Scenari dalla crisi globale: 2008-2014. Nuovi paradigmi della governance imperiale”
  • Raffaele Sciortino: “Geopolitica delle lotte”
  • Massimiliano Guareschi: “La dimensione costituente della crisi”

Ore 13.00: Interventi dal pubblico e discussione

Ore 13.45: Pausa pranzo

Ore 15.00: Ripresa dei lavori. Tavola rotonda coordinata da Andrea Fumagalli

Partecipano

  • Christian Marazzi: Nuove forme dell’instabilità finanziaria
  • Orsola Costantini: Siate affamati, siate folli…e state sereni: le linee guida dell’Europa degli Hunger Games
  • Bruno Cava: Brasile: la misteriosa curva della retta lulista
  • Gabriele Battaglia: Le trasformazioni della Cina

Ore 17.00: Pausa

  • Conclusioni di Carlo Vercellone: Composizione organica del capitale e composizione di classe

Ore 18.00: Interventi dal pubblico e discussione

Ore 19.00: Chiusura dei lavori

Domenica 30 novembre 2014

Intendiamo questa seconda parte, dedicata alle soggettività, alle categorie interpretative, alle lotte e soprattutto all’empasse delle stesse, come un cantiere aperto, come una sorta di intervista collettiva, a partire da una serie di domande che devono essere intese come parte integrante del seminario. Intendiamo invitare non solo coloro che introdurranno i lavori – e successivamente i primi interventi della tavola rotonda che si terranno entro i 10 minuti – ma tutti* coloro che parteciperanno al seminario a prendere parola sui temi posti, a partire da una griglia di questioni che abbiamo individuato come centrali, e che pubblichiamo qui di seguito, come una basica struttura su cui costruire l’incontro. Non ci nascondiamo le difficoltà presenti e di conseguenza il bisogno di chiamare tutt* coloro che vorranno a un confronto collettivo su alcuni snodi che riteniamo critici.

A breve, tali domande – che comunque qui già proponiamo nelle loro linee generali – verranno meglio e più sinteticamente focalizzate, al fine di favorire lo sviluppo della discussione e la più ampia partecipazione.

Ore 10.30: Apertura lavori

  • Salvatore Cominu: “I temi e le domande”
  • Beppo Cocco: “Composizione sociale del lavoro. L’esempio del movimento brasiliano”

Ore 12.00: Inizio tavola rotonda coordinata da Gigi Roggero, con interventi di Paolo Vignola, Cristina Morini, Cantiere, Federico Chicchi, Gian Luca Pittavino, Francesco Pezzulli

Ore 13.00: Pausa pranzo light

Ore 14.00: Ripresa dei lavori della tavola rotonda.

Ore 15.00: Altri interventi e discussione

Ore 16.30: Termine dei lavori

UNA GRIGLIA DI POSSIBILI DOMANDE

– Nelle trasformazioni produttive degli ultimi decenni, nei mutamenti della composizione organica del capitale e della sua crisi (i temi discussi nella prima parte del seminario), il rapporto tra gerarchizzazione capitalistica della forza lavoro e processi di soggettivazione e contro-soggettivazione è diventato, almeno ai nostri occhi, di difficile interpretazione. Il problema di fondo che ci poniamo è: come oggi è possibile ripensarlo? Da dove partire e come impostare una griglia di questioni di ricerca teorica e politica?

– In questo quadro, un nodo cruciale riguarda i processi di sussunzione. C’è chi ha interpretato le trasformazioni produttive del lavoro come un passaggio definitivo alla sussunzione reale, chi vede un “ritorno” di processi di sussunzione formale della cooperazione sociale, chi li interpreta nella loro compresenza, chi ritiene necessario rimodulare o perfino superare il rapporto tra sussunzione formale e reale. Quali sono le tue valutazioni/ipotesi a riguardo? Soprattutto, la discussione su questo nodo quali elementi ci consegna rispetto al tema della composizione di classe?

– Va scomparendo la distinzione tra pubblico e privato. Si tratta anche di una ridefinizione dei poteri in cui lo Stato si fa sempre più spesso strumento del processo di estrazione del valore della finanza, fino alla confusione tra il debito pubblico e il debito privato, due meccanismi di assoggettamento e estrazione di valore sempre più difficili da distinguere (basti pensare alle municipalizzate che si indebitano secondo le norme del diritto privato e vengono ripianate dai contribuenti) è il solito principio della socializzazione delle perdite e della privatizzazione dei profitti. In che misura e in che forme l’estrazione di valore da parte del capitale passa dallo Stato, dalle sue leggi, dal suo apparato coercitivo? (imposte, cancellazione di diritti, redistribuzione del reddito verso la finanza).?

– Ci resta il problema di che cosa sia diventata la forma-impresa nel capitalismo contemporaneo, se essa sia un’escrescenza parassitaria rispetto alla cooperazione sociale, oppure se – ancorché con modalità inedite o per alcuni aspetti rovesciate – continui a organizzare i processi di estrazione del valore e di produzione della soggettività. Affrontare tale questione, significa anche porre il problema delle coordinate spaziali e temporali in cui oggi si forma la composizione di classe, laddove il lavoro tende a spalmarsi al di là dei suoi luoghi tradizionali. Ci sembra che tanto l’ipotesi puramente estrattivista, in cui la forma-impresa scompare, quanto quella di un dominio neoliberale, in cui la forma-impresa è così pervasiva da mangiare perfino la singolarità, colgano alcuni aspetti ma non forniscano risposte adeguate o comunque esaustive su questo nodo.

– A partire dal 2010/2011 abbiamo avuto quello che può essere definito un ciclo di lotte globali nella crisi, con alcune caratteristiche comuni (una composizione segnata dai processi di declassamento e impoverimento, l’occupazione di piazze e spazi urbani, la rilevanza dei temi del comune e dei commons, ecc.). Queste lotte hanno avuto – seppur in modo non omogeneo e con evidenti differenze a seconda dei contesti – un impatto immediato e importante nella circolazione di pratiche e immaginari, con una difficoltà però a sedimentare dinamiche organizzative e di contropotere. Sulla base della tua esperienza di ricerca e/o internità a specifici movimenti e conflitti, quali sono i principali problemi che individui?

– Schematizzando in modo brutale e semplicistico, possiamo forse individuare due “modelli” di lotte a partire dalle composizioni sociali di riferimento e dalle condizioni della crisi. Da un lato, in Europa e in Nord America (soprattutto nella zona dell’Europa meridionale e del Mediterraneo) ci sono state lotte a partire da “aspettative decrescenti”, cioè per difendersi o opporsi a processi di declassamento e impoverimento. Dall’altro, nei Brics (in particolare pensiamo al Brasile) ci sono lotte a partire da “aspettative crescenti”, cioè dalla percezione di appropriarsi di una ricchezza sociale in espansione collettivamente prodotta. Le aspettative decrescenti aumentano le difficoltà di trovare terreni comuni e possibili dinamiche di ricomposizione. Anche a partire da esperienze specifiche, su quali basi porsi il problema di rompere i livelli di accettazione e invertire la tendenza?

– Sempre sulla base della tua esperienza, quanto hanno pesato e pesano le variabili della razza, del genere e della generazione nella formazione della composizione di classe contemporanea e nei processi (innanzitutto quelli mancati) di ricomposizione?

– Viviamo in società multietniche, potenzialmente meticce, ma potenzialmente anche in guerra civile permanente; soprattutto in un’epoca in cui i fondamentalismi vengono riproposti in tutto il Mondo (e nel Mediterraneo con una forza strepitosa) e il nazionalismo emerge come frutto avvelenato e carta di ricambio di parte delle oligarchie che dirigono l’Unione Europea.

– Dobbiamo aspettarci il ritorno della retorica guerresca (anche in assenza, o a debita distanza dal dispiegamento effettivo di guerre) come retorica utile a ordinare e gerarchizzare le società? Inche forma? Come costruire lotte che evidenzino la dimensione comune degli interessi dei cittadini europei di vecchia data e dei nuovi? Come svincolare le istanze di redistribuzione del reddito dalla retorica (spesso razzista e sempre utile a segmentare la moltitudine), così facile in tempo d crisi, della scarsità?

– Al fondo, una delle questioni chiave che ci poniamo è: dove passa in modo prioritario la produzione di soggettività e di contro-soggettività? Quanto per i luoghi di lavoro più tradizionalmente intesi, quanto nello spazio urbano, quanto nei processi del consumo lavorizzato, ecc.? Quanto pesano le differenze territoriali e geografiche, ovvero le forme di divisione internazionale del lavoro? Nel tentare o azzardare delle risposte, vorremmo tentare di rifuggire dalle scorciatoie, soprattutto quella di un’indistinzione di spazi e tempi che sussume in categorie onnicomprensive processi che invece andrebbero analizzati nei loro tratti comuni e in quelli specifici.

– Se il capitale aspira a reclutare forza lavoro volontaria è perché è consapevole di poter offrire una contropartita diversa (e più economica) del salario, che verrà accettata, non già solo per ragioni di immediato ricatto materiale (altrimenti sarebbe necessario offrire un salario ancorché ingiusto). Si tratta proprio della valorizzazione di sé e del riconoscimento delle proprie capacità, competenze. Il capitale ti faceva lavorare e ti prometteva un salario e te lo dava. Oggi ti fa una promessa che non è detto che debba mantenere. Come realizzare dunque degli spazi di auto-valorizzazione che rappresentino contemporaneamente una esperienza di vita immediatamente liberatrice ed un esempio generalizzabile?

– Il fatto che, ad esempio, i migranti (spesso clandestini) trovino la forza di riconoscersi più forti nell’organizzazione delle lotte è indubbiamente positivo, ma che la moltitudine non riesca a favorire processi di ricomposizione e che questi segmenti vengano talvolta isolati è un rischio serissimo. Su quali storie e quali esempi possiamo lavorare? Quali sono gli strumenti efficaci del capitale e dei poteri di controllo per favorire ed alimentare questa situazione in cui gli interessi della moltitudine vengono presentati come divergenti? Questo potrebbe essere un elemento centrale (e non sufficientemente esplorato) a proposito dell’annoso tema di come costruire oggi uno sciopero?
Possiamo dire che bisognerebbe lavorare sia sull’efficacia, sia sulla costruzione di una solidarietà tra i segmenti della moltitudine che sia materialmente e ideologicamente fondata?

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