In questi giorni in Francia, numerose sono state le proteste di piazza per chiedere il ritiro del progetto di legge di riforma del mercato del lavoro, chiamato progetto El Khomri (denominata Loi Travail) , dal nome del ministro competente, Myriam El Khomri. Sui giornali italiani, tale progetto di riforma viene chiamato il “jobs act alla francese”, ma raramente si dice che cosa effettivamente prevede.

Tale disegno di legge comprende una serie di misure finalizzate a introdurre una maggiore flessibilità lavorativa. Punta a rendere più facile il licenziamento per ragioni economiche e affida al negoziato a livello aziendale un potere maggiore, con l’effetto di delegittimare il contratto collettivo, soprattutto per la gestione delle ore lavorative, così da annullare di fatto la già fortemente depotenziata legge sulle 35 ore. Di fronte alle prime proteste, ciò che verrà discusso in questi giorni al parlamento francese è un progetto che è già stato annacquato notevolmente dal premier Valls e dai suoi ministri. Ad esempio, è stata eliminata una norma che prevedeva di limitare gli indennizzi economici previsti per il lavoratore in caso di licenziamento. Tale norma ritagliava il livello di indennizzo esattamente sul modello del Jobs Act italiano nel caso di interruzione del rapporto di lavoro per i primi tre anni nel contratto a tutele crescenti. Nonostante ciò la partecipazione alle manifestazioni di piazza di giovedì 31 marzo è stata enorme (fino a 1,2 milioni di persone) e ha visto la presenza massiccia di molti giovani e studenti, che vedono profilarsi davanti un futuro di precarietà, come già avviene per i giovani italiani. Su questo tema rimandiamo all’intervista su Le Monde di Patrick Cingolani.  Molto determinato appare invece il premier Valls: “Non rinunceremo a questa riforma audace, intelligente e necessaria”.

In vista della manifestazione parigina del 31 marzo, la sera precedente a Tolbiac  (Parigi) si è svolta un’assemblea cittadina che ha registrato la convergenza  di prese di posizioni degli intellettuali francesi con gli organizzatori della manifestazione. Tra i messaggi letti, due hanno attirato in modo particolare l’attenzione dei presenti in una sala gremita: quelli di Jacques Rancière e Etienne Balibar.

Li riportiamo nella versione italiana. Qui la versione francese.

PS: fateci notare, visto come si sono giustamente infiammati molti cuori italiani sui social di fronte alle proteste francesi paragonandole al vuoto italiano, che i lavoratori francesi hanno avuto, immediatamente, al proprio fianco, il sindacato nella sua interezza (a parte un’unica componente, più destra e corporativa) a differenza di quanto avvenuto, in tutti questi anni, in Italia. Lo stesso può dirsi per quanto riguarda il milieu intellettuale di questo nostro Paese, se paragonato con ciò che sta avvenendo in queste ore Oltralpe (a parte, ovviamente, alcune voci…) . La mancanza di reazioni del precariato italiano va contestualizzata bene; vista la sua precaria e assoluta solitudine per diverso tempo, la resistenza è stata quasi eroica. Va dunque tenuto ben conto del contesto (per non ridurre ciò che è stato solo a una sorta di “estetica del buon precario”…).

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Jacques Rancière:

“Cari amici, non mi è possibile  essere con voi stasera. Voglio comunque esprimere la mia solidarietà a sostegno di  questa lotta. La posta in gioco non è solo quanto previsto dalla normativa

[progetto El Khomri]  e le sue implicazioni pratiche. Una legge non sancisce solo regole, ma può essere uno strumento  per costruire un mondo comune. Coloro che ci governano non vogliono solo consentire che il lavoro possa essere più conveniente a vantaggio del sistema delle imprese. Vogliono far cessare ciò che il lavoro è stato per quasi due secoli: un mondo condiviso di esperienze e di lotta e la possibilità di una condivisione della struttura di potere. Vogliono che, di fronte ai poteri forti, gli individui non siano in grado di gestire il proprio capitale umano. In nome di [questa] legge, i poteri forti vogliono non solo perpetuare strumenti di dominio ma instillare la rassegnazione, la sensazione che sia è inutile combattere e che il mondo che viviamo è quello che ci meritiamo. Il mio pensiero stasera è per coloro che hanno deciso di dimostrare che ci meritaiamo ben altro”.

 

Etienne Balibar:
“Purtroppo non posso partecipare al vostro incontro sull’organizzazione della giornata di protesta del 31 marzo. Mi auguro che sia un successo. Per questo  voglio inviare un messaggio di solidarietà. Lo faccio come un accademico e vecchio intellettuale impegnato in politica fin da studente, non per dare consigli ma per testimoniare un passaggio tra le generazioni. Il disegno di legge sulla riforma del lavoro del governo Valls [progetto El Khomri] minaccia i diritti fondamentali dei lavoratori senza offrire alcuna garanzia per contribuire alla diminuzione della disoccupazione, una vera e propria calamità che ormai colpisce i giovani (e in particolare nelle aree e nei quartieri più economicamente e socialmente svantaggiati). Al contrario, questa legge aumenterà l’insicurezza sociale e la precarietà dell’esistenza. E un progetto di legge che ha avuto una gestazione poco trasparente in accordo con le organizzazioni imprenditoriali e senza consultazioni, analisi o pareri di esperti in relazioni economici e di sociologia né con le part sociali. E’ un esempio di non democrazia che si accompagna a un processo di regressione sociale. A tutto ciò  si aggiungono, con il pretesto dello stato di emergenza, forme di divieto alla libertà di riunione e di manifestazione, e la violenza della polizia ci riporta in tempi “sinistri”. Una mobilitazione di massa, riflessiva, responsabile, ma decisa, è necessaria. Sono contento di vederla prendere forma e rivolgo un cordiale salute a tutte/i voi”.

 

Su questo tema, come Effimera, abbiamo intenzione si intervenire successivamente in modo più approfondito.

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