Ricordo della piazza sotto Torre Galfa ad un anno dalla elezione di Pisapia. In quell’episodio ritrovo tutti gli ingredienti che porteranno al disastro che ora si dispiega nelle urne. L’amministrazione arancione dimostra di non capire o di non voler capire il nodo fondante del rapporto fra movimenti e sinistra di governo. Invece di stare in quella tensione aperta dai movimenti, dalla società civile, nella voglia di ridefinire in modo propositivo, con migliaia di corpi, il piano urbanistico, il diritto amministrativo e l’attivazione dal basso, risponde con una miscela di amore paternalistico, decoro, vincoli burocratici e legalità formale che saranno la cifra del suo governo.
L’incomprensione si protrae per anni nel confronto pubblico con vari assessori. ‘Avete segnalato un’esigenza importante ora risponderemo con una proposta che valga per tutti’, dicevano. E fu cosi che spuntarono come funghi bandi sulla rigenerazione urbana, richiami alla partecipazione e alla cittadinanza attiva, mappature degli spazi abbandonati e del degrado, cui rispondevano imprese private che gestivano la partecipazione, i conflitti e i ‘processi gentili di gentrificazione’… Ricordo di dibattiti poco dopo con Stefano Boeri, ancora in carica, dove noi ribadivamo con forza che la produzione del comune nasce nelle lotte specifiche, che le risposte di governo non possono azzerare questi percorsi, sostituendoli con una generica e controllata rappresentazione della partecipazione, a colpi di urban-lab, messe a bando, e facilitatori… Parole al vento, e nemmeno quella sinistra a sinistra del Pd, capiva fino infondo, un pò ammaliata dall’idea di una città semplicemente più nuova, gentile e trendy.
Intanto molti gli sgomberi di spazi di movimento, sgomberi anche contro esperienze e percorsi che volevano un confronto costruttivo e propositivo su una idea di città altra. Mi sono chiesto spesso, come mai tutta questa voglia di normalizzare? Avevano in mano l’Italia! la città più importante che portava un vento nuovo, assieme a Napoli, Cagliari, Genova.. Un capitale politico incredibile, mentre la Grecia stava rifiutando le grandi coalizioni di centro, e la Spagna era in piazza con un movimento che ridefinirà le modalità di fare politica a sinistra nello spazio europeo. ‘Non dipende da noi… è competenza della questura’. ‘Lo abbiamo ereditato dalla giunta Moratti, ora dobbiamo essere elemento di garanzia perché l’evento si compia nel migliore dei modi e con il minimo dei danni’… Mi sono chiesto spesso, perché questo timore? Perché nascondersi dietro un’idea così timorosa di istituzione, invece che usare l’istituzione come strumento di lotta e posizionamento? Avevano percentuali bulgare, per citare Pisapia, proprio su questo tipo di mandato di innovazione radicale, e perché non osare di più allora!? Sono state persone oneste ma semplici e inadatti al ruolo? Si sono spaventati e accontentati di poco in difensiva? Hanno peccato di mediocrità? O forse la pressione di alcuni potentati era tale che hanno esaurito le loro energie nel tentativo di far trovare un accordo di cui fossero più o meno contenti tutti senza far troppo male a nessuno?
Due o tre anni fa andammo da Ada Lucia De Cesaris, le presentammo un documento come linea guida di una proposta di legge che avrebbe fatto gestire da cittadini e lavoratori spazi abbandonati in città, senza vincoli di partenariato e senza grandi investimenti economici. Un’idea di città in cui la buona volontà e lo spirito di impresa della cooperazione sociale avrebbe potuto restituire spazi di utilità pubblica alla città e creare lavoro per tante micro comunità. Ci rispose che eravamo bravi ragazzi ma non voleva avere grane con la Corte dei Conti. Un buon modo di liquidarci, di non considerare che quella proposta era frutto di persone adulte ed un soggetto politico maturo cresciuto in una rete nazionale e internazionale di ampio respiro, con alle spalle costituzionalisti e giuristi ai massimi livelli nella storia italiana. Intanto quello stesso documento nel dettaglio divenne legge a Napoli, accolta e caldeggiata da De Magistris su proposta dall’Ex Asilo Filangeri, allora in occupazione come noi, e quel percorso produsse una saldatura politica fra amministrazione comunale e movimenti, che porta ora alla rielezione di De Magistris con percentuali che Sala si sogna.
Intanto Ada Lucia De Cesaris si affrettava a fare accordi con Unipol per assicurare la ristrutturazione di Torre Glafa in un Hotel di lusso con Spa. Il grattacielo oggi è ancora vuoto, e il permesso di ristrutturazione probabilmente scaduto. Sinceramente, penso io, non è questo il problema! Non ha alcun valore questa gara a chi fa di più per il decoro urbano, a chi pulisce meglio, a chi è il cittadino più attivo! Io credo che ci sia un elefante nella stanza ed è la disuguaglianza e la redistribuzione sociale della ricchezza prodotta. E’ su questo punto che si arriva sempre alla resa dei conti. Il restyling della città non significa per forza benessere, welfare e avere una casa in cui abitare. Lo stesso Expo ha significato molti soldi pubblici investiti, creazione di debito, nostri soldi, e ha prodotto molto poco in termini di lavoro e lascito in infrastrutture. I più grossi interventi immobiliari da Porta Nuova a City Life hanno prodotto appartamenti di lusso per lo più invenduti: probabilmente questa nuova skyline non serviva poi a molti. E’ questa radicalità che manca, è questo l’urlo delle periferie e dei profughi e dei precari, ciò che manca ora è la consapevolezza che non è solo questione di conciliare capitale e pubblica amministrazione, di fare coesistere le differenze, ma occorre prendere posizione e decidere da che parte stare. A mio avviso questo è anche il tranello della sinistra che ad un certo punto decide di parlare solo di diritti civili, derubricando le disuguaglianze sociali. Il comune è l’insieme di tutte le resistenze, è la gente che quotidianamente produce relazione sociale, anche nelle case occupate dell’Aler, anche prendendosi cura a turno dei bambini che non trovano posto negli asili nido, anche facendo ricerca mal pagata, anche dipingendo l’aula di scuola che cade a pezzi, anche incatenandosi di fronte a una fabbrica perché il proprio lavoro è obsoleto, anche scendendo da un treno senza documenti per cercare lavoro sul mercato nero, anche cercando di ripagare i micro debiti quotidiani, anche (per onor del vero) coltivando la falsa speranza di una posizione lavorativa in uno stage mal pagato o lavorando gratuitamente per un grande evento. La ricchezza economica della città è soprattutto questa enorme produzione di relazioni, percorsi di resistenza quotidiana e di produzione sociale, e questo soggetto desidera benessere, desidera stare bene, vuole essere preso sul serio, e vuole avere corrisposto il valore che produce.
Qualche giorno fa ho ascoltato in un incontro pubblico una relazione di Sergio Bologna su gli anni 70, intitolata ‘Ritornare sui propri passi’. Riferendosi all’operaismo e alle lotte sociali di quegli anni sottolinea una cosa che mi ha colpito molto: abbiamo perso tutto sul piano delle conquiste materiali, contratti, occupazione, salari, salute, nei decenni successivi invece che migliorare si è disintegrato tutto. Quello che abbiamo conquistato è la coscienza stessa della gente, la presa di parola. E’ lo stesso sblocco che è successo col femminismo, dopo gli anni sessanta le donne sapevano di non poter tornare più indietro. Cosi per i lavoratori e i cittadini.
E cosi penso anche oggi, questo blocco sociale, che in gran parte era in piazza a festeggiare le ultime elezioni cittadine, aveva preso parola e ora non vuole tornare indietro, e sarà difficile farlo uscire dall’astensionismo con i ricatti del pericolo fascista o addomesticarlo con intrattenimenti di facciata. Bisogna semplicemente decidere chiaramente se si sta dalla sua parte o meno.
Il risultato di questo primo turno è un chiaro segnale che questa gente se la sono persa per strada, perché la direzione che si è presa non sta parlando questa lingua e questa saldatura.
Non mi sono mai fidato dei tatticismi, è stupido votare contro per vendetta, per fare perdere la controparte più alla svelta, per liberare spazi politici…. poco importa. La verità è che noi, società civile e movimenti, non abbiamo costruito una proposta politica di governo, quindi queste posizioni tattiche non hanno senso. Il nostro ruolo è quello di essere voce indipendente che esprime un rapporto di forza autonomo e sta nella società.
Io credo che una buona proposta di governo del futuro non possa prescindere da una forte alleanza con questa presa di coscienza della gente, e lo debba fare con estrema chiarezza e verità.
Immagine in apertura: Macao, Torre Galfa occupata, 5 maggio 2012, di Delfino Sisto Legnani
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