Introduzione.

La nostra epoca è contrassegnata da una situazione di crisi diffusa, in cui la crisi finanziaria gioca un ruolo egemone.  Di fronte a questo scenario le istituzioni paiono immobili. Si è riflettuto molto su legame tra il potere e l’attuale sistema di debito/credito

[1]: il contesto in cui viviamo è assoggettato al capitalismo neoliberale, il quale crea “ un soggetto “adeguato” a livello morale e legale (il debitore, appunto)”. Inoltre opera a livello “preindividuale (…) attraverso dispositivi tecnici macchinici e automatici)” [2].

Queste riflessioni risultano importanti  per costruire un discorso attivo che metta in gioco anche un ripensamento della pedagogia. Ci indicano infatti che le interrelazioni tra il mondo economico e quello sociale toccano tanto il livello individuale tanto quello pre-individuale, ossia tutta quell’area che influisce sul nostro stare-nel-mondo e sulla quale (in apparenza) non abbiamo possibilità di scelta, almeno nel qui e ora della quotidianità. La società appare già strutturata – a priori- in modo sganciato dalla nostra volontà e questa struttura influisce su di noi, ad un livello che potremmo definire latente.

“L’uomo è quindi in questo caso usato come un ingranaggio che si articola senza molte possibilità di resistenza con il non-umano”[3].

La società capitalistica si contraddistingue per l’egemonia che la moneta come capitale esercita sul mondo concreto delle relazioni sociali, operando una sorta di potere a-territoriale (senza territorio né regole?). La moneta emerge dalle relazioni credito/debito e  influenza l’intero sistema economico e sociale in modo latente.

In un contesto di politiche economiche fortemente restrittive, assistiamo alla diffusione di strumenti monetari, spesso ancorati al mondo digitale – che, in alcuni casi, aspirano a raggiungere un’autonomia diffusa capace di frenare il gioco dell’indebitamento crescente che sottostà alle logiche finanziarie imperanti.

Alcune esperienze legate all’innovazione in campo digitale stanno cercando di minare le basi delle logiche capitalistiche attraverso queste stesse logiche.

Un articolo recentemente pubblicato da Carlo Vercellone su Effimera[4] pone la questione di un possibile uso della moneta e della finanza come strumenti contro il capitale stesso, in questo scritto ci vengono mostrati due esempi di tale processo: ATTAC e il progetto Robin Hood.

A oggi il capitale appare come una forma totalmente astratta rispetto al mondo della merce e della produzione, appare come “rendita in divenire”.

“La classe dei capitalisti che, in ragione della proprietà dei mezzi di produzione e di sussistenza, può accedere alla moneta indipendentemente dal proprio lavoro e controlla i meccanismi della creazione monetaria (…) il capitale può inoltre influenzare in modo decisivo il volume della produzione e dell’impiego. (…) dall’altro, abbiamo la classe di coloro che non possiedono che la loro forza lavoro. Per poter accedere alla moneta e a un reddito sono dunque costretti a trovare un impiego salariato, un impiego che dipende dunque dal volume della produzione che i capitalisti decidono di mettere in opera in funzione delle loro aspettative di profitto[5]”.

Ciò che va sottolineato è il fatto che il lavoro e lo sforzo del singolo non possono più giocare un ruolo cruciale nella definizione del valore salariale in quanto è il capitale che detta le regole del gioco della produzione. Per usare le parole di Stefano Lucarelli “il concetto di valore del lavoro ancorato al tempo di lavoro viene di fatto messo in discussione dal modo in cui il denaro viene indirizzato verso la struttura produttiva”[6].

Per scardinare il ruolo egemone del capitale visto come “profitto in divenire” potrebbe essere utile utilizzare lo strumento monetario per creare un circuito differente che possa essere fonte di reddito, in modo da poter sganciare il reddito e la capacità di acquisto dall’impiego salariato. Ad esempio si potrebbe utilizzare la moneta del Comune per offrire un social basic income, come una via per liberare tempo e risorse personali dal gioco capitalistico delle costrizioni e dei ricatti, al fine di lasciar fluire la creatività nello sviluppo di attività produttive autonome.

A oggi vediamo la nascita di processi di ristrutturazione dei rapporti di produzione.

“ …i Commons collaborativi, che nell’accezione data da Rifkin , diventa un termine generalista riguardante i principali settori dell’attività umana. Dentro c’è di tutto: la sharing economy , il software libero, le reti sociali, l’internet delle cose e dell’energia e la crescente moltitudine d’iniziative “alternative” sotto forma di start-up, associazioni, cooperative etc. che navigano come possono nella palude della recessione. Secondo Rifkin questa generica cooperazione, approssimativamente orizzontale, si sostituirà a quella gerarchica del capitalismo provocandone l’ineluttabile declino[7]”.

Nello stesso contributo viene ricordato che di fatto il sistema vigente è capace di inglobare questo valore all’interno del circuito di sfruttamento capitalista. In questi processi alternativi possiamo rintracciare diversi strumenti atti a sorreggere le neonate comunità, uno di questi strumenti sono le monete alternative o complementari. Spesso la tecnologia è complice del cambiamento perché permette una facile (e veloce) connessione tra luoghi e tra persone ed inoltre, le specificità delle reti P2P e delle logiche hacker permettono di mantenere una struttura politica ed una gestione trasparente e decentralizzata.

Le digital social currency sono un esempio della creazione bottom-up di circuiti monetari tarati sulle esigenze specifiche di determinate comunità. In questi spazi progettuali la moneta viene (ri)pensata a partire dal suo valore sociale, tanto nell’uso quanto negli effetti.

Tuttavia le domande fondamentali che accompagnano queste esperienze non sono affatto semplici da affrontare e spesso fanno emergere delle contraddizioni e delle incomprensioni fatali:

cosa rappresenta la moneta? Perché viene messa in opera? A quale bisogni si intende far fronte attraverso questo strumento? Quali sono le caratteristiche che dovrebbe avere per poter svolgere la funzione per cui viene chiamata in essere? Che influenza ha la società, in quanto contesto che costruisce gli strumenti adatti alla convivenza, sugli strumenti stessi? Come è possibile ri-pensare il sistema in cui viviamo dall’interno delle sue logiche?

La tesi che proponiamo in questa sede è che esiste una sorta di retroattività, una forte correlazione biunivoca, tra il contesto sociale e gli strumenti che esso pone in essere.

Ri-pensare la moneta significa tornare a sostare sul pensiero, creare nuovi paradigmi, nuove pratiche, sperimentare, alla luce degli effetti storico-culturali sprigionati dal nostro passato in quanto esseri umani,  un determinato modo di stare-nel-mondo e di con-vivere.

Riconosciamo in questa sede l’esistenza di una rete di correlazioni tra ecosistemi. L’analisi della situazione odierna ci spinge a credere che sia necessario ripensare le nostre istituzioni, a partire da quella monetaria. Per fare ciò, in questa sede, accosteremo una particolare pratica educativa ai temi ed alle problematiche che si incontrano nel campo della critica all’economia politica.

L’apprendimento di cui stiamo parlando in questa sede è comune a diverse scuole di pensiero parte della pedagogia alternativa o libertaria. È un apprendimento che non prevede la trasmissione del sapere, step obbligati in un sistema unico, in cui vige la gerarchia tra ruoli, si tratta piuttosto ed essenzialmente di un apprendimento-con-l’altro e nel-mondo. Cercheremo di applicare questo metodo alla riflessione sui circuiti monetari nella convinzione che l’essere umano possiede la capacità di poter scegliere l’habitus che ritiene più adatto, combinando pensiero ed azione.

1. L’interrogare radicale e i temi dell’economia

Un nuovo circuito monetario da istituire può rappresentare un’occasione per guardare alla filosofia come pratica[8]. La pratica filosofica è intimamente legata alla sfera educativa, poiché lega la forza delle abilità del pensiero all’esperienza personale, alle relazioni ed all’azione. Questo tipo di filosofia ci fornisce alcuni strumenti utili alla riflessione sul nostro essere ed essere-nel-mondo. Lo strumento principe è l’interrogare radicale. La filosofia ci permette di immergerci in uno spazio in cui poter riflettere-assieme sull’istituzione monetaria per comprendere quali sono le relazioni che legano la cultura e il sapere alle pratiche di convivenza e di scambio, per giungere a questo obiettivo ci affideremo alla validità contingente di una ricerca comunitaria svolta in loco, creando spazi di ricerca comune.

Per avere una valuta che sia capace di rispondere alle aspettative ed ai processi in cui le comunità stesse sono coinvolte, necessitiamo di un supporto che permette di integrare i progetti messi in atto con le aspettative, i bisogni e gli immaginari legati alla cultura locale nonché con il pensiero e con le emozioni degli attori coinvolti.

2. La Comunità di ricerca filosofica e la pratica della P4C

Esistono molte pratiche educative a stampo alternativo, comunitario o libertario. La differenza nell’attuazione delle stesse non rispecchia una differenza di paradigma ma al contrario, sottolinea la comunanza di queste visioni pedagogiche attorno alla concretizzazione di uno spazio educativo comune, costruito-assieme, in cui co-costruire i saperi, valorizzare i partecipanti e i vissuti personali, mantenendo una costante attenzione alle esperienze e sulle emozioni, dando importanza alle interconnessioni tra persone e tra (eco)sistemi[9].

Lo spazio della comunità di ricerca filosofica (CdRF) è stato proposto come strumento valido in campo educativo, poiché crea un contesto adatto al ri-pensamento del nostro essere e essere-nel-mondo. Il processo di apprendimento non segue un iter formalizzato né tanto meno si pone obiettivi specifici, si propone invece come processo di costruzione comune. Ogni specifica comunità di ricerca che si verrà a formare, rappresenta lo spazio in cui poter riflettere e costruire assieme, tenendo in conto tanto la ragione quanto le istanze emotivo-riflessive che stanno alla base di ogni processo umano; l’istituzione e l’uso dello strumento monetario non sono un’eccezione.

La CdRF offre uno spazio favorevole alla stimolazione e allo sviluppo delle varie abilità del pensiero e delle competenze relazionali e sociali. Il contesto educativo e di ricerca che si verrà a creare di volta in volta, sarà lo spazio peculiare del “riflettere assieme in un ambiente accogliente”, lo spazio per esercitare il pensiero nelle sue diverse funzioni e per stimolare e sviluppare un’attitudine critica e auto-critica che potrà essere la base per aprirci verso un’apertura radicale di fronte all’Altro, richiamando in toto la filosofia di Levinàs, nella relazione vis-a-vis.

Lo spazio della CdRF, in questo caso è connotato dalla pratica della philosophy for children: la possibilità di esperire la propria libertà e creatività in momenti leggeri, di gioco, di riflessione e introspezione permette di trovare nuovi modi di comporre le differenze senza generare conflitti oppositivi – basati su rigide gerarchie e gerarchizzazioni; la creatività si manifesta non solo nella sfera delle relazioni ma anche sul versante della concettualizzazione e dell’analisi razionale. Qui emergono  molteplici inter(retro)relazioni che divengono fonte di conoscenza e spunto per un continuo domandare. Base per intraprendere una ricerca potenzialmente infinita.

Vivere l’esperienza della comunità di ricerca è una possibile fonte di ispirazione verso il cambiamento, nel momento in cui si viene a creare il contesto adatto alla co-costruzione del sapere -reale e contingente- all’interno di dinamiche di rispetto reciproco ed incontro.

Questi elementi fanno sì che divenga possibile costruire un sapere che -come ogni altro sapere è prospettico e per cui limitato e contingente- rappresenta la possibilità di esperire il limite su di sé, di ricercare diverse vie di procedere, di pensare, di comporre, collegare e costruire in un’ottica filosofica, che richiama l’amore per la sapienza in un clima giocoso, non rigido. La philosophy for children nasce nel contesto statunitense degli anni ’70, richiamando le questioni della crisi epistemologica che in quegli anni investe tutte le discipline, è una pratica didattica promossa da Matthew Lipman, questa rispecchia un modello educativo che richiama fortemente l’idea di democratizzazione dell’insegnamento promossa da J. Dewey, promuovendo al contempo uno spazio comunitario e di ricerca ed i valori ad esso collegati.

La CdRF è una modalità attraverso cui il soggetto può educarsi e educare al pensiero nella sua totalità, il fine non è certo quello di far passare determinati contenuti come giusti, attraverso l’apprendimento di informazioni e concetti unilateralmente trasmessi.

É importante riconoscere la razionalità, aspetto del pensiero a oggi assolutizzato, non è l’unico strumento a nostra disposizione, è altrettanto importante dare spazio alla scoperta e al giudizio delle variegate relazioni che intercorrono tra i concetti, le emozioni e i contesti che ruotano attorno agli argomenti oggetto d’indagine, riconoscendo il ruolo fondamentale rivestito dall’esperienza diretta di ognuno, nella gestione ed integrazione delle informazioni emerse. La parte fondamentale del processo educativo non è l’acquisizione di informazioni, bensì la comprensione delle relazioni interne e reciproche tra gli argomenti oggetto d’indagine [10]. La forza di questo tipo di percorso educativo sta nel vissuto stesso, il quale permette di comprendere in prima persona che le abilità di pensiero non si trovano all’interno delle discipline ma le trascendono, andando a creare lo spazio della mente umana, che ogni volta si pone singolarmente in relazione con gli altri e con il contesto. La relazione in quanto tale chiama in causa l’area affettivo-relazionale ed emotiva, possiamo intuire già da ora che lo spazio di ricerca comune non è votato alla mera speculazione poiché di fatto è intriso di vissuti, pensieri ed emozioni personali che divengono parte del gruppo e del sapere che qui si genera, si tratta di un contesto che coglie le dimensioni della tolleranza, del rispetto e della valorizzazione delle differenze e del confronto, non tralasciando perciò gli ambiti del conflitto e del dubbio.

3. Un progetto con i bambini

La proposta “Giocare a pensare. Monete e ricchezze (?)” è stata rivolta alla classe 3B della scuola primaria di Coccaglio, Brescia. Il percorso, svolto nei mesi di maggio e giugno 2015 e ripreso poi da fine novembre a gennaio 2016, è stato pensato per avvicinarsi e riflettere con i bambini su temi importanti del campo economico, quali le questioni portate dalla moneta e dalla ricchezza, nonché della relazione tra queste.

Il percorso svolto segue gli standard formativi della comunità di ricerca che opera in tutto il mondo, da circa quarant’anni, attraverso le pratiche di “philosophy for children” (P4C) e  CdRF. Il laboratorio presenta la peculiarità di essere incentrato su una tematica, scelta arbitrariamente per i fini della ricerca. I pre-testi presentati sono stati scelti perché considerati coerenti con l’obiettivo: riflettere assieme sul concetto e sull’uso di moneta; il fine non è quello di guidare il gruppo-classe verso un pacchetto di informazioni, nozioni, contenuti e relazioni, supposte le uniche oggettive e adatte ad essere trasmesse ma di fatto lasciamo che emerga un percorso dagli interessi comuni. In questo modo è più facile che ci sia apprendimento poiché i bambini scoprono assieme, uno grazie all’altro e sono stimolati alla riflessione sia dal pretesto che dal dialogo e dalle dinamiche che si susseguono nello spazio della CdRF.

In questo laboratorio il focus è stato posto sulla moneta, in quanto strumento che si presta ad essere utilizzato quasi in modo inconsapevole poiché routinario e istituzionalizzato.

Possiamo ipotizzare che il sapere emerso sia legato alla cultura di appartenenza di tutti e di ognuno, cultura che richiama il contesto territoriale locale e ogni contesto culturale che ha influenze sul bambino, la famiglia, la scuola e l’influenza dei mezzi di informazione e di comunicazione, nonché dei vari macro-contesti in cui siamo inseriti.

Dal laboratorio è emerso che i bambini possiedono gli strumenti per poter affrontare anche una tematica considerata quasi tabù per la loro età, come quella del denaro[11]. Se il contesto è adatto[12], si creano le basi per far emergere un sapere, per conoscere e per esplorare assieme. I bambini hanno dimostrato interesse e di possedere la capacità di avvicinarsi a questo tema, troppo spesso considerato prerogativa del mondo adulto, inoltre hanno sviluppato una propria coscienza collettiva e le basi per un’indagine potenzialmente senza fine.

Dal questionario compilato alla fine del secondo ciclo i bambini hanno risposto a due domande specifiche sulla strumento monetario.

Cosa è la moneta secondo te?

  • per me la moneta non è niente
  • la moneta è un oggetto
  • è un soldo e puoi comprarci tutto quello che vuoi tranne parti del corpo o emozioni
  • è una moneta, ci puoi comprare alcune cose
  • è una cosa preziosa
  • è una cosa utile ma non molto comprensiva, una cosa di valore
  • la moneta rappresenta il simbolo dei soldi, del ricco, di responsabilità e generosità
  • la moneta è importante per avere un futuro
  • secondo me la moneta è una cosa che serve per comprare le cose
  • per me la moneta è un mezzo per comprare cose sia utili che giochi
  • la moneta è oro e argento, ha disegni e si usa per pagare
  • una cosa di valore
  • una cosa brutta perché per i soldi (la moneta) si può anche far scoppiare una guerra
  • una cosa non troppo importante ma a volte serve proprio
  • i soldi servono per vivere e sono indispensabili per l’uomo
  • del ferro con incisioni che vale dei soldi, dipende che incisione c’è
  • per me la moneta è qualcosa che si guadagna

 A cosa pensi che serve la moneta? Perché l’uomo l’ha inventata?

  • la moneta per me non serve a niente, l’uomo l’ha inventata perché pensava che è una cosa che aiuta a non litigare e a non prendere senza permesso ma per me non è vero
  • serve a mangiare e altre cose. Per me l’uomo l’ha inventata per svolgere lavori e guadagnare
  • l’uomo l’ha inventata per cambiare la lira, per pagare, per volontà
  • la moneta serve per comprare cose che ti servono, l’uomo l’ha inventata perché serve a vivere
  • serve per comprare ciò che vuoi, l’uomo l’ha inventata per soddisfare tutte le persone
  • per comprare le cose che ti servono e per pagare
  • se non c’era la moneta tutti potevano prendere tutto senza niente
  • secondo me l’uomo l’ha inventata perché era stufo di barattare
  • a comprare cose utili per la vita, a un amico (o un’animale) con cui potrei divertirmi
  • l’uomo l’ha creata per pagare. Poi non so cosa ha fatto per crearla
  • serve per vivere e l’uomo l’ha inventata perché chi procurava le cose e per chi fa uno sforzo doveva essere ricompensato
  • serve per mantenersi e per permettersi di acquistare l’occorrente
  • una cosa utile per prendere cibo, casa, mobili, aiutare le altre persone
  • per scambiare
  • per ricompensare gli sforzi di una persona
  • serve per comprare le cose

 Le risposte dei bambini delineano la moneta come:

  1. oggetto, prezioso o di valore, con determinate caratteristiche e funzioni
  2. mezzo
  3. simbolo

Le funzioni della moneta emerse rimandano ai seguenti aspetti:

  • aiuto per non litigare, per prendere le cose che esistono, per uscire dal baratto
  • ricompensa per il lavoro, per uno sforzo o per chi procura le cose
  • mezzo utile per comprare (cose utili e divertenti) e per avere un futuro
  • pagamento
  • scambio tra moneta e altre cose
  • soddisfazione delle necessità di tutti

É interessante notare che la riflessione ha fatto emergere aspetti che vanno oltre, al di là, del puro aspetto economico, inteso nell’accezione oramai stereotipata di pura ricchezza. I bambini hanno centrato l’attenzione sull’economia intesa come ambito problematico che di fatto è già da sempre legata alla cura e alle relazioni. Vediamo nello specifico ciò che è emerso:

  • l’aspetto di generosità e condivisione legato al denaro
  • il comprendere che la ricchezza non è solo monetaria
  • la relatività dell’importanza dei soldi rispetto a quello della vita
  • i modi d’uso della moneta (che non si riferiscono solo alla compravendita al fine di supplire a necessità personali)
  • la differenza dei desideri e dei bisogni individuali (oltre che all’esistenza di bisogni comuni come l’acqua e il cibo)
  • la moneta e la ricchezza non sono sempre una cosa positiva
  • che tutti possono volere i soldi, anche una bambino[13]
  • la moneta cambia nel tempo, nello spazio e nel valore

4. Conclusioni aperte.

Per far fronte alla crisi della liquidità e del modello economico basato sul capitalismo finanziario, che ha inglobato l’intero sistema sociale e che di fatto rivela che ciò che accade in campo economico non resta isolato ma ha effetti che coinvolgono tutti gli ambiti della società, dovremmo ricordare che l’economia come la conosciamo è un paradigma che si è imposto negli ultimi due secoli ma che rispecchia solo una parte dei rapporti e delle dinamiche economiche vissute all’interno del contesto sociale.

L’economia attuale si presenta come una sfera autonoma e autoreferenziale, che pare non rispondere alla volontà di creare un sistema al servizio e a favore della società. Eppure nuove forme di economia e immaginari alternativi stanno creando spazi di incubazione per nuove pratiche sociali, politiche ed economie.

Il processo di ripensamento dello strumento monetari ci permette di intuire le potenzialità della moneta, in quanto istituzione che abbiamo posto in opera, uno strumento di per sé sociale, comune e comunitario, poiché creato a favore della società. Questo potrebbe aiutarci a sviluppare una consapevolezza tale da permettere di slegarci dall’attuale credenza che la moneta sia ricchezza.

Nel corso della storia dell’occidente possiamo vedere che lo strumento monetario ha assunto molteplici sfaccettature, da mezzo per lo scambio a riserva di valore, fino a diventare credito e investimento. Come abbiamo ricordato l’economia è una sfera dei rapporti sociali e non ne è indipendente. La moneta in quanto istituzione, cioè strumento creato dall’uomo, si interconnette con le trasformazioni sociali ed economiche. È interessante riportare in questa sede una riflessione tratta da un contributo[14] di Christian Marazzi sulla centralità della comunicazione e del linguaggio all’interno del mondo del “nuovo” capitale.

Marazzi ci ricorda che nell’epoca della produzione fordista alla fine della giornata lavorativa “…la scatola degli attrezzi la si lasciava nello spogliatoio (…) vi era separazione tra produzione e riproduzione, tra produzione e consumo, tra produzione e circolazione; nel postfordismo proprio perché il linguaggio è uno strumento di lavoro così importante, funzionale,questo strumento di lavoro che caratterizza l’uomo in quanto animale linguistico non si separa mai da noi, il linguaggio con tutto quello che significa: capacità di relazione, produzione di legame sociale, di pensiero, ecc…  (…) ce lo portiamo appresso …[15]

Questo intervento può aiutarci a scendere in profondità nel momento in cui affermiamo che il linguaggio è performante rispetto alla realtà nonché quando ipotizziamo che la moneta abbia lo stesso potere.

A oggi vediamo che il soggetto -in quanto lavoratore e/o cittadino- e la sua vita sono stati risucchiati all’interno del circuito di valorizzazione e di profitto. La vita stessa è una fonte di valore (quantificabile a mezzo denaro).

Come ha potuto accadere tutto questo? La relazione tra denaro e linguaggio che Marazzi fa emergere può darci una chiave di lettura di questi processi?

Ripartire dalla costruzione di spazi adatti alla costruzione di un pensiero ( e un linguaggio) comune sul “mondo che vogliamo” potrebbe essere la spinta verso un cambiamento che implica l’abbandono degli immaginari e delle pratiche, spesso distorte nel loro senso, che stanno guidando il presente, con gli effetti che vediamo e viviamo quotidianamente.

La riflessione sulla moneta del Comune chiama in causa le questioni della convivenza e della socialità stessa, le quali rendono possibile lo spazio in cui l’uomo condivide, la ricerca di un ancestrale equilibrio, attraverso la soddisfazione dei bisogni di tutti. La moneta serve una comunità, è lo strumento grazie a cui si mettono in relazione i produttori con i beni e da qui, i bisogni individuali entrano nello spazio relazionale della domanda collettiva.  La moneta viene vista come quel punto fermo utile ad evitare il caos all’interno del circuito sociale di scambi[16].

Questo punto fermo è del tutto arbitrario e determina un concetto di valore con cui possiamo misurare la produzione individuale in un contesto sociale. Tuttavia è bene ricordare che il valore assegnato dalla collettività a questo punto fermo è dovuto al “credere che la moneta abbia valore”, possiamo richiamare la teoria del mimetismo di Girard per spiegare come sia possibile che una moltitudine di uomini dia valore – e potere – a qualcosa che di per sé non ne ha.

Possiamo compiere alcune riflessioni non esaustive ma significative per comprendere quali sono le variabili che possono definire un ecosistema che possa essere la cornice adatta per il ripensamento dell’istituzione monetaria.

Il contesto viene chiamato in causa in quanto spazio che offre gli strumenti adatti alla convivenza e in quanto spazio educante.

La scelta di istituire e/o adottare una criptomoneta all’interno di un circuito di produzione e/o di scambi porta con sé una determinata pratica organizzativa che si compone di produzioni autonome e decentralizzate. Queste pratiche hanno valenza politica e sociale dal momento in cui creano e sostengono nuovi rapporti sociali di produzione e nuove strutture di potere e di senso..

“Si moltiplicano i Commons dell’autonomia, forme cooperative di produzione autonoma ecologica e postcapitalista. Essi sono organizzati a partire dal locale verso il globale (glocal) e sperimentano forme di autogestione venate di un’etica egualitaria e non capitalista: un insieme d’orientamenti di vaga ispirazione anarchica.[17]

Questi nuovi contesti si presentano come modalità differenti di produrre tanto beni e servizi per il commercio, quanto forme relazionali ed economico-sociali distinte.

Possiamo ipotizzare che l’educazione giochi un ruolo nei diversi livelli di questo processo?

Promuovere ed “agire” alternative rispecchia una scelta, quindi un pensiero (più o meno cosciente). Da un lato possiamo guardare al processo di auto-educazione che mette in atto la persona che entra in questo gioco. D’altra parte esiste anche un processo collettivo di autogestione e autorganizzazione (tanto individuale, del proprio operato, quanto del nuovo contesto) che implica percorsi educativi ed educanti in cui ri-pensare a relazionar-ci, con noi stessi e con le nostre emozioni, con gli altri, con i nostri modelli e schemi, con il mondo.

Non dobbiamo dimenticare che la costruzione di sistemi e contesti alternativi necessita di incontrare una sorta di stabilità, un equilibrio nel lungo termine ed è per questo che mantenere aperti spazi educanti è una delle chiavi per la riuscita di questi progetti.

La costruzione in atto appare orientata all’azione.

“… benché viviamo sotto la pesante influenza di un’ideologia neoliberale, la generazione Y preferisce ed è portata a dare la precedenza all’azione. Non sembra importante qui approfondire se questa propensione a un fare che precede la riflessione sia una conseguenza di certi eccessi ideologici delle generazioni precedenti …[18].

Questa breve riflessione di Giorgio Griziotti ci riporta all’importanza dell’educazione come processo dinamico, itinerante e plurimo. L’educazione di cui parliamo in questa sede non riguarda la trasmissione di contenuti e informazioni, spesso sterile poiché avviene in un contesto gerarchico e autoritario, ma è l’educazione in quanto pratica umana, uno strumento che ci permette di “metterci alla prova”, di comprenderci in quanto individui ed entità sociali. Pertanto richiamiamo di nuovo un’educazione che è prima di tutto una pratica, è esperienza. Abbiamo visto che nei processi di ri-costruzione in atto viene privilegiata l’azione, questo tipo di pedagogia potrebbe essere una strumento adatto a costruire ecosistemi resilienti nel tempo. Attraverso la pratica educativa possiamo dare un supporto concreto ai processi in atto?

Forse ciò di cui abbiamo bisogno per uscire dallo stato di crisi diffusa in cui ci troviamo è il poter recuperare una dimensione collettiva di riflessione, per porre in essere un ri-pensamento totale e globale della vita-dell’uomo-nel-mondo.

Le nuove pratiche dette collaborative sembrano saper usufruire del valore generato dalla relazione e dalla digitalizzazione del mondo. Relazioni tra uomini, con l’ambiente e con le sue risorse e con le tecnologie. Il contesto che si viene a creare sulla base di questo tipo di inter-relazioni e sinergie si distingue dai molti contesti sociali che conosciamo, improntati all’efficienza e che ruotano attorno a concetti che stimolano l’individualismo competitivo e le pratiche relazionali correlate ma promuove pratiche comunitarie e collettive che richiedono fiducia gli uni negli altri, collaborazione e condivisione dei mezzi, del sapere e degli spazi, in vista della ricostruzione comune della società umana, in modo che possa essere vivibile.

“L’intervento politico non deve avere per oggetto i meccanismi dell’economia di mercato, ma le condizioni del mercato (sta qui il carattere performativo di questi interventi)”[19].

Questo ci riporta all’importanza di creare un contesto adatto al funzionamento degli strumenti che creiamo, cioè che permetta un’adeguata gestione degli stessi.

Alcune realtà veicolano i valori di un circuito sano, le pratiche messe in atto rispecchiano l’adeguatezza delle basi della progettazione stessa, è per questo che il contesto che pone in essere questa struttura dovrebbe possedere determinate caratteristiche.

La peculiarità delle comunità che stanno sperimentano una digital social currency è quella di essere le cornici in cui l’innovazione sociale, bottom-up, sta creando pratiche e nuovi modelli, maggiormente conformi al bisogno di affrontare un ripensamento monetario, a partire dalla concretizzazione di sistemi di governance distribuita e dalla partecipazione responsabile di ognuno.

La costruzione di un circuito monetario non può essere un processo calato dall’alto, non è sufficiente una buona tecnologia o buoni progetti, poiché il fattore chiave è la partecipazione e la volontà della cittadinanza, di chi utilizza lo strumento monetario e per cui gli dà valore (crede in questo valore).

Il processo di istituzione monetaria è un processo complesso per ciò occorre sedimentare una cultura volta a pensare la moneta come strumento dell’uomo per l’uomo.

La convinzione di chi scrive è che la riflessione comune attorno alla società che vogliamo e agli strumenti che scegliamo di porre in opera sia di grande importanza per costruire un determinato tipo di contesto sociale. Nello specifico è stato ipotizzato di creare spazi adatti a questa riflessione comune attraverso lo strumento filosofico dell’interrogare radicale, proposto secondo i canoni di una delle pratiche filosofiche, la philosophy for children che permette di valorizzare le potenzialità del pensiero complesso e plurale.

Abbiamo scelto questo strumento per interrogare i paradigmi, in questo caso della dottrina economica dominante e per attivare una riflessione attorno all’economicismo e al ruolo che ha in esso l’homo œconomicus, posto a paradigma da questa specifica ideologia. Abbiamo visto la pluralità a cui apre lo strumento filosofico dell’interrogare radicale come problematizzazione in essere.

Questo percorso non può sganciarsi dalle realtà che si trovano all’interno delle contraddizioni del nostro tempo.

Lo studio dei mutamenti sociali e culturali, anche in campo economico, ci mostra come le pratiche diffuse sono di per sé educanti poiché nel tempo, creano una cultura e un sapere collettivo, che restano sullo sfondo come forze latenti che influiscono sulla quotidianità, mantenendosi e trasformandosi nello stesso tempo.

La moneta in quanto istituzione fa parte della cultura, localizzata, e il suo uso concorre al mutamento della cultura stessa. Se poniamo come assunto che il contesto sia educante possiamo mantenere la speranza che le comunità improntate all’innovazione sociale e che fanno perno sulla collaborazione e sulla condivisione, non saranno inglobate dal sistema capitalistico, reputato totalizzante e irremovibile ma saranno capaci di innestare risposte peculiari nella relazione con questo.

Per questi motivi è opportuno non sottovalutare la forza del pensiero in relazione al campo dell’azione, l’orthos logos può darci la forza necessaria per essere coerenti con la volontà di ricerca della felicità che ci unisce in quanto uomini e donne, nati nella mancanza.

Il vissuto di queste esperienze, all’interno di un contesto votato alla ricerca, pone il soggetto a confronto con l’incertezza, con la pluralità e con la contingenza e perciò con la parzialità dei nostri stessi punti di vista. Il fine perseguito non è quello di stabilire dogmi o giungere ad una verità condivisa (o una chiarificazione esaustiva sul tema) ma piuttosto si va nella direzione che dà importanza al percorso, al ragionamento, alla costruzione sociale della conoscenza: co-costruzione dei saperi contingente e parziale poiché immersa nel flusso di un continuo domandare radicale.

 

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C. Marazzi, Capitale e Linguaggio, DeriveApprodi, 2003.

C. Marazzi, Capitale e linguaggio, intervento al Teatro Sociale di Pinerolo, Pensierinpiazza.it, 9/05/2009.

A. Orlèan, Dall’euforia al panico. Pensare la crisi finanziaria e altri saggi, introduzione e cura di A. Fumagalli e S. Lucarelli, Ombre Corte, 2010.

C. Vercellone, E’ possibile usare il capitale contro il capitale stesso? Per un dibattito su finanza alternativa e moneta del comune, Effimera.org, 12/01/2016.

 

Note

[1]    Si vedano sopratutto M. Lazzarato,  Il governo dell’uomo indebitato. Saggio sulla condizione neoliberista, DeriveApprodi, 2013,  M. Amato,  L’enigma della moneta, Orthotes, 2016 e E. Braga, A. Fumagalli A. (a cura di), La moneta del comune. La sfida dell’istituzione finanziaria del Comune. Alfabeta2-DeriveApprodi, 2015.

[2]    F. Chicchi,  Forum su Maurizio Lazzarato, Il governo dell’uomo indebitato. Saggio sulla condizione neoliberista, a cura di Emanuele Leonardi, Materialifoucaultiani.org, 2013, p. 5.

[3]    Ibidem, p. 1

[4]    C. Vercellone, E’ possibile usare il capitale contro il capitale stesso? Per un dibattito su finanza alternativa e moneta del comune, Effimera.org, 12/01/2016.

[5]    C. Vercellone, E’ possibile usare il capitale contro il capitale stesso? Per un dibattito su finanza alternativa e moneta del comune, Effimera.org, 12/01/2016, p. 5.

[6]    S. Lucarelli, Moneta e finanziarizzazione. Intervista a cura di CommonRadio, Commonware.org, 19/03/2014, p. 2.

[7]    G. Griziotti. Unblock the chain i processi collaborativi e tecnologici del P2P fra commons dell’autonomia e integrazione capitalista, Effimera.org, 2014, p. 1.

[8]    Si vedano i contributi di M. Caballè e M. Lipman.

[9] «L’autentica capacità dialogica, in cui i soggetti in dialogo imparano e crescono nella diversità, e soprattutto nel rispetto di questa, è la forma d’essere coerentemente sollecitata da esseri che, incompiuti e coscienti di esserlo, diventano radicalmente etici.»  A questo proposito, si possono ricordare Freìre (da cui è tratta la citazione precedente), Don Milani, Dewey, Lipman, Sharp, tra gli altri.

[10] Si veda il lavoro di M. Lipman M e P. Maravasi, Educare al pensiero, Vita e Pensiero, 2005, p. 29.

[11]  Con il termine denaro sottolineiamo la preminente visione odierna di moneta come ricchezza, problematizzata attraverso i pre-testi proposti alla classe.

[12]  Nello specifico della CdRF le variabili sono: spunti, eliminazione delle gerarchie, alto valore dell’esperienza, condivisione, dialogo e ascolto “rispettoso”, libertà (scelta del percorso e dei temi da trattare).

[13]  Una aggiunta personale: tutti possono ripensare i soldi, anche i bambini

[14]  C. Marazzi, Capitale e linguaggio, intervento al Teatro Sociale di Pinerolo, Pensierinpiazza.it, 9/05/2009, p. 1.

[15]  Ibidem, p. 2

[16]  Questa è la tesi avanzata a partire da una rilettura originale di Girard e di Keynes da Aglietta e Orléan. Su questa tesi sono spesso tornati a riflettere in questi anni Marazzi, Fumagalli e Lucarelli. Oltre a C. Marazzi, Capitale e Linguaggio, DeriveApprodi, 2003, si veda l’introduzione di Fumagalli e Lucarelli a A. Orléan, Dall’euforia al panico, ombre corte, 2009.

[17]  G. Griziotti, Unblock the chain i processi collaborativi e tecnologici del P2P fra commons dell’autonomia e integrazione capitalista, Effimera.org, 2014, p. 1.

[18]  G. Grizziotti, 2014, p. 2.

[19]  F. Chicchi, 2013,  p. 3.

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