Un urlo si alza nel buio, un urlo di libertà e giustizia: sabato 16 e domenica 17 a Venezia, una testimonianza a favore di Leonard Peltier nelle calli di quella fantastica città. Partecipate numerose/i! Che lo sappiano in tutto il mondo, che noi ci ricordiamo di questa vicenda, di questa vergogna e continueremo a gridarla fino a che Leonard Peltier non sarà liberato. Ma chi è Leonard Peltier? Un nome che la stampa mainstream si guarda bene dal ricordare.

Il caso di Leonard Peltier è paradigmatico dell’agire repressivo e della paranoia del governo degli Stati Uniti quando si manifestano movimenti sociali che hanno caratteristiche anti-sistemiche. La storia sindacale è piena di questi momenti repressivi a partire dalla seconda metà dell’800 per arrivare agli anni ’20 del secolo scorso a proposito delle lotte sindacali degli operai IWW (Wobblies), anche con uso massiccio della sedia elettrica (come ci ricorda il caso di Sacco e Vanzetti, assassinati nel 1927). È in questo periodo di inizio taylorismo che assistiamo a una ristrutturazione e “taylorizzazione” dell’apparato poliziesco e repressivo made in Usa. Il braccio operativo venne assunto dall’FBI quando arrivò alla sua presidenza J. Edgar Hoover. Fu lo steso Hoover nel 1956, in pieno maccartismo, a avviare il progetto COINTELPRO (acronimo di Counter Intelligence Program), programma di infiltrazione e controspionaggio interno dell’FBI, in parte illegale, attivo formalmente sino al 1971 (ma di fatto operativo sino al 1976). Obiettivi del programma erano sia gruppi che singole persone considerate “sovversive”, tra i quali organizzazioni femministe, il Partito Comunista degli Stati Uniti d’America, gli oppositori alla guerra del Vietnam, attivisti dei movimenti per i diritti civili come Martin Luther King Jr. e diversi gruppi del Black power (come per esempio la Nation of Islam e il Black Panther Party), gruppi ambientalisti e animalisti. L’assassinio a freddo di Fred Hampton, portavoce delle Pantere Nere, a Chicago il 4 dicembre 1969 è una delle azioni più eclatanti e impunite. Per approfondimenti, si rinvia a Ward Churchill, Jim Vaner Wall, Agents of repression. The FBI’s secret wars against the Black Panthers Party and the American Indian Movement, South End Press Boston, 1988, scaricabile qui gratuitamente.

Tra i gruppi politici sotto il mirino del famigerato programma COINTELPRO vi era anche l’American Indian Movement, per la difesa dei diritti degli indigeni, fondato nel 1968 a Minneapolis, Minnesota. Il gruppo ha organizzato molte proteste e occupazioni di alto profilo ed è stato una forza trainante del movimento per i diritti civili dei nativi americani degli anni ’70. Ha anche denunciato il sistema di scuola differenziata a cui venivano sottoposti nel II dopoguerra i bambini delle famiglie native, con l’obiettivo di estirpare la cultura indiana ereditata dai padri. Lo stesso Leonard Peltier, uno dei leader di tale movimento, ha raccontato che tali scuole erano delle vere e proprie galere, dove la paura e la sopraffazione psicologica e violenta la faceva da padrone.

Nell’inverno 1973 un gruppo di giovani Indiani Americani della Nazione Lakota occupa, armi alla mano, il territorio di Wounded Knee (località simbolica per l’eccidio dei nativi da parte dell’esercito Usa nel 1890) richiedendo il rispetto degli accordi siglati nel 1868, il controllo delle Black Mountains (territorio sacro per i Lakota), la rimozione delle corrotte autorità delle riserve, la fine dello sfruttamento e della distruzione dei territori da parte delle grandi compagnie minerarie americane. La situazione è drammatica nell’intera Riserva di Pine Ridge (South Dakota), dove l’uso incontrollato di agenti chimici nelle ricerche minerarie ha causato l’avvelenamento delle falde acquifere con la conseguente larga diffusione di malattie tumorali e nascite di bambini deformi.

Proprio in questa riserva, nel 1975, si registrano diversi scontri e provocazioni poliziesche. In una di queste vengono uccisi due poliziotti dell’FBI e Leonard Peltier (che si è sempre dichiarato innocente) viene accusato del duplice omicidio e condannato a due ergastoli. Il processo, con una giuria di soli bianchi, presenta diverse incongruenze e irregolarità ma i vari tentativi di rifarlo sono stati finora vani.

Il caso di Leonard Peltier è un caso politico. Non è l’unico. Negli Usa vi è anche il caso di Mumia  Abu Jamal. In Turchia il caso di Ocalan.

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A sostegno di Leonard Peltier – di Andrea De Lotto

Leonard Peltier è un uomo che il 12 settembre 2023 ha compiuto 79 anni. Un vecchio. Forse un po’ stanco.

Sì perché dal 6 febbraio del 1976 è chiuso in carcere di massima sicurezza negli Usa. Aveva già fatto poco tempo prima 5 mesi in carcere.

Quindi di 79 anni, più di 48 li ha passati in galera.

Ora la domanda che tutti fanno spontanea è: “Che cosa ha fatto?”

Sì perché nella nostra ingenuità viene spontaneo pensare ad una colpa gigantesca, un massacro, lo scioglimento nell’acido di bambini, la tortura compiuta su giovani uomini e donne, le sevizie.

Nulla di tutto ciò.

Prima di tutto è un nativo americano, ovvero è uno di quelli che i nostri amici veneti definirebbero “padroni a casa nostra”.

Fa parte di quei milioni di uomini e donne che abitavano un continente, con le loro diverse nazioni, le loro alleanze, i loro scontri, ma anche le loro lingue, tradizioni, culture.

Fa parte di quei pochi rimasti che a fine anni ’60, quando negli Usa in tantissimi si mobilitarono, ok vedi Black Panthers, vedi giovani contro la guerra in Viet Nam, formarono l’American Indian Movement che cercò un’ennesima volta di difendere i diritti dei popoli originari.

Furono massacrati, incarcerati, i loro gruppi vennero infiltrati, calunniati, minacciati. In quegli anni il governo Usa, con il braccio pre-potente dell’FBI, mise a punto un programma chiamato Cointelpro che diceva proprio questo: come distruggere, in ogni modo, le sacche di resistenza interna negli Usa.

Peltier venne accusato della morte di due agenti dell’FBI, non vi era alcuna prova, ma funzionò da capro espiatorio.

Da allora si sono succedute campagne per la sua liberazione, migliaia di manifestazioni, presidi, petizioni, murales, video, canzoni, marce, che in prossimità delle date significative per questa vicenda si univano.

Così sta succedendo in questi giorni.

Il 12 settembre alle 18.30 saremo in piazza Castello (lato fontana) a Milano con il nostro lungo striscione che ricorda Leonard come Mumia e tutti i prigionieri politici, alla sera del 12 proietteremo alle 21 il documentario “Tate Wikuwa, nello spirito di cavallo pazzo” appena prodotto, alla sede della Baia del Re in Via Palmieri 8 a Milano. Il 14 sera alle 21 lo proietteremo all’Arci Terra e Libertà di Cantù e venerdì 15 alle 18.30 alla casa dei popoli Thomas Sankara di Desenzano sul Garda.

Ma il clou sarà sabato 16 e domenica 17 a Venezia, quando manifesteremo per lui nelle calli di quella fantastica città. Che lo sappiano in tutto il mondo, che noi ci ricordiamo di questa vicenda, di questa vergogna e continueremo a gridarla fino a che Leonard Peltier non sarà liberato.

Ogni info scrivendo a bigoni.gastone@gmail.com

qui per vedere il programma dettagliato di Venezia:

Contemporaneamente altre manifestazioni, soprattutto in Germania e negli Usa.