#omaggio a Toni Negri 9

 

Conoscere Toni Negri è stato un grande privilegio. Un privilegio che porterò con gioia sempre con me. Non l’ho incontrato molte volte, ma ogni volta era la prima volta. Ogni incontro era emozionante e capace di lasciarmi una pedata di desiderio. La prima volta che ci parlai fu a Venezia, in una pausa di un’accesa e complicata riunione di Uninomade. L’avevo incontrato già a Roma qualche volta, ma mai avevo avuto il coraggio di rivolgermi a lui direttamente e privatamente. Ricordo benissimo quella emozione tagliente. Ero molto imbarazzato, timoroso. Mi sembrava di incontrare una montagna sacra. Fu un compagno a insistere: “Vieni che ti presento a Toni (o una cosa del genere)”. Non ci crederete, non ricordo a chi devo quella preziosa attenzione e premura nei miei confronti. Il mio ricordo è tutto concentrato nell’incontro con Toni. Ricordo bene come mi riproverò bonariamente (dandomi anche un buffetto) per avergli dato del lei. Gli ho voluto subito bene a Toni. Certo per la sua incredibile capacità retorica; come si faceva a non farsi trascinare dalla sua energia? Energia che si addiceva benissimo alla parola ma che allo stesso tempo sembrava sprigionarsi molto al di là del mero registro simbolico. Per capire il significato della parola immanenza bastava incontrare Toni… Soprattutto però trasudava di umanità. Penso lo abitasse per le sue vicende giovanili. Questa sua umanità non era quella di un santo, non fraintendetemi, ma quello di un comunista.

Ricordo una volta quando mi trovai in difficoltà per uno screzio con altri compagni. Eravamo in un bar e vedendomi turbato e sapendo quanto era successo, mi disse: “Non preoccuparti troppo per quanto accaduto”. Purtroppo queste cose capitano ma è come l’odore di una scoreggia, dà fastidio, ma dopo un po’ passa. Ci facemmo una risata assieme. Aveva ovviamente ragione lui. Passò in fretta.

La cosa che mi ha più colpito di Toni è la sua incredibile capacità di vedere sempre al di là della tragedia. Al di là però non è il concetto giusto, perché spinge al trascendimento o quanto meno a una rappresentazione immaginaria. Toni riusciva a cogliere ciò che in ogni fatto o evento costituiva una piega, fino ad arrivare a coglierne la contraddizione intrinseca. Se si riesce a cogliere la contraddizione ecco che allora ci si può immaginare di nuovo protagonisti di un tempo che altrimenti ti rende depresso, servo o peggio. Il desiderio di rivoluzione e di libertà (in tutti i suoi aspetti, anche quelli più minuti) è ciò che mi ha lasciato in eredità Toni. Quale dono può essere più grande? Grazie Maestro, fai buon viaggio.

 

Immagine in apertura René Magritte, The False Mirror, 1928

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