#omaggio a Toni Negri 5

 

Quando mi recai a Genova nel Luglio del 2001 io Toni Negri non lo avevo ancora letto. Era per me solo un nome al quale spesso veniva accostata una coppia di parole che per me non significavano nulla: cattivo maestro. A Genova mi ero portato un registratore con cui catturai le voci, le urla i rumori, una moltitudine di suoni. Una sola moltitudine …

“Di quale cattivo maestro abbiamo bisogno oggi? Probabilmente di molti. Che si sia entrati in un mondo nuovo, infatti, nessuno dubita più. Non ci basteranno dunque tutti i cattivi maestri insieme ad orientarci, socratici, machiavellici, spinozisti, nietzscheani … No, non basta. Questa volta i cattivi maestri devono diventare moltitudine. Nessuno ha mai provato a confrontarsi con una moltitudine di uomini liberi, ed eguali, capaci di amore e forti! Noi dobbiamo provarci.” [Antonio Negri, Luciano Ferrari Bravo Ritratto di un cattivo maestro, manifestolibri, 2003].

E proviamoci allora. Guardiamoci negli occhi, raccontiamoci l’uno all’altro, cerchiamo delle parole nostre per narrare l’orrore di scontrarsi con un potere che ci appare più grande di noi, ci appare impossibile, proprio perché scopriamo che di noi si ciba, su di noi si legittima, anche quando proviamo ad organizzarci per combatterlo, perché da noi trae valore. E già… questo mistero del valore dovremmo pure analizzarlo e dovremmo farlo nel pieno delle nostre esistenze, nella loro materialità. Facciamolo occupando dei luoghi, facciamolo corrompendo quei luoghi. Riprendiamoci la legge del valore … 

“Si costituisce così un secondo punto di vista che fa della legge del valore non una legge di equilibrio del sistema capitalista ma al contrario il motore di un costituzionale disequilibrio. In questa prospettiva, bisogna pensare la legge del valore come parte della legge del plusvalore, in quanto elemento che scatena la crisi costituzionale dell’equilibrio. Quando la legge del valore si applica all’insieme dello sviluppo capitalistico, esso genera crisi – crisi non solo di circolazione e di sproporzione (come crisi che possono essere ricondotte al modello di equilibrio del sistema), ma crisi provocate dalle lotte, dallo squilibrio soggettivo del ciclo, dall’impossibilità di contenere la crescita della domanda (cioè dei bisogni e dei desideri dei soggetti). In questo quadro la legge del valore/plusvalore si presenta come una legge dialettica delle lotte, della destrutturazione continua e della ristrutturazione non meno continua del ciclo di sviluppo capitalistico – e nello stesso tempo come legge della composizione e della ricomposizione della classe operaia come potenza di trasformazione.” [Antonio Negri, “Crisi della legge del valore-lavoro”, in AA.VV., Lessico Marxiano, manifestolibri, 2008] 

La nostra crisi era fatta di precari, di migranti, di donne e uomini che avevano in comune innanzitutto dei bisogni basilari insoddisfatti. Insoddisfazioni vitali create dall’alto. L’accumulazione finanziaria sembrava dettare i tempi della produzione, della riproduzione, di chi doveva vivere e di chi doveva morire. Figure diverse che si muovevano nelle metropoli globali. Eravamo davvero noi che potevamo avere le leve di quella crisi? Eravamo davvero noi l’origine del valore che veniva ipotecato dai mercati finanziari? E quando era successo? Quando succedeva? Dove? Dove stava il nostro sfruttatore? Come affrontarlo? Come sabotarlo?

Ne parlavamo – nelle aule universitarie e nei centri sociali di mezza Italia e anche altrove. E c’era chi aveva vent’anni, e chi trenta, e chi quaranta, e chi cinquanta e chi sessanta e chi – come Toni – ne aveva settanta di anni. Si chiamava UniNomade. 

UniNomade è una rete di ricercatori, accademici, studenti e attivisti di movimento che dal 2004 ha iniziato un percorso possibile di ricomposizione delle intelligenze critiche attorno a un desiderio comune: quello di costruire un dispositivo di autoformazione e di dibattito pubblico mettendo a tema i concetti, i linguaggi e le categorie che le esperienze teoriche e pratiche dei movimenti hanno espresso in questi ultimi anni. Collettivamente si è posto il problema di come trasformare l’accumulo di esperienze in un dispositivo produttivo e costante di conoscenza e di saperi, ossia di come dare vita a una Università nomade capace di attraversare e contaminare sia l’Università ufficiale sia i luoghi e i territori del conflitto. […]

UniNomade è dunque un ‘avventura dell’intelligenza collettiva che assume e cerca di dare risposta a questo problema, sottoponendo a verifica gli elementi di ricerca politica acquisiti nelle lotte attraverso il metodo del confronto diretto e la messa in relazione delle conoscenze.

UniNomade ha lo scopo di creare nuovi nomi comuni per costruire una Enciclopedia della scienza della trasformazione dello stato di cose presente.” [Presentazione della collana “i libri di UniNomade”, ombrecorte 2009-2013]

Tutto si trasforma. E le trasformazioni non avvengono mai senza dolori. Toni Negri le trasformazioni – anche quelle dei soggetti collettivi che contribuiva a costruire mettendoci dentro gran parte della sua vita – le forzava. Se penso oggi a quei giorni e metto da parte tutto il superfluo – tutto ciò che occorre dimenticare – resta una coppia di parole che stanno là in tutta la loro potenza: distruzione creatrice.

“Che cosa significa porre il problema del rapporto tra l’esperienza comune della moltitudine e il concetto etico politico (ed anche giuridico) della decisione? Io credo che di tutto questo si possa e si debba parlare in questo e in tanti altri seminari, ma una risposta non potrà essere data se non a livello del linguaggio del movimento, dentro il movimento […] Ora, per quanto riguarda il problema della decisione della moltitudine, c’è qualcosa che in questi movimenti è risaltato da Seattle a oggi: ed è che non si parla più di prendere il potere ma si parla di fare potere, di farne un altro di potere, e se tutti sanno che questa è una prospettiva utopica, sanno anche che essa è resa necessaria e realistica dalla vertigine del passaggio epocale che stiamo vivendo.” [Antonio Negri, Cinque lezioni di metodo su moltitudine e Impero, Rubbettino, 2003].

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