Il 30 aprile scorso si è concluso il processo per le morti di amianto al Teatro alla Scala di Mlano con l’assoluzione degli imputati. I 10 morti accertati (ma probabilmente sono di più) non hanno avuto giustizia. Michele Michelino, ex operaio Pirelli e Breda a Sesto San Giovanni, ora Presidente del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, commenta la sentenza. Pubblichiamo questo suo articolo all’indomani dell’ennesima morte sul lavoro, avvenuta il 4 maggio a Prato: una giovanissima donna in un’industria tessile. Dall’inizio dell’anno si sono registrati 186 omicidi sul lavoro, di fatto due al giorno, senza contare i feriti.

* * * * *

Proteste in aula dopo la lettura della sentenza “perché il fatto non sussiste”

Dopo la lettura della sentenza è esplosa nell’aula del Tribunale la rabbia delle associazioni e comitati dei famigliari delle vittime. “Vergogna, vergogna. Avete ucciso i lavoratori un’altra volta” . “I diritti dei famigliari delle vittime sono stati ancora una volta calpestati, i profitti per questo tribunale vengono prima salute e della vita umana”. Questo tribunale continua ad assolvere i datori di lavoro e condannare le vittime”.  “Oggi è andata in scena l’arroganza del potere” , queste le parole dei rappresentanti del Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio e di Medicina Democratica presenti in aula”.

“L’amianto uccide e il Tribunale si è arrampicato sui vetri” ha affermato a caldo il responsabile delle vertenze giudiziarie di Medicina Democratica e dell’Associazione Italiana Esposti Amianto.

La giudice Mariolina Panasiti presidente della 9° sezione penale- del Tribunale di Milano ha assolto quattro ex dirigenti del Teatro alla Scala di Milano, imputati per l’omicidio colposo di 10 lavoratori, con la formula «il fatto non sussiste». Entro novanta giorni saranno depositate le motivazioni della sentenza.

Nel frattempo la lista dei morti d’amianto fra i lavoratori del teatro si è allungata. Un’altra decina di lavoratori ha perso la vita per l’asbesto.

Poco prima della sentenza in aula si era registrato un clima particolarmente acceso come una forte tensione. La giudice Mariolina Panasiti durante le repliche ha interrotto e ripreso più volte il P. M Maurizio Ascione che sosteneva la pubblica accusa e che aveva chiesto la condanna degli imputati dai 2 anni e mezzo ai 7 anni di carcere.

Il forte clima di tensione è aumentato quando la giudice ha interrotto le repliche anche degli avvocati delle parti civili, in particolare dell’avvocato Ettore Zanoni per la CGIL e dell’avvocata Laura Mara per le associazioni Medicina Democratica, AIEA, e Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, che costretta a chiudere il suo intervento ha fatto mettere a verbale di essere stata chiamata dalla giudice “maestrina” .

Le associazioni in un loro comunicato molto duro scrivono “ dopo le ultime sentenze sui morti d’amianto fiducia nei tribunali (in particolare quello di Milano) non ne abbiamo mai avuta e la sentenza di assoluzione dei dirigenti imputati era chiara fin dalle prime udienze. Infatti, la giudice ha dimostrato la sua scelta di campo interrompendo e redarguendo più volte il Pubblico Ministero, Maurizio Ascione, e gli avvocati delle parti civili, come ha fatto anche nell’ultima udienza, interrompendo nuovamente le repliche del PM e degli avvocati delle parti civili.

La 9° sezione del tribunale di Milano, più di altri, è spudoratamente servile con gli avvocati della difesa dei potenti e arrogante con l’accusa e gli avvocati delle vittime.

In Italia c’è una giustizia di classe che, nei conflitti fra padroni, manager e operai, è schierata a sostegno del potere. Così, ancora una volta, i padroni e i manager che non rispettano le leggi antinfortunistiche e le misure di sicurezza possono dormire sonni tranquilli.

Questo tribunale, sempre pronto a genuflettersi davanti ai potenti e ai loro avvocati lautamente pagati per difendere gli assassini dei lavoratori, ha sentenziato ancora una volta che UCCIDERE I LAVORATORI PER IL PROFITTO NON E’ UN REATO

La verità storica emersa dalle testimonianze dei lavoratori e consulenti del PM vengono così opportunamente cancellata da quella giuridica.

Eppure, durante le numerose udienze, è emerso che i lavoratori erano esposti ad amianto prima delle bonifiche dei locali e anche dopo. L’amianto nel Teatro è presente dalla ricostruzione di Piermarini del 1943 ed è servito a coibentare numerosi spazi del palazzo.

Nel processo è emerso che i dirigenti non hanno mai informato i lavoratori sui rischi e non hanno mai fornito dispositivi di protezione, che le condizioni di lavoro non rispettavano le norme di sicurezza e i gravissimi ritardi nelle bonifiche. L’amianto è stato messo al bando nel 1992 con tanto di obbligo di bonifica dei luoghi in cui fosse presente.

Nonostante questo non ci rassegniamo. La nostra battaglia per cambiare questa società ingiusta basata sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo continua nei luoghi di lavoro, nelle piazze, nel territorio e anche nelle aule di Tribunale. Noi non ci arrendiamo. Noi non perdoniamo”.

Le associazioni e comitati parte civile in questo processo (Medicina Democratica, AIEA, Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, il Comitato Ambiente e Salute e del Teatro alla Scala e CUB spettacolo) hanno annunciato che invieranno una lettera alla Signora Ministra della Giustizia  Prof.ssa Marta Cartabia e al Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura Sergio Mattarella  per richiedere una presa di posizione per richiesta di intervento per i fatti avvenuti durante il processo, in particolare nel l’udienza  presso la IX sezione penale del Tribunale di Milano il 30 aprile  nel procedimento  che aveva per oggetto 10 lavoratori del Teatro Alla Scala di Milano deceduti per esposizione all’amianto presente nel teatro.

Le associazioni hanno affermato che intendono denunciare il comportamento della giudice, dott.ssa Mariolina Panasiti, che in almeno tre occasioni – il processo era in fase di replica delle parti– non ha lasciato finire con la sua l’arringa il Pubblico Ministero, dott. Maurizio Ascione, costringendolo di fatto ad interrompersi pur essendo prossimo alla conclusione. Inoltre lamentano che la giudice è intervenuta più volte per interrompere due avvocati di parte civile, con parole molto dure, respingendo a una di essi, l’avv. Laura Mara, il deposito di una sentenza della Corte di Cassazione, recentemente uscita e relativa agli argomenti trattati nel procedimento in corso.

Print Friendly, PDF & Email