Continuiamo a riflettere su finanziarizzazione e saperi monetari antagonisti proponendo la recensione di Davide Gallo Lassere ai libri di Christian Marazzi appena tradotti in francese. La recensione apparirà sul prossimo numero di Actuel Marx. Ringraziamo la redazione di Actuel Marx per avere acconsetito a pubblicare su Effimera la versione italiana.

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Dopo Il posto dei calzini (orig.Ed. Casagrande, 1996, Editions de l’éclat, 1997. ) e E il denaro va (orig. Bollati Boringhieri, 1998, Editions de l’aube, 2003), sono appena stati tradotti in francese altri due libri di Christian Marazzi, La violenza della finanza (orig. in A.Fumagalli, S. Mezzadra, Crisi dell’economia globale, Derive Approdi, 2009, Editions de l’éclat, 2013) e Il comunismo del capitale (orig. Ombre Corte, 2012, Diaphanes, 2014). Il primo di questi due volumi si presenta come un saggio relativamente accessibile, ma molto vivace e frizzante, che disamina i primi anni della crisi, manifestando delle prese di posizione al contempo teoriche e politiche molto nette e suscettibili di animare il dibattito. In particolare, le poste in palio più originali di questo appassionante pamphlet concernono due tesi forti, le quali costituiscono i pilastri attorno a cui ruota il libro intero: la prima tesi, descrittiva, sostiene l’irrimediabile consustanzialità tra quelle che una volta erano due sfere separate, ossia l’economia reale e la finanza. Marazzi l’afferma e l’argomenta a più riprese: secondo l’economista svizzero, al momento attuale, la finanza non è che l’altro lato della medaglia del post-fordismo. La finanziarizzazione rappresenta così “la forma di accumulazione del capitale simmetrica ai nuovi processi di produzione del valore”.

La produzione, la circolazione e il consumo si configurano come un concatenamento di momenti via via più indistricabile: “la finanza impregna ormai la circolazione del capitale da un capo all’altro; ogni atto produttivo e ogni atto di consumo sono direttamente o indirettamente legati alla finanza”. Ne deriva dunque una conseguenza centrale per la sua diagnosi critica della fase attuale del capitalismo, ossia l’importanza crescente dei processi di crowdsourcing, di captazione del valore prodotto al di fuori dei tradizionali circuiti della produzione. Secondo l’autore, negli ultimi trent’anni si è infatti realizzata una vera rivoluzione nei processi di produzione del plusvalore, i quali hanno sfondato i limiti ristretti della fabbrica per raggiungere, in particolare attraverso le nuove tecnologie informatiche e comunicative, il dominio degli affetti, della socievolezza, del linguaggio, in breve: dell’umano nella sua interezza, dando luogo a una composizione organica del capitale adeguata all’epoca della bioeconomia cognitiva.

La seconda tesi, al contrario, mira alle possibili vie d’uscita dall’impasse attuale, postulando e articolando la necessità di riformare dal basso i circuiti e i sistemi monetari, ossia proponendo concretamente delle istituzioni monetarie che possano permettere la riappropriazione del tempo dell’esistenza e l’elaborazione di forme di vita – e di processi di soggettivazione – sottratti alle logiche dominanti. Da buon militante, Marazzi guarda con attenzione a degli interventi locali, radicati territorialmente, ma che possiedono un’intrinseca dimensione globale: è il caso del reddito garantito, ben inteso, ma anche della costituzione di forme complementari di monete, ciò che ora chiama, anche se non ancora in questo libro, la moneta del Comune. Queste due istanze, associate a un keynessismo antropogenetico volto a sostenere la produzione dell’uomo per mezzo degli uomini (educazione, sanità, protezione sociale, servizi di cura, cultura, arte, ricerca scientifica, etc.), potrebbero monetizzare “delle attività che, in molti casi, sono già effettuate gratuitamente, o delle attività le cui esternalità positive, in particolare nell’ambiente, non si traducono in una crescita immediata del PIL secondo la classica e ottusa analisi costi-benefici [… privilegiando dunque] delle forme di remunerazione del lavoro direttamente legate alla riproduzione della vita”. Al divenir-rendita dei profitti – secondo la bella espressione di Carlo Vercellone che Marazzi cita numerose volte – ecco che oppone un divenir-rendita dei salari (differiti o socializzati), una rivendicazione politica radicalmente ancorata in una teoria all’altezza del capitalismo odierno.

In Il comunismo del capitale si ritrovano la maggior parte degli argomenti e delle argomentazioni dispiegati in La violenza della finanza. Oltre a delle analisi che ripercorrono con finezza la svolta finanziaria e linguistica intrapresa dal neocapitalismo – dagli choc monetari degli anni ’70 fino alla crisi della new economy – ciò che rende interessante il libro sono anche le considerazioni politiche ed economiche soggiacenti all’espressione da cui trae origine il titolo del volume. A partire dall’approfondimento del deficit della città di New York à metà anni ’70 fino alle recenti manovre pubbliche di salvataggio degli istituti privati too big to fail, la socializzazione dei debiti attraverso il denaro dei cittadini è sfociata in un “comunismo del capitale nel quale lo Stato, ossia la collettività, favorisce i bisogni dei ‘soviet finanziari’, ossia delle banche, delle assicurazioni, dei fondi di investimento e degli hedge funds, e impone la dittatura del mercato sulla società”. La finanziarizzazione si rivela così un dispositivo di biopotere, di recupero del risparmio e del reddito collettivo, di riappropriazione degli elementi vitali della forza-lavoro, di comando monetario e, infine, di trasformazione e di modellamento delle soggettività sottomesse alle sue minacce e ai suoi ricatti.[/fusion_builder_column][/fusion_builder_row][/fusion_builder_container]