Breve vademecum per capire cosa c’è scritto nella legge di stabilità per il 2014. Nulla di nuovo sotto il sole. La logica d’intervento è sempre la stessa: austerity più temperata in cambio di maggiori incentivi alle rendite e alle imprese. Nulla a sostegno dei redditi, ulteriore giro di vite sul pubblico impiego. Considerando l’aumento dell’Iva e gli ulteriori interventi  di precarizzazione del mercato del lavoro, abbiamo ora una certezza: sappiamo meglio di che morte stanno provando a farci morire

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E’ stata presentata la legge di stabilità per il 2014. L’aggiustamento dei conti pubblici è di 11,5 miliardi di euro, che si aggiungono ai 2 miliardi della manovrina deliberata 10 giorni fa.  Non prendiamo in considerazione i dati relativi al biennio 2015-16 (per un totale di 27,3 miliardi), perché hanno solo una funzione declamatoria e folkloristica, visto che saranno del tutto modificati fra un anno. La legge è stata approvata in tarda serata del 15 ottobre, giusto in tempo per non incorrere nelle penalità imposte dall’obbligo che obbliga ogni anno a che la legge di stabilità debba essere promulgata  entro il 30 settembre dell’anno in corso con un massimo ritardo di 15 gg. (Usa docet). Neppure era stata data copia alle agenzie di stampa, che il pacchetto con le misure adottate già si trovava sui tavoli della troika a Bruxelles, a dimostrazione di chi comanda in materia di politica economica.

Ascoltando i media televisivi, con scarse eccezioni, il contenuto non risulta molto chiaro, dal momento che si pone spesso l’enfasi su misure marginali. Per questo, traendo spunto dalle schede de Il Sole 24ore, giornale della Confindustria, ma attendibile sul piano delle informazioni tecniche (ma non sempre economiche), elenchiamo i vari provvedimenti varati, in attesa che la discussione parlamentare (di sicuro blindata, a meno che la legge di stabilità non sia oggetto di ricatto per le note vicende giudiziarie di Berlusconi) la possa eventualmente modificare.

Possiamo distinguere i provvedimenti in tre categorie.

Maggiori entrate fiscali

• Scatta l’aumento dell’imposta di bollo sulle comunicazioni relative ai prodotti finanziari, che a partire dal prossimo anno passa dall’1,5 per mille previsto per il 2013 al 2 per mille. Una misura che consentirà di recuperare risorse per 900 milioni. Non entra nel testo invece la norma in discussione nei giorni scorsi che prevedeva l’aumento dell’aliquota di tassazione delle rendite finanziarie (plusvalenze), dal 20 al 22% per i redditi da capitale – comunque con esenzione per i titoli di Stato – e dal 12,5 al 20% per i frutti dei contratti di assicurazione. Le rendite finanziari sono un tabù e guai a toccarle. Nel frattempo,  si continua a pagare il 22% sugli interessi sui depositi bancari e postali (ovvero i risparmi dei poveri).

• Nasce il nuovo tributo sui servizi (Trise), a sua volta suddiviso in due parti: la Tari sui rifiuti e la Tasi sui servizi indivisibili,  che sostituiranno, rispettivamente, la Tares e l’Imu sulle prime case non di lusso. Rimane il  tetto massimo del prelievo, che non potrà superare le aliquote massime Imu: 6 per mille sulla prima casa 10,6 sulla seconda. Non è chiaro in che termini la Trise verrà comunque ripartita tra proprietario di case e inquilino. Il rischio è che parte di una tassa patrimoniale venga pagato anche da chi proprietario non è.

• Lo Stato venderà alla Cassa Depositi e Prestiti agli inizi di dicembre un pacchetto di immobili (tra 50 e 60) per limare il deficit/Pil 2013 (la citata manovrina di 2 miliardi) e tagliare il debito pubblico per un importo atteso attorno ai 525 milioni. Ma in prospettiva lo Stato conta di fare molto di più: la Legge di Stabilità 2014-2016 prevede di reperire risorse pari ad almeno 1,5 miliardi nel triennio dalla vendita di immobili pubblici, di cui 0,5 miliardi nel 2014. La scelta delle proprietà statali da vendere viene demandata all’Agenzia del Demanio. Vorrà dire che ci venderemo le spiagge, i picchi montuosi o le isolette come la Grecia?

• Un contributo alle casse dello stato da parte delle pensioni d’oro pari al 5% per gli assegni previdenziali maggiori di 100.000 euro; al 10% per gli assegni previdenziali superiori a 150.000 euro; al 15% per gli assegni previdenziali superiori a 200.000 euro (maggiori entrate). Tali entrate dovrebbero confluire in un fondo a sostegno degli esodati (ma la faccenda non è affatto chiara e rischia di essere l’ennesima presa in giro).

Minori entrate fiscali

• Incentivi alle imprese I. Il beneficio fiscale dell’Ace, nato per favorire la capitalizzazione (L’Ace – Aiuto per la Crescita Economica- è il meccanismo fiscale che consente di dedurre dal reddito imponibile i capitali utilizzati per incrementare il patrimonio azionario delle imprese), salirà progressivamente, dal 4,5% al 6%.

• Incentivi alle imprese II. Per il 2014 si prevede uno sconto complessivo di 2,5 miliardi con un taglio al cuneo fiscale risibile sia per i dipendenti, con un aumento delle detrazioni Irpef per 1,6 miliardi (che si tradurrà in un aumento netto della busta paga di 95 euro all’anno! Neanche una pizza al mese), che per le imprese, che godranno degli sgravi Irap per 900 milioni. Si promette che tale misura verrà protratta sino al 2016, per un totale di oltre 10 miliardi (!), a beneficio più delle imprese (5,6 miliardi) che dei lavoratori (5 miliardi). Si tratta per il biennio 2015-16 di semplici promesse.  Se fosse vero ci sarebbero i soldi per finanziare il 50% di un reddito di base!

Incentivi alle banche (responsabili della crisi economica): aumento della deducibilità in quote costanti per 4 anni per i crediti inesigibili dal 2013. 

Gestione della spesa pubblica

• Riguardo il contenimento della spesa pubblica, esso riguarda esclusivamente i dipendenti pubblici. Verrà prorogato il blocco del contratto pubblico per tutto il 2014 e del turn-over fino al 2018. Si tratta di misure in vigore dal 2008, a cui, quest’anno si aggiunge una new entry:  il taglio degli straordinari in misura del 10%. In altre parole, si lavorerà di più a minor stipendio.

• Il previsto taglio della spese sanitarie per 2,65 miliardi è stato rinviato. Al suo posto si prevede l’inasprimento della “spending review” sulla spesa sanitaria che dovrebbe portare a un risparmio di circa 700-800 milioni di euro.

Patto di Stabilità interno. Gli Enti locali avranno un parziale alleggerimento del Patto di Stabilità interno per il 2014: 1 miliardo di euro per le spese relative a opere pubbliche (a Milano, si parla di Expo…), 500 mln per fatture e Imu arretrati.

Sostegno al reddito. Si era tanto parlato della possibilità di introdurre un sostegno attivo al reddito (seppur in una logica prettamente da workfare), ma nulla appare. Sono stati invece deliberati 100 milioni di euro per i contratti di sviluppo a valere sul triennio 2014-16, il rifinanziamento della Cig in deroga, tanto richiesto dai sindacati, con uno stanziamento di 600 milioni per il 2014 e l’aumento del fondo per la social card a 250 milioni sempre per il 2014.

Riguardo le tanto sbandierate misure per lo sviluppo, cercatele se siete capaci.

Commento finale

La nuova legge di stabilità segue una logica antica. Quella che in più occasioni abbiamo definito la logica dei due tempi. Nell’epoca precedente la crisi, essa consisteva in un primo momento di flessibilizzazione del mercato del lavoro, incentivando le imprese a aumentare la produzione favorendo la diminuzione del costo del lavoro via precarizzazione, in attesa di un secondo momento in cui i frutti della crescita economica avrebbero consentito di diventare il paese del bengodi (insieme alla riduzione del deficit pubblico). Come sappiamo, tale politica economica ha causato una stagnazione dell’economia italiana che oggi perdura da più di 15 anni e che la crisi economica ha aggravato senza limiti. Oggi questa vecchia politica ha leggermente cambiato forma, senza modificarne la sostanza. Dopo 5 anni di finanziarie lacrime-sangue per obbedire alla logica delle politiche di austerity, quest’anno si persegue ancora una volta l’obiettivo di favorire la crescita (!) tramite incentivi alle imprese, quindi dal lato della produzione, con provvedimenti (peraltro ritenuti insufficienti dalle imprese stesse) che ammontano a circa 3 miliardi di aiuti, accompagnati da palliativi sul piano della domanda e del sostegno ai redditi, finalizzati a sanare, nel breve periodo, situazioni incresciose e socialmente pericolose, come il termine della Cig in deroga.

E’ inoltre evidente il fatto che il governo Letta fa affidamento sull’allentamento dei vincoli di budget sul rapporto deficit/pil, che rimane fermo formalmente al 3%, ma che dovrebbe sostanzialmente scontare una riduzione per la sua ridefinizione contabile, oggi oggetto di discussione nella Commissione Europea. E’ a tal fine, infatti, che è stata varata in precedenza la manovrina di 2 miliardi di euro, con lo scopo di rimanere al di sotto della soglia del 3% per la fine del 2013, così da evitare di pagare la penale di 3 miliardi di euro, in caso di sforamento.

Il risparmio di questi 3 miliardi di euro ha consentito di rinviare i tagli sulla sanita, di ammontare, guarda caso, assai simile. Ciò tuttavia potrebbe non piacere al biopotere dell’oligarchia finanziaria, che sullo smantellamento della sanità pubblica e la sua privatizzazione intravvede un bacino di lauti guadagni. E’ forse per dimostrare l’affidabilità dell’Italia  al comando dei mercati finanziari, che si è deciso di non portare l’imposizione sulle rendite finanziarie dall’attuale al 22%, come vige in tutta Europa?

Last but not least: ricordiamo che nel corso di quest’anno è diventato operativo l’incremento dell’Iva dal 21 al 22% (con effetto penalizzante sui redditi più bassi), i cui effetti sulle casse dello Stato si vedranno soprattutto nel 2014 (per un valore stimato di circa 2 miliardi di euro) e che, per quanto riguardo il mercato del lavoro, è stato siglato l’accordo pilota Expo 2015 (http://quaderni.sanprecario.info/2013/09/nuovi-confini-di-sfruttamento-laccordo-sindacale-expo-del-23-luglio-di-jo-vannelli/) che prevede di fatto la liberalizzazione dei contratti a termine e dell’apprendistato, nonché l’istituzionalizzazione del lavoro gratuito. Si tratta di altri incentivi all’imprese, spacciate per politiche occupazionali, che ci dicono che il primo tempo della precarizzazione è lungi dal terminare.

Post scriptum: l’Italia presenta due anomalie nella gestione della politica pubblica: è tra i pochi paesi europei a non avere una tassa patrimoniale e, insieme alla Grecia e all’Ungheria, non dispone di alcuna forma di reddito minimo. Ne vogliamo parlare?

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