Con questo contributo, cui seguiranno altri interventi e pubblicazioni anche multimediali, intendiamo lanciare dalla pagina di Effimera una discussione sugli effetti socio-economici dell’epidemia Covid-19, con l’occhio, la mente e il cuore rivolti al momento in cui l’epidemia sarà passata (perché la Storia ci insegna che le epidemia prima o poi passano, con il loro carico di morti) e i vivi si troveranno ad affrontare le conseguenze della crisi economica che ne è derivata.

Pubblichiamo un intervento di Marco Bersani (Attac Italia) sull’accordo dell’Eurogruppo (riunione dei ministri dell’economia e delle finanze dei paesi membri dell’euro) relativo alle misure che l’Europa intende prendere per contrastare l’emergenza sanitaria del Covid-19.

Si tratta di un accordo che, nonostante la situazione particolare che stiamo vivendo, ricalca la filosofia della politica di austerity fin qui seguita Come scrive Bersani, si tratta di interventi che ricadono tutti nella “trappola del debito”.

Ben altro si potrebbe fare, operando sia in Italia che in Europa.

Sul piano Europeo, come ci ricorda Bersani, ci sono tutte le possibilità che la Bce possa acquistare titoli di stato emessi dalla Banche Nazionali dei paesi membri (Purchasing Power Standards – PPSs) direttamente sul mercato primario e non come oggi avviene sul mercato secondario (relativamente ai titoli di stato già in circolazione e non creati ex-nihilo, come sul mercato primario). In tal modo, la liquidità monetaria creata dalla Bce potrebbe essere utilizzata direttamente (senza passare dall’intermediazione dei mercati finanziar e dalle sue dinamiche speculative) ai governi dell’Unione per finanziare le spese sociali a sostegno del reddito e dell’emergenza sanitaria.

Sul piano nazionale, l’Italia potrebbe emettere, tramite la sua Banca Nazionale, nuovi titoli di stato (non necessariamente Eurobond, anche se sarebbe utile un coordinamento europeo per titoli di stato europei) di durata poliennale (50, 70 anni) ad un tasso d’interesse dell‘1%, predeterminato dalla Bce e svincolati dalla circolazione sui mercati finanziari (quindi non soggetti a possibili tentazioni speculative). Il Mes (Fondo salva Stati) consente all’Italia di poter ottenere al massimo 36 miliardi, con l‘obbligo di restituzione (il che significa, poi, procedere a leggi di stabilità che ne devono tener conto, come già succede per la clausola di salvaguardia dell’Iva – 12 miliardi all’anno).

Un finanziamento diretto dalla Bce con l’acquisto di titoli di Stato (Operazioni di Mercato Aperto, nel gergo economico) potrebbero consentire finanziamenti di 100 miliardi con un onere del debito di 1 miliardo (di gran lunga inferiore agli oneri del Mes), anche vincolati non solo al sostegno della spesa diretta e indiretta alla sanità (come oggi prevede il Mes) ma anche alle politiche sociali (sostegno diretto e indiretto al reddito). In tal modo si possono recuperare le risorse per estendere e allargare il reddito di cittadinanza già esistente (decreto-legge n. 4 del 2019), riducendo i limiti all’accesso ed eliminando qualsiasi criterio di condizionalità. La battaglia politica è qui ed ora. Invece di chiedere diverse forme di reddito (di emergenza, di quarantena, di cura, …) crediamo necessario convogliare le nostre forze politiche, sindacali, di movimento verso la convergenza a un reddito di base incondizionato, di autodeterminazione, che insieme alla Cassa integrazione per i lavoratori più stabili, sia in grado di intercettare tutte e tutti e dare sollievo all’insieme delle situazioni precarie e di non lavoro.

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 Eurogruppo: il pasto non è gratis – di Marco Bersani*

Dopo l’accordo all’interno dell’Eurogruppo sulle risorse da mettere in campo per far fronte all’emergenza sanitaria provocata da Covid19 e alla conseguente emergenza economica e sociale, è iniziata la gara mediatica su chi ha vinto e chi ha perso all’interno dell’acceso confronto fra i partner europei.

A oggi sappiamo che verranno attivati:

  1. a) il Sure, uno strumento di supporto ai lavoratori sul modello della cassa integrazione italiana, con una dotazione su scala europea di 100 miliardi, messi a disposizione dalla Commissione Europea sui mercati azionari attraverso l’emissione di titoli; si tratta di un prestito, per ottenere il quale l’Italia dovrà mettere 25 miliardi di garanzie, volte a garantire la restituzione ad emergenza conclusa;
  2. b) la Banca europea per gli investimenti (Bei), che costituirà un fondo per le imprese, con una garanzia di 25 miliardi, messi a disposizione degli Stati, per raccogliere capitali fino a 200 miliardi a tassi molto ridotti; i soldi raccolti verranno successivamente prestati a chi ne farà richiesta, attraverso istituti nazionali come Cassa Depositi e Prestiti, a tassi altrettanto vantaggiosi e con scadenze a lungo termine;
  3. c) il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) che attiverà complessivamente 240 miliardi (per l’Italia fino a 36 miliardi), senza condizioni all’accesso solo se i soldi richiesti saranno indirizzati alle spese per far fronte, direttamente o indirettamente, all’emergenza sanitaria. Ma con tutte le condizionalità usualmente previste dal Mes, al momento del rimborso. 

Per quanto riguarda gli eurobond se ne riparlerà dentro la generica voce “strumenti innovativi di finanziamento” messa in calce all’accordo.

In attesa di vedere nel dettaglio i termini concreti dell’accordo, possiamo già dire che “il pasto non è gratis” e che gli strumenti messi in campo sono tutti interni alla trappola del debito, sul mantenimento della quale i litigiosissimi partner europei non hanno mai avuto alcuno screzio. Cambiano i nomi degli strumenti ma la sostanza rimane: è tutto debito da ripagare.

Si poteva fare altrimenti nel contesto dato? La risposta è sicuramente sì, ma con il pericolosissimo effetto collaterale di mettere a nudo l’ideologia liberista e il suo castello di carte.

Si poteva e doveva pretendere che le risorse fossero messe a disposizione dalla Bce in diverse forme.

La prima delle quali è inserita nell’art. 123, comma 2, del Trattato istitutivo dell’Unione europea, che permette alla Bce di finanziare direttamente istituti creditizi pubblici: cosa impediva di istituire un fondo pubblico europeo di emergenza sanitaria, chiedendo il finanziamento diretto della Banca centrale europea?

Inoltre, invocando le categorie giuridiche dello “stato di necessità”, del “cambiamento fondamentale delle circostanze” e della “causa di forza maggiore” (art. 25 della Commissione Onu del diritto internazionale) si sarebbe potuto chiedere la garanzia della Bce sui debiti pubblici nazionali, sospendendo il pagamento degli interessi (60 miliardi/anno per l’Italia) per i prossimi tre anni.

O, ancora, si poteva pretendere dalla Bce di esercitare, per un periodo di almeno tre anni, il ruolo di banca centrale pubblica, comprando direttamente i titoli di stato emessi dai paesi per far fronte all’emergenza sanitaria, sociale ed economica.

Tutte misure che avrebbero avuto il grande pregio di liberare molte più risorse di quelle, tremendamente insufficienti, oggi messe a disposizione, e soprattutto senza alcun aggravamento dei debiti pubblici degli Stati.

Tutte misure neppure ipotizzate dalle oligarchie europee e nazionali, perché avrebbero avuto il grande pregio di smascherare la trappola ideologica del debito e dei vincoli di Maastricht.

È giunto il momento di riappropriarsi collettivamente dell’economia, per impedirle di continuare ad essere l’econo-loro.

* Attac Italia. Articolo tratto da Attac Italia

Immagine di apertura: Banksy, Dover (murales misteriosamente rimosso)

 

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