1. Premessa
Sappiamo che nei processi di valorizzazione del capitalismo contemporaneo la conoscenza svolge un ruolo cruciale. Insieme alla riproduzione sociale e relazionale, la conoscenza, nelle sue diverse declinazioni (dal linguaggio, alla formazione, alle competenze specializzate, nella firma tacita o standardizzata) alimenta e innerva il processo produttivo, definendone la produttività e gli scopi. Le economie di apprendimento e di relazione sono oggi le variabili che più di altre determinano la capacità competitiva di un’impresa e di un territorio.
È quindi ovvio che il controllo dei processi che generano conoscenza e che la diffondono sono al centro di un nuovo conflitto di frontiera che si insinua nel rapporto capitale – lavoro.
L’università è da questo punto di vista un nuovo campo di battaglia. Non è un fatto nuovo. Il controllo del sapere e degli istituti che lo generano è sempre stato al centro dell’attenzione delle istituzioni capitalistiche di potere. Ma se prima tale interesse era volta a favorire un “uso capitalistico delle macchine” e a selezionare una classe dirigente affidabile, oggi c’è di più: c’è il fatto che la produzione di sapere, purché non fine a sé stesso ma indirizzata verso alcune tematiche e specializzazioni, è diventata direttamente produttiva di valore e non più solo strumento per creare ricchezza altrove.
Tale processo ha favorito un processo di specializzazione e di esclusività del sapere che ha ampliato in modo eclatante il processo di differenziazione delle discipline. L’obiettivo è la ricerca di un sapere tacito, quindi esclusivo, ad appannaggio di pochi, esito di una competizione sempre più serata, in grado di sfruttare quel general intellect diffuso ma che viene espropriato a vantaggio di pochi. Il tutto avviene con la benedizione dei diritti di proprietà intellettuale che tendono oggi ad assumere un ruolo decisamente più importante della semplice proprietà dei mezzi di produzione.
Il sapere tacito, una volta che è stato consumato e ha esaurito la rendita di posizione dell’élite privata d’impresa che ne è in possesso, si trasforma in sapere standardizzato, grazie alle tecnologie linguistiche e di comunicazione. Tale processo è oggi organizzato dalle piattaforme e dalle tecniche di “business intelligence” in grado di ricavare valore dalle informazioni e dai dati della vita quotidiana che gli utenti (noi) forniscono gratuitamente.
L’università è oggi il nodo centrale, non a caso sempre più privatizzato, di questo ciclo di conoscenza, quello che genera sapere tacito, organizza e gestisce la divisione cognitiva del lavoro e controlla che non ci siano perturbazioni ed eccedenze nelle attività cognitive.
Il risultato è sotto i nostri occhi: più la forza-lavoro cognitiva è specializzata, più rimane ignorante, nel senso etimologico della parola (non-conoscente, da α-γιγνώσκω, non conoscere). E più “non conosce”, meno è in grado di essere consapevole, di essere “colta”. La specializzazione dei saperi in compartimenti stagni è il dispositivo principale della attuale mancanza di cultura generale, ovvero della capacità di pensare in modo autonomo.
2. La pratica
Diversi sono i dispositivi che favoriscono il controllo e l’indirizzo del sapere e della ricerca universitaria. E diversi sono i livelli che vengono coinvolti.
Il più classico è quello della selezione dei finanziamenti, che oggi viene sempre più applicato invocando pseudo principi meritocratici. La meritocrazia, che tanto viene declamata, si fonda su criteri di classificazione e valutazione che vengono taciuti e nascosti e presentati invece come oggettivi. Si introducono fittizie unità di misura per misurare ciò che non è misurabile e né può esserlo. Nel campo della ricerca universitaria, i criteri fanno solitamente riferimento al numero delle pubblicazioni scientifiche e ai ranking delle riviste che hanno accettato tali pubblicazioni. Un indice tra i più utilizzati è il cd: “impact factor”, che misura il numero delle citazioni dell’articolo pubblicato. In seguito a ciò, le riviste vengono suddivise in fascia A (la più prestigiosa), fascia B, fascia C e fascia D. È evidente la distorsione esistente. Gli articoli più citati sono quelli che vengono pubblicati nelle riviste di maggior diffusione e di successo, quindi le riviste dominanti (mainstream), che acquisiscono un impact factor crescente attirando così maggior articoli, in un perverso circolo vizioso. D’altra parte non è una novità: le idee dominanti sono quelle della classe dominante. In molte discipline, come l’economia, tale processo è il criterio per la selezione dei concorsi universitari.
È interessante notare che tale meccanismo è lo steso che sottostà al funzionamento dell’intelligenza artificiale quando vie chiesto di presentare un argomento. Gli algoritmi di Chat-Gpt non fanno altro che riportare le definizioni e le argomentazioni che presentano la maggior frequenza, ovvero ancora una volta quelle dominanti.
Al fine di non inficiare tale meccanismo, la selezione delle riviste segue una rigida ripartizione per settore disciplinare. Ne consegue che se un ricercatore pubblica in una rivista di Fascia A, ad esempio, che non afferisce al suo settore disciplinare di appartenenza, tale pubblicazione non ha valore. L’interdisciplinarietà è fortemente penalizzata a scapito di una comprensione più ampia e più critica. Al riguardo, è notorio che pochi economisti, per fare un esempio, conoscono la storia o la filosofia, discipline essenziali per la comprensione di una scienza sociale come dovrebbe essere l’economia politica.
Il risultato finale è l’emarginazione del pensiero eterodosso. A ciò si aggiunge anche il fatto che nell’era delle piattaforme digitali, è sorto un vero e proprio business per la pubblicazione su riviste “aperte” e di gratuito accesso. Sempre più si diffonde la pratica che, dopo aver superato la peer-to-peer review, è necessario pagare somme non irrisorie per vedere pubblicato il proprio contributo. Poiché, a tale scopo vengo utilizzati i fondi di ricerca, sono avvantaggiati coloro che ne dispongono in misura maggiore, ovvero coloro che possono vantare pubblicazioni di fascia elevata. Infatti, in quasi tutte le università, i FAR (Fondi di Ateneo per la Ricerca) sono distribuiti a seconda del punteggio di valutazione ottenuto e verificato da apposite commissioni di valutazione della ricerca.
3. Kafka all’università
I meccanismi di controllo e affidabilità della ricerca in linea con i dettami eterodossi dominanti sono ormai diventati pervasivi. Non riguardano solo il reperimento dei fondi e la sua selezione ma anche il reddito individuale.
Chi scrive è stato involontario protagonista di una situazione decisamente kafkiana, al limite tra il ridicolo e il tragico.
Il contratto di lavoro dei docenti universitari, al pari di altre categorie di lavoro, non è più rinnovabile. Con l’entrata in vigore della Legge 30 dicembre 2010, n. 240, cd. Legge Gelmini, sono state introdotte significative innovazioni alla disciplina del meccanismo di progressione economica dei professori e ricercatori a tempo indeterminato. La legge richiamata ha infatti abolito la vecchia attribuzione automatica biennale della classe/scatto, prevedendo l’introduzione della progressione triennale, non più automatica, bensì subordinata all’esito positivo di apposita valutazione.
Per poter usufruire dello scatto stipendiale è necessario superare tre requisiti:
a. aver sostenuto il numero minimo di lezioni frontali che un professore è tenuto ad erogare come compito didattico. Tale numero minimo di ore di didattica ufficiale nei corsi di laurea, laurea magistrale e a ciclo unico è fissato in 100 per anno accademico se a tempo pieno e in numero 75 se a tempo definito;
b. aver almeno una pubblicazione nel triennio di Fascia A o B.
c. aver partecipato almeno al 50% + 1 delle sedute del Consiglio di Dipartimento (CdD).
Nel corso del 2023, chi scrive ha dovuto sottoporsi ad un’operazione ortopedica che gli ha impedito per 6 mese di potersi muovere. Pertanto, ha chiesto di poter organizzare le lezioni e gli esami del II semestre da remoto per garantire la continuità didattica per gli studenti, dal momento non era possibile nessuna sostituzione, sia per carenza di personale che per la specificità del corso. A tal fine, nonostante ci fossero tutte le certificazioni mediche, non è stata chiesta la malattia.
Una volta maturato lo scatto stipendiale, si è scoperto che il terzo criterio non era stato rispettato. Le assenze alle riunioni del CdD possono essere non contate solo per ragioni di malattia. Non avendo chiesto la malattia per poter garantire lo svolgimento dei corsi, il risultato finale è stato che lo scatto stipendiale è stato sospeso.
Potenza della burocrazia kafkiana. Chi va in malattia (certificata) ottiene lo scatto stipendiale, ma al prezzo di non garantire il servizio universitario (corsi ed esami) agli studenti. Chi non va in malattia (pur avendone tutti i diritti) per garantire la continuità didattica a favore degli studenti e dell’istituzione universitaria, perde lo scatto stipendiale e ha così una perdita economica.
4. In conclusione
La misera condizione delle nostre vite viene così sempre più accompagnata dall’inasprirsi dei processi di controllo del lavoro cognitivo e intellettuale. Nel capitalismo delle piattaforme, la vita è fonte diretta di valore. È necessario quindi instradarla, controllarla e renderla funzionale agli interessi dei poteri economici dominanti, oggi rappresentati da quella decina di multinazionali, a Ovest come a Est, che hanno una capitalizzazione di borsa superiore a 800 miliardi di dollari.
A guidare la classifica delle 10 società con la più alta capitalizzazione del mondo troviamo Apple, con una capitalizzazione di mercato di oltre 3.443 miliardi di dollari, seguita da NVIDIA e Microsoft. NVIDIA ha recentemente superato i 3.000 miliardi di dollari, consolidando la sua posizione grazie al ruolo centrale che ricopre nel settore dell’intelligenza artificiale. La quarta e quinta posizione sono occupate da Alphabet (Google) e Saudi Aramco, con capitalizzazioni che si aggirano intorno ai 2.000 miliardi e 1.800 miliardi di dollari rispettivamente.
Tesla, con una capitalizzazione di 657 miliardi di dollari, occupa il 12° posto, mentre la prima azienda europea per capitalizzazione si trova in quindicesima posizione: si tratta della danese Novo Nordisk, con 601,80 miliardi di dollari di capitalizzazione.
Società | Capitalizzazione di mercato | Prezzo di mercato |
Paese |
|
1 | Apple |
$3.443 miliardi |
$226,49 |
USA |
2 | NVIDIA |
$3.089 miliardi |
$125,61 |
USA |
3 | Microsoft |
$3.052 miliardi |
$410,60 |
USA |
4 | Alphabet (Google) |
$2.013 miliardi |
$164,50 |
USA |
5 | Saudi Aramco |
$1.799 miliardi |
$7,41 |
Arabia Saudita |
6 | Amazon |
$1.792 miliardi |
$170,80 |
USA |
7 | Meta (Facebook) |
$1.307 miliardi |
$516,78 |
USA |
8 | Berkshire Hathaway |
$1.001 miliardi |
$464,59 |
USA |
9 | TSMC |
$877,48 miliardi |
$169,20 |
Taiwan |
10 | Eli Lilly |
$854,45 miliardi |
$948,94 |
USA |
Tabella aggiornata al 29 agosto 2024
Le primi 5 società capitalizzano una somma paro a 13, 386 trilioni di dollari, una cifra superiore alla somma dei Prodotti Interni Lordi di Germania , Gran Bretagna, Francia e Italia (pari a 13,090 trilioni di dollari – dati FMI, aprile 20241), giusto per dare un’idea dei valori.
Le prime società con l’eccezione dell’azienda petrolifera di stato dell’Arabia Saudita, operano su piattaforme, offrendo prodotti intangibili ad elevato contenuto di conoscenza. Tali risultati sono possibili proprio alle procedure di controllo, appropriazione, manipolazione e standardizzazione dei dati e delle informazioni. La specializzazione cognitiva, soprattutto se indirizzata a dovere, è l’humus da cui tale ricchezza viene stratta.
1 https://www.imf.org/en/Publications/WEO/weo-database/2024/April/download-entire-database