Pubblichiamo la prima parte di una coppia di post che dedicheremo alla rivista Socialismo o Barbarie. In questa prima parte si trova la traduzione, a cura di Salvatore Palidda e Giorgio Griziotti, di una recensione del libro Socialismo o barbarie. L’avventura di un gruppo (1946-1969), di Dominique Frager. Il libro è dedicato alla storia della celebre rivista Socialisme ou Barbarie. Riteniamo importante condividere questa recensione uscita su lundimatin#293 il 21 giugno 2021: https://lundi.am/Dominique-Frager-Socialisme-ou-Barbarie-L-aventure-d-un-groupe-1946-1969-Paris, perché, come vi si legge, la rivista ebbe una grande importanza nelle vicende della sinistra non solo francese ma anche europea e italiana. E’ proprio in questa storia che si inscrive la nascita di Potere Operaio, poi dell’Autonomia Operaia e anche delle idee che oggi come Effimera rielaboriamo in particolare a proposito della concezione di comune. In calce, anche un breve scritto a cura dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici che aiuta a contestualizzare ulteriormente la discussione.

Nella seconda parte troveremo più riferimenti ai legami fra Socialisme ou Barbarie e alcuni militanti italiani fra cui il mitico Danilo Montaldi che resta ancora oggi il più importante maestro della ricerca-azione come etnografia sociale militante.

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La copertina del libro riproduce quella della rivista Socialisme ou Barbarie, che ha preso lo stesso nome del gruppo [1]. Dopo un’introduzione che ricorda brevemente il contesto del dopoguerra, Dominique Frager – egli stesso ex militante, nella seconda metà degli anni ’60 in Pouvoir Ouvrier, uno dei gruppi emersi dalla scissione di Socialisme ou Barbarie (SouB) – traccia la storia del gruppo in una decina di capitoli, in gran parte cronologici, ognuno dei quali cerca di portare alla luce alcuni dei dibattiti in cui si manifesta il rinnovamento teorico all’interno e intorno a questa organizzazione rivoluzionaria francese.

Nato come tendenza all’interno della Quarta Internazionale, creata da Trotsky, il SouB si staccò nel 1949, sulla base di una doppia critica al trotskismo e all’URSS (presentata come uno “Stato operaio degenerato”). Questa rottura può essere letta come la congiunzione di una nuova generazione politica (la maggior parte di questa quindicina di militanti non aveva ancora 25 anni) e la richiesta di prendere sul serio la specificità del fenomeno burocratico, così come la convergenza sia dal lato capitalista che da quello comunista di un’oppressione comune, basata sulla separazione tra capi ed esecutori.

Un’avventura collettiva

Il sottotitolo di questo libro – L’aventure d’un groupe (1946-1969) – riprende la definizione che uno dei membri del SouB, Daniel Blanchard, aveva dato alla storia dell’organizzazione: un’avventura. Un’avventura intellettuale e politica, certo, ma anche di lotta e di vita (e, nel caso di Blanchard, anche di parola). Ma l’avventura è dovuta al fatto che SouB ha rifiutato lo stretto determinismo, e si è aperto all’esperienza degli eventi, dell’emergere del nuovo e, più in generale, delle manifestazioni del movimento operaio, mettendo al centro l’autonomia e la creatività dei lavoratori. Una creatività che si manifesta quotidianamente e all’interno della produzione, in dinamiche di auto-organizzazione, che sono tutte forme di autodifesa contro lo sfruttamento, la reificazione e la burocrazia. Lì, inoltre, risiederebbe, per SouB, la contraddizione fondamentale del capitalismo come del comunismo sovietico: entrambi tendono a ridurre i lavoratori a meri esecutori, mentre sono in permanenza costretti a fare appello alla loro autonomia, per correggerne le anomalie. Ora, sotto un tale regime (comune al capitalismo e al comunismo), le anomalie costituiscono il funzionamento normale di qualsiasi impresa. E ciò che succede nella produzione, succede nella vita sociale in generale.

Come l’autore ci invita a fare, la storia del gruppo può quindi essere letta come gli alti e bassi di una ricerca per portare alla luce questa autonomia – e contribuire a rafforzarla. Questo porta il gruppo a ridefinire molto presto il proletariato e la rivoluzione; perché l’uno sia a misura dell’altra. Da buoni marxisti, le tesi di SouB si basano dunque sulla centralità operaia, senza tuttavia che il gruppo ceda mai a un operaismo. Al contrario, la proletarizzazione della società che esso teorizza prende una piega particolare. Corrisponde, infatti, non a effetti economici – ad un impoverimento – ma all’estensione dell’esperienza del proletariato agli impiegati, agli agenti tecnici e a gran parte dei lavoratori intellettuali, ridotti a semplici compiti di esecuzione e sottoposti a una classe dirigente che detiene ogni potere di decisione.

La rivoluzione, quindi, non si confonde con la soppressione della proprietà privata dei mezzi di produzione. Ma si basa su “una reale socializzazione della produzione attraverso la gestione collettiva e l’autogoverno dei consigli dei lavoratori” (pagina 38). La domanda essenziale è: chi gestisce la produzione? Cioè, chi decide cosa viene prodotto, come e per chi?”. Il socialismo ha a che fare con la libertà di decidere collettivamente e individualmente, cosa consumare, come produrre, come lavorare” (pagina 94). La rivoluzione fu quindi ridefinita come la gestione diretta del potere economico e politico da parte dei lavoratori, attraverso organizzazioni di massa, con funzionamento orizzontale: consigli, soviet, consigli di fabbrica, ecc. Per tutto questo, sottolinea Dominique Frager, SouB si differenzia dal “comunismo consiliare” per il fatto che rifiuta il funzionamento stesso della fabbrica. Non si tratta di “gestire il taylorismo”, ma di cambiare il contenuto stesso del lavoro. Successivamente, Castoriadis ha sviluppato, inoltre, un’analisi ecologica, che smantella la presunta neutralità della tecnica e delle forze produttive.

Questa attenzione alle esperienze di autonomia operaia durante le lotte è stata una delle particolarità di SouB, e lo ha portato a un nuovo modo di vedere gli scioperi e le rivolte. Così, negli anni 1953-1956, le rivolte a Berlino Est, in Polonia e in Ungheria furono oggetto di articoli nella rivista che erano tanto illuminanti quanto stimolanti. Hanno offerto una nuova comprensione della dinamica insurrezionale, che ha così smantellato anche il rifiuto del comunismo di Stato di vedere in queste manifestazioni solo incomprensione e manipolazione. Ciò non ha impedito, come nota Dominique Frager, che le analisi di SouB abbiano peccato sottovalutando, o addirittura mettendo fuori fuoco, alcune delle rivendicazioni – nazionaliste e parlamentari – brandite durante queste rivolte.

Un’analisi critica

Uno degli interessi del libro è quello di offrire un’analisi critica contestuale. Così, l’autore ricorda che nei primi anni ‘50 il gruppo – e gran parte dell’ultra-sinistra dell’epoca – aveva la convinzione che la terza guerra mondiale fosse inevitabile. Allo stesso modo, si stupisce giustamente dell’assenza dell’analisi di SouB sulle specificità del nazismo, dei campi di concentramento e del genocidio (pagina 29). Menziona inoltre i dibattiti e le tensioni, all’interno del gruppo, intorno alle lotte anticoloniali, soprattutto in Algeria, accanto all’originalità e alla radicalità degli articoli di Jean-François Lyotard su questo tema. Infine, Dominique Frager sottolinea il “ritardo” nel percepire e prendere in considerazione la crisi ecologica, anche se una critica anti-produttivista cominciò a venir fuori nella seconda metà degli anni ‘50. Per quanto originali fossero i membri del SouB, erano comunque, fino a un certo punto, i figli dei “trenta gloriosi” (NT: gli anni dello sviluppo 1945-75).

L’enfasi posta sulle lotte contro le condizioni di lavoro – le più suscettibili, implicitamente, di rimettere in discussione l’organizzazione della produzione secondo SouB – piuttosto che sui salari ha portato a una tendenza a separare arbitrariamente queste richieste e a feticizzare questa divisione, in barba alle lotte reali e alla carica morale che si innestava sulle rivendicazioni “corporativiste”. Questa tendenza è stata, inoltre, individuata e combattuta all’interno della stessa SouB. Dovremmo forse vedere anche questo come una delle fonti della mancata presa in considerazione del tema della riduzione dell’orario di lavoro (pagina 54)?

L’enfasi di Castoriadis sulla nozione di “privatizzazione”, a cavallo degli anni ’60, è criticata da Dominique Frager, in particolare alla luce dei femminismi – che hanno fatto saltare questa divisione tra sfera privata e pubblica – e la sua connessione con l’analisi abusiva di una stabilizzazione del capitalismo (pagina 183). Poi ritorna lungamente sulla scissione del gruppo avvenuta nel 1963 [2].

Alla fine, come sostiene l’autore, il rifiuto da parte del SouB di qualsiasi attività sindacale strutturata senza peraltro riuscire a costituire alternative organizzative, che permettano una lotta continua, qui e ora, rallenterà l’espansione del gruppo alla fine degli anni ’50, e provocherà, soprattutto nelle province, la fuoriuscita di membri verso altre organizzazioni … frustrati per essere costretti a un’attività più teorica che pratica, e che offre poca spazio all’azione. Ma forse questo dipendeva dal fatto che la ricerca di una ricostruzione della teoria rivoluzionaria richiedeva una reinvenzione dei modi di organizzazione e di lotta.

Un altro interesse del libro: la messa in evidenza dell’intelligenza collettiva che fu all’opera, per una quindicina d’anni, non solo all’interno del gruppo, ma anche, a livello internazionale, nel consolidarsi delle relazioni con le organizzazioni rivoluzionarie di altri paesi. Cronologicamente, a partire dalla fine degli anni ‘40, il primo di questi ad entrare in contatto con SouB fu il gruppo americano Correspondence, attorno a Ria Stone e C. L. R. James, l’autore di Black Jacobins. Dominique Frager insiste sulla prossimità con SouB, sostenendo che James fu forse il primo a suscitare l’interesse in Castoriadis per la democrazia diretta a Atene nell’antichità.

L’avvicinamento a Guy Debord, uno dei principali teorici dell’Internazionale Situazionista (IS), e poi, a partire dal 1963, il capovolgimento, quando il SouB si scinde e Castoriadis sviluppa una teoria che lo porta a rifiutare l’analisi marxista, viene interpretato come un “tentativo di salvare un certo immaginario marxista” (pagina 164). Riprendendo la critica di Patrick Marcolini, Dominique Frager insiste tuttavia maggiormente sulla tensione tra romanticismo e futurismo che anima l’IS. E per criticare la contraffazione editoriale di Debord, con la ripubblicazione del libro di Bruno Rizzi del 1976, La bureaucratisation du monde, con il proposito di indebolire la originalità delle tesi di SouB.

Il libro offre inoltre un breve panorama degli scambi intellettuali, dall’ultrasinistra bordighista alle riviste parigine, Les Temps modernes, vicina alle figure di Merleau-Ponty e Sartre, Arguments di Edgar Morin, ecc. Infine, i capitoli sono intervallati da ritratti di figure poco conosciute (e accattivanti) di SouB, così come di persone vicine: Pierre Souyri (1925-1979) – al quale Frager rende omaggio, ricordando e citando le originali analisi sulla Cina e sul marxismo -, Alberto Maso detto “Vega” (1918-2001), Hirzel, Danilo Montaldi (1929-1975), Benno Sarel (1915-1971), Daniel Blanchard (che per inciso ha scritto molti di questi ritratti), Martine Vidal (1924-2021) [3], ecc.

Attualità?

Cosa rimane di SouB? Qual è la sua eredità oggi? La riappropriazione generalizzata dell’esperienza del SouB nel maggio ‘68 fu realizzata in particolare attraverso i legami precedenti che erano stati concepiti con la Liaison des étudiants anarchistes (LEA), così come attraverso la partecipazione diretta di ex membri del SouB al Movimento 22 marzo. Inoltre, come ci ricorda l’autore, per molti versi, SouB – e ancor più Danilo Montaldi, in relazione con il gruppo – anticipa le tesi dell’operaismo italiano degli anni Settanta, relative all’omogeneizzazione della condizione proletaria. Come risultato di passati litigi, Frager rimpiange il mancato incontro tra André Gorz e Castoriadis negli anni ‘70-‘80, anche se i due avevano affinità nella loro critica del lavoro e nella loro comprensione dell’ecologia (pagine 137 e seguenti). Il posizionamento dell’autore lo porta forse a porre anche maggiore enfasi sui legami con l’ecologia? D’altra parte, l’incontro tra Daniel Blanchard e Helen Arnold, membri del SouB, e l’ecologista anarchico americano Murray Bookchin[4] fu particolarmente importante. Certamente è anche attraverso questi incontri, attraverso la teoria del municipalismo, e attraverso il rapporto tra i concetti di comune e autonomia, che si realizza l’attualità di SouB.

Il libro (purtroppo costellato di refusi) offre una sintesi storica e teorica dell’avventura politica di SouB, non macchiata dalla tesi del disimpegno, che ha caratterizzato l’analisi del libro per altro molto interessante di Philippe Gotraux, “Socialisme ou Barbarie. Un engagement politique et intellectuel dans la France de l’après-guerre” (Losanna, Edizioni Payot, 1997).

Esponendo, con altrettanta simpatia che nostalgia, il percorso professionale dell’autore e il contesto degli anni 1950-1970, la prefazione mantiene però un po’ a distanza l’esperienza di SouB. Tuttavia, quest’ultima, ponendo l’accento sull’autonomia, l’auto-organizzazione, la creatività, continua tuttavia a nutrire, anche solo implicitamente o sotterraneamente, le lotte in corso; e questo anche nella problematica – spesso tenuta fuori quadro – di una teoria rivoluzionaria da ricostruire per essere all’altezza di un’avventura emancipatoria collettiva.

Note

[1] Tutti i numeri della rivista sono disponibili online sull’eccellente sito Fragments d’histoire de la gauche radicale: https://archivesautonomies.org/spip.php?rubrique389

[2] Ci riferiamo qui alla nostra analisi: https://lundi.am/Une-theorie-du-revolutionary-movementhttps://lundi.am/Une-théorie-du-mouvement-révolutionnaire

[3] Leggere qui il testo d’omaggio scritto in occasione della sua morte: https://lundi.am/Plonger-dans-l-inconnu-avec-des-idees-claires –  https://lundi.am/Plonger-dans-l-inconnu-with-clear-ideas

[4] Di Bookchin scarica qui: Per una società ecologica, tesi sul municipalismo libertario e la rivoluzione sociale: https://www.eleuthera.it/files/materiali/Bookchin_indice%20e%20introduzione.pdf

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Socialisme ou barbarie. “Si nous posons des problèmes, c’est que nous pensons pouvoir les résoudre”

Quando inizia le pubblicazioni, nel 1949, il gruppo dei fondatori di Socialisme ou Barbarie[1] è già consolidato da alcuni anni di lavoro comune, iniziato nel 1946 in forma di frazione di minoranza all’interno del Partito Comunista Internazionale, sezione francese della IV Internazionale. In maniera del tutto coerente, le scelte di campo ribadite nel primo numero, con un esplicito taglio militante, sono le premesse inderogabili per “gettare le fondamenta di una futura organizzazione rivoluzionaria proletaria”, tracciando una netta linea di demarcazione nei confronti di “tutti gli editori di riviste ‘marxiste’, ‘chiarificatrici’, ‘uomini di buona volontà’, chiacchieroni a vanvera di ogni risma” (è evidente il riferimento polemico a riviste egemoni del dibattito intellettuale in Francia come Les temps modernes, Esprit, Critique, Preuves, La nouvelle critique).

Nonostante ciò Claude Lefort, tra i fondatori del gruppo, pubblicherà alcuni interventi sulla rivista di Sartre fino al 1953, quando una brutale rottura si consumerà sulle divergenze in merito ai giudizi sullo stalinismo. Lefort (i cui contributi appaiono sotto il nome di Claude Montal) e Cornelius Castoriadis (che si firma alternativamente Paul Chaulieu o Paul Cardan o Marc Noiraud), principali esponenti di SouB, proseguono nelle pagine della rivista una lettura dell’URSS come forma realizzata di “capitalismo burocratico”, in aperto dissenso dall’analisi dominante nel movimento trotzkista, per la quale le basi della patria della rivoluzione restano socialiste, operaie, sia pure in una forma degenerata. La rivista difenderà questo patrimonio teorico e programmatico nel corso di tutta la sua storia (40 numeri a cadenza trimestrale dal 1949 al 1965), riaffermandolo con forza alla luce di eventi rivelatori come le insurrezioni popolari in Germania Est nel 1953 (articoli di Hugo Bell, Alberto Véga e Robert Dussart nel numero 13 di gennaio-marzo 1954) e in Ungheria nel 1956 (il numero 20 di dicembre 1956-febbraio 1957 in particolare), in polemica crescente con la sinistra ufficiale e intellettuale francese. Spesso saranno presenti testi provenienti da altre componenti della sinistra comunista, bordighista (Tesi del PCI d’Italia nel n. 12 di agosto-settembre 1953) o consiliarista (discussione tra Anton Pannekoek e Castoriadis / Chaulieu nel numero 14 di aprile 1954. Il gruppo Socialisme ou Barbarie promuove costantemente attività di agitazione o dibattito, alle quali partecipano intellettuali, militanti di diversa provenienza nell’alveo della sinistra, come Daniel Mothé, Edgar Morin, Michel Crozier, Daniel Guérin, Serge Mallet. Nel 1958, la svolta militante: un’ala, più sensibile alla necessità di attuare più efficaci forme di intervento – Jean-François Lyotard, Pierre Souyri et Alberto Véga – fonda il periodico Pouvoir ouvrier, mentre altri, tra cui Lefort, nello stesso anno si raccolgono intorno a Informations et liaisons ouvrières (ILO). Si apre una crisi profonda all’interno del gruppo, nelle riunioni pubbliche promosse nei primi anni ’60, anche a seguito di interventi nella rivista di Castoriadis – in particolare Marxisme et théorie révolutionnaire nel n. 36 del 1964 –   che giungono a mettere in discussione la possibilità di conciliare la fedeltà al marxismo con la coerenza rivoluzionaria. Le pubblicazioni cessano con il numero di giugno 1965, mentre il gruppo, o quello che ne resta, continuerà a esistere fino al 1967.

Note

[1] Il testo completo (in francese) dei numeri pubblicati è accessibile online all’indirizzo http://archivesautonomies.org/IMG/pdf/soub/soub-n01.pdf

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